Angela GabrieleGiurisprudenzaII_MMXIII

RISPONDE DEL DELITTO DI CUI ALL’ART. 361 C.P. L’APPARTENENTE ALLA POLIZIA DI STATO CHE, AL DI FUORI DEL SERVIZIO, OMETTE DENUNCIA PUR A CONOSCENZA DEL REATO

di Angela Gabriele

Corte di cassazione, Sezione VI penale, sentenza n. 15923 del 5 marzo 2013 e depositata il 5 aprile 2013

L’appartenente alla polizia di Stato che, al di fuori del servizio, viene a conoscenza della commissione di un reato e omette la denuncia risponde del delitto di cui all’art. 361 cod. pen. e non di favoreggiamento personale.

[dropcaps style=”fancy”]L[/dropcaps]’omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, disciplinata dall’art. 361 c.p., è prevista come illecito penale per tutelare il normale funzionamento della giustizia, in particolare il momento iniziale: l’acquisizione della notitia criminisda parte dell’organo competente. Trattasi di reato proprio, in quanto possono commetterlo soltanto alcune categorie di persone. In questo caso il pubblico ufficiale che, nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, abbia avuto conoscenza di un fatto costituente reato che sia perseguibile d’ufficio. “Si configura come un reato di pericolo, a consumazione istantanea, non essendo necessario che il funzionamento della amministrazione della giustizia abbia subito un danno dalla omissione o dal ritardo della denuncia, onde al pubblico ufficiale tenuto a dare la notizia non spetta alcun potere dispositivo della notizia medesima né altra facoltà di indagare sulla vicenda nella quale sia ravvisabile un reato perseguibile di ufficio” (Cass. 11.11.1999, n. 12936, Massima su La Tribuna, Rivista Penale, 2000, 11, pg. 1079).

Infatti, non compete al pubblico ufficiale il compito di decidere se veramente il fatto sia punibile o se non lo sia, ad es. per la presenza di una scriminante o di una causa estintiva del reato. Tali valutazioni competono solo all’autorità giudiziaria (Cass. Pen., Sez. VI, 04.12.1985). È sufficiente che il pubblico ufficiale ravvisi nel fatto il fumusdi un reato (Cass. Pen., Sez.VI, 24.05.1978). Con riferimento a tale reato non denunciato ma che eventualmente dopo indagini e processo sia stato ritenuto non sussistente (c.d. abolitio criminis), tale giudizio non influisce sulla punibilità del reato principale dell’omessa denuncia (Cass. Pen., Sez. II, 04.07.2003; Cass. Pen., Sez. VI, 05.06.2002). È richiesto il dolo generico, ovvero consapevolezza e volontarietà dell’omissione della denuncia (Cass. 1.6.2001, n. 22643; Cass. 13.5.1978, n. 5514) e si consuma nel momento in cui doveva compiersi la denuncia: “Il delitto di omessa denuncia, di cui all’articolo 361 cod. pen., è reato istantaneo, perché il termine di adempimento dell’obbligo è unico, finale e non iniziale, decorso il quale l’agente non è più in grado di tenere utilmente la condotta imposta … Il pubblico ufficiale è vincolato alla denuncia, pertanto, appena è in grado di individuare gli elementi di reato e di acquisire ogni altro elemento utile per la formazione del rapporto, fermo restando che è necessario che si sia verificato un fatto che già di per sé costituisca un illecito perseguibile di ufficio” (Cass. Pen., Sez. VI, 6 luglio 2009, n. 27508).

Per valutare il tempestivo adempimento dell’obbligo della polizia giudiziaria di riferire la notitia criminis, non essendovi sempre termini precisi e determinati, soccorrerà la discrezionalità del Giudice di merito che dovrà comunque esaminare volta per volta il caso concreto. Si consideri che se in casi determinati il termine è rigido (48 ore per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria nei casi di cui all’art. 347, c. 2 bis, c.p.p.), nella maggior parte dei casi esso è generico (“senza ritardo”), ed è quindi estremamente difficile sapere a priori quando la condotta si è realizzata. Gli unici criteri sono evincibili dalla giurisprudenza, secondo cui il ritardo si verifica quando la denuncia venga presentata con una dilazione tale da incidere negativamente sulla pronta persecuzione del reato valutando però lo stato di operabilità del Pubblico Ufficiale. Ad esempio, si deve anche tenere conto, delle normali esigenze di un ufficio pubblico che è onerato di un consistente carico di lavoro.

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