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Incendi e ambiente: un’analisi criminologica (II parte)

di Raffaella Lovreglio, Cristiano Manni, Rebecca Viscomi

L’articolo prende in esame gli incendi boschivi in Italia, spesso causati da attività umane, in larga parte colpose, legate a pratiche agricole. L’attività preventiva e risolutiva si concentra sull’emergenza, trascurando tuttavia le cause al principio dell’innesco. Le ampie difficoltà investigative rendono difficile contrastare efficacemente il fenomeno.
In questo numero: 6. Incendiari; 7. La piromania; 8. Green Criminology; 9. Incendiari nel mondo rurale; 10. Conclusioni.
Nel numero precedente: 1.Piromania e Ambiente; 2.Incendi ambientali in Italia. Statistiche e le aree maggiormente colpite; 3.L’origine degli incendi “dolosi” e “colposi”; 4.Crimine e Ambiente; 5.Prevenzione.


6. Incendiari

Gli incendi “dolosi” provengono da un’attività umana che ha precisa intenzione di arrecare danno all’ambiente. Finora gli studi più approfonditi su questo tipo di crimini sono stati quelli del Federal Bureau of Investigation (FBI) statunitense, che ha classificato i profili comportamentali e psicologici degli incendiari:

L’incendiario per vandalismo: solitamente si tratta di un gruppo di ragazzi molto giovani che agisce per noia o divertimento, i bersagli maggiormente colpiti sono scuole e aree verdi. Si tratta di soggetti che difficilmente appiccherebbero il fuoco da soli.

L’incendiario per profitto: agisce per un guadagno, è preparato e cura il suo modus operandi, solitamente ha precedenti penali.

  • L’incendiario per altro crimine: in questo caso il fuoco serve per distruggere prove di un crimine commesso, solitamente è un soggetto con molti precedenti penali.
  • L’incendiario per vendetta: ha l’obiettivo di distruggere attività e beni altrui, a differenza degli altri incendiari si registra un alto tasso di presenze femminili (circa il 15%).
  • L’incendiario per terrorismo politico: l’obiettivo è quello di agire una pressione nei confronti dell’autorità pubblica, provocando danno allo Stato e condizionarne le decisioni.
  • L’ incendiario per delirio e allucinazioni: si tratta di un soggetto con disturbo psichico, mosso da deliri e credenze errate che lo portano alla commissione del crimine.
  • L’incendiario per eccitazione: si tratta di una persona che ricerca attenzioni o un riconoscimento sociale; agisce da solo.

Delineare un identikit dell’incendiario da risultanze emerse sulla scena del crimine e dal suo modus operandi appare essenziale per le indagini investigative, per restringere il campo nella ricerca del colpevole e, come ausilio nel momento dell’interrogatorio, per comprendere meglio la personalità del sospettato.
La profilazione degli incendiari agevola la loro identificazione, proprio grazie alla conoscenza delle loro aree di azioni, valori, attività, modus operandi, tramite i quali è possibile ritracciarli tempestivamente.

Lawful Interception per gli Operatori di Tlc

7. La piromania

Spesso il termine incendiario è erroneamente usato come sinonimo di “piromane”, ma se nel primo caso si tratta di soggetti che agiscono intenzionalmente, il piromane è un soggetto con un disturbo psichico. Il piromane è un incendiario ma non è sempre vero il contrario.

Il termine deriva dal greco πΰρ (pyr, fuoco) e μανία (mania), si tratta di un’ossessione per il fuoco, le fiamme, gli esplosivi e tutto ciò a essi legato.

Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) la piromania rientra tra i “Disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta”: problematiche legate a un deficit di autocontrollo delle emozioni e dei comportamenti.

Lawful Interception per gli Operatori di Tlc

I criteri riportati sul DSM-5 che permettono di far diagnosi di piromania sono:

  • presenza di più episodi di appiccamento deliberato e intenzionale del fuoco;
  • il soggetto sperimenta tensione o eccitazione emotiva prima di compiere l’atto;
  • l’individuo è incuriosito o affascinato dal fuoco e da tutte le situazioni o legate a esso;
  • sensazione di gratificazione, sollievo o piacere durante l’appiccamento del fuoco o quando assiste a tutti i momenti successivi;
  • l’appiccamento del fuoco non è motivato da ragioni politiche, economiche, per occultare attività criminose, per vendetta o rabbia, a causa di deliri o allucinazioni o per compromissioni del giudizio, come nel caso di un disturbo neurocognitivo maggiore, o per intossicazione da sostanze;
  • la diagnosi di piromania non è posta se l’attività può essere meglio spiegata da un altro disturbo psichico.

Il piromane è indifferente alle conseguenze potenzialmente letali delle sue azioni. Tale disturbo è maggiormente presente nei maschi, in particolare in soggetti che presentano scarse capacità sociali e di apprendimento. Riguardo la comorbilità, la piromania appare spesso associata a “disturbi da uso di sostanze, disturbo da gioco d’azzardo, disturbi depressivi e bipolari e altri disturbi da comportamento dirompente, disturbi del controllo degli impulsi e della condotta”. La prevalenza del disturbo non è nota e la diagnosi primaria della piromania è molto rara.

Per questi soggetti l’ossessione del fuoco è talmente forte da farli entrare in una “relazione fusionale” con esso, provano una grande attrazione per ogni fase dell’incendio – la preparazione, l’accensione, lo spegnimento – e oltre, come l’ascolto di cronache che ne trattano.

È l’incendio a creare l’incendiario piromane, e non viceversa: il soggetto alla vista delle fiamme sperimenta sensazioni piacevoli che non sono per lui realizzabili in nessun altro modo, si instaura una sorta di circolo vizioso che porta il piromane ad appiccare ripetutamente il fuoco per sperimentare quelle stesse sensazioni.
Gli esperti dell’FBI hanno tracciato un profilo tipico del piromane, che si può riassumere come segue: solitario, incapace di relazioni sociali, ha rivalse di potere, difficoltà intellettive, ossessivo, abusa di alcolici e psicofarmaci, agisce con serialità e ritualità.

Il piromane ha un immaginario dominato da idee di grandezza e onnipotenza, un’immagine di sé fragile; l’appiccamento del fuoco permetterebbe un’affermazione di potere e di dominio, come strumento per superare le fragilità interiori e affermare la propria identità.

8. Green Criminology

L’interesse per la tutela dell’ambiente ha portato allo sviluppo di una nuova scienza: la Green Criminology, o Criminologia Verde, una recente branca delle scienze forensi interessata allo studio di crimini e danni ambientali.
Il concetto di Green Criminology è stato introdotto da Micheal J. Lynch nel 1990 e, successivamente, Piers Biern e Nigel South ne hanno elaborato una definizione più ampia, sostenendo che la Green Criminology è interessata allo studio dei danni ambientali causati da attori dotati di potere di vario tipo -governi, multinazionali – ma anche da persone comuni.

I crimini ambientali o “verdi” vengono generalmente suddivisi in due categorie:

  • i crimini primari: si tratta di danni diretti all’ambiente e alle specie che vi abitano;
  • i crimini secondari: causati da violazioni di leggi che tutelano l’ambiente (gli attori solitamente sono gli stessi governi o la criminalità organizzata).

Il punto di forza della Green Criminology è sicuramente il suo aspetto interdisciplinare: l’obbiettivo della materia è riuscire a spingersi oltre le definizioni legali-procedurali, dal momento che una definizione legale degli “environments crimes” risulta insufficiente, poiché talvolta l’attore di tali azioni è lo stesso Stato.

Il fatto che la “legge” da sola non basti ad affrontare i crimini ambientali ha fatto sì che cominciasse a fiorire una sorta di “giustizia sociale”, che nonostante abbia permesso una maggior consapevolezza sui danni perpetrati dall’uomo nei confronti dell’ambiente, è viziata da posizioni soggettive che sono poco utili per lo sviluppo di una vera e propria giustizia sociale ed ambientale.

Il raggio d’azione della criminologia ambientale non si esaurisce nell’attenzione all’ambiente ma si espande allo studio vittimologico, ed è qui che emerge una sostanziale differenza tra questa branca di studi dalle altre discipline forensi: le possibili vittime dei reati verdi non sono solo umani, ma anche ecosistemi e animali. Va considerato che l’analisi vittimologica nei crimini verdi è difficilmente inquadrabile, ciò si pone come argomento che la Green Criminology dovrà meglio approfondire per motivi di tutela e prevenzione.

9. Incendiari nel mondo rurale

Il fenomeno degli incendi è multiforme e complesso, ma spesso le cause non sono riconducibili ad azioni di piromani, che rappresentano solo una percentuale ridotta di casi.
I maggiori incendi colposi sono provocati da operatori agricoli, i quali, senza adottare modalità corrette per distruggere i residui di lavorazione o stoppie causano gravi danni ambientali. Un’altra categoria frequentemente responsabile è quella dei pastori, che con l’intento di rinnovare la vegetazione usata come foraggio per le greggi, danno fuoco a zone boschive senza alcuna precauzione. Questi soggetti, avendo una profonda familiarità con l’ambiente agreste, sono spesso classificati dagli esperti come autori di “dolo eventuale”: un evento previsto, ma non voluto, da soggetti che, pur essendo consapevoli dei rischi delle proprie azioni, non adottano misure per evitarli. Appaiono incuranti delle conseguenze delle loro azioni e sicuri che non possa accadere nulla. Sono portatori di pratiche rurali tramandate per generazioni, che vengono applicate nella totale convinzione della loro riuscita, senza mettere in dubbio eventuali esiti negativi. Tali soggetti possiedono una “forma mentis” che rende loro accessibile l’idea del fuoco non come pericolo, bensì come diritto: uno strumento considerato insostituibile e legittimo.

Per comprendere meglio il comportamento di questa tipologia di incendiari si farà riferimento alla psicologia sociale. I meccanismi psicologici frequentemente presenti in tali azioni sembrerebbero essere i seguenti:
Resistenza al cambiamento: le pratiche abituali non vengono messe in discussione, prevale la convinzione secondo cui “si è sempre fatto così”, non si cerca di modificare ciò che si ritiene funzionante. Tale meccanismo psicologico si collega al bias dello status quo. Il cambiamento è solitamente qualcosa che spaventa, si preferisce la routine, che ben si conosce.

Conformità sociale e pressione del gruppo: è insito nella natura umana la tendenza a seguire norme e comportamenti del gruppo per evitare marginalizzazione o esclusione dallo stesso. Si vuole proteggere l’identità del gruppo. Questo potrebbe essere un’ulteriore motivazione per cui questi soggetti sono restii dall’abbandonare pratiche antiche e ben consolidate nel gruppo di appartenenza.
L’identità di gruppo: porta alla convinzione secondo cui modificare o omettere un’abitudine costituirebbe una possibile minaccia di consolidamento con gli altri membri del gruppo.
Bias di normalità: si tratta di una delle distorsioni cognitive più comuni. Porta alla sottovalutazione di disastri o eventi negativi.

Bias del controllo: percezione del controllo sulle proprie azioni più di quanto realmente si ha: ciò porta a una fiducia eccessiva nelle proprie azioni. Non si temono rischi, poiché si ritiene che non ve ne siano.
Razionalizzazione di informazioni contrastanti: utile a ridurre la dissonanza cognitiva e il disagio mentale. Un esempio può riguardare il fatto che agricoltori e pastori sanno che il fuoco è pericoloso, ma questa consapevolezza si scontra con la loro convinzione del fuoco come strumento insostituibile e utile. Per risolvere questa contraddizione, il soggetto crea un compromesso mentale, giungendo alla convinzione che: “non è pericoloso il fuoco se lo gestisco io che sono un esperto”.

Questi sono alcuni, e probabilmente i più frequenti, meccanismi psicologici che si attivano nella psiche di questi soggetti, abituati a pratiche rurali altamente dannose e pericolose per l’ambiente. Di certo manca un’educazione ambientale e una consapevolezza dei rischi reali, che rendono la possibilità di cambiamento ancora più ardua. Va anche ricordato il valore simbolico, emotivo e culturale legato al fuoco, considerato da molti un elemento di connessione con gli antenati. Abbandonare queste pratiche significherebbe, per loro, perdere una parte delle proprie radici e, quindi, di sé stessi.

10. Conclusioni

Affrontare le implicazioni, sia giuridiche che psicologiche, delle condotte che rendono problematico l’uso del fuoco è oggi, nel nostro Paese, molto complesso. Le cause di incendio boschivo più diffuse sono da ricercarsi in un settore rurale afflitto da molti bias cognitivi all’interno di uno scenario che da tempo non è più rappresentato dalla cultura contadina e pastorale. Le condotte di innesco sono prevalentemente colpose, e anche quando sono dolose, sono da imputarsi a ostinate resistenze culturali.

Le strategie fino a ora adottate sono adeguate ad affrontare e a prevenire la diffusività e la potenza del fronte di fiamma, con notevoli dispiegamenti di risorse. Si agisce poco a monte del momento dell’innesco. In questo settore, è necessario sviluppare altre strategie educative e preventive per superare le resistenze culturali del mondo agricolo, fornendo adeguate alternative all’uso del fuoco.

Ogni cittadino che abita in zone a rischio dovrebbe acquisire le opportune conoscenze per mettere in pratica comportamenti virtuosi, in modo da ridurre innanzi tutto il rischio per sé e i propri beni con strategie conosciute come “firewise”. Con il supporto delle competenti strutture pubbliche, dovrebbero strutturarsi comunità dette “fire smart”.

La chiave per un miglioramento della situazione è probabilmente una maggiore responsabilizzazione, anche sulla base della legislazione vigente, dell’uso del fuoco da parte del privato cittadino. Queste strategie di prevenzione sono passibili di suscitare resistenze, e quindi richiedono coraggio e determinazione anche nell’attività sanzionatoria, che deve essere riconsiderata nella sua originaria funzione educativa. In generale, infatti, si assiste nei nostri territori a un diffuso uso del fuoco che spesso si svolge in violazione della legge.©

Articolo disponibile in originale su EDICOLeA https://www.edicolea.com/seg-ii-del-mmxxv/

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