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Limiti circa l’utilizzabilità delle statistiche nazionali sulle intercettazioni

di Giovanni Nazzaro e Tommaso De Giovanni

In Italia le spese di giustizia si articolano su tre capitoli di spesa, di cui il n. 1363 è relativo alle intercettazioni. Nell’ambito degli interventi di spending review (DL n. 98 del 2011, art. 37, co. 16) è previsto che, a decorrere dall’anno 2012, il Ministro della giustizia presenti alle Camere, entro il mese di giugno, una relazione sullo stato delle spese di giustizia. In tale contesto si ha finalmente conoscenza delle statistiche relative al nostro paese.
Dall’approfondimento qui presente è emerso purtroppo che la metodologia utilizzata per questa ricognizione statistica è affetta da molte criticità, tra cui la mancata indicazione della durata delle intercettazioni e delle relative proroghe e, soprattutto, delle spese che vengono tracciate per fattura e per anno solare in cui vengono liquidate, senza la giusta scomposizione delle reali voci di costo, ed in modo svincolato dai numeri delle intercettazioni che fanno riferimento invece al momento dell’attivazione.

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1.     Introduzione
La statistica ha una funzione molto importante perché riesce a sintetizzare in poche cifre il nostro lavoro, affinché possa essere generalizzato ed accostato a modelli di comparazione, nazionali o internazionali. Lo scopo della statistica è offrire quel giusto dettaglio di realtà per poter intervenire, sanare o risolvere, contribuire alla definizione della governance. Eppure la diffidenza verso questa disciplina è molto diffusa poiché innumerevoli sono stati nella storia i casi di un suo uso distorto. Nel libro “How to lie with statistics” dello scrittore Darrell Huff viene spiegato come il dato statistico può essere interpretato in modi diversi a seconda dei dati correlati e senza il giusto dettaglio, quindi può essere utilizzato per diffondere le più diverse e contrastanti – tra loro – idee economiche e politiche. Ad esempio, la media è indicata come dato poco significativo o fuorviante se non si sa esattamente su quale base è calcolata e con quale criteri: il poeta e scrittore statunitense Charles Bukowski non a caso usava dire “Non mi fido molto delle statistiche, perché un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore, statisticamente ha una temperatura media”.

Al di fuori delle battute aforistiche, un risultato matematico può effettivamente portare a conclusioni diverse, o inutili, se non si basa su definizioni e assunzioni certe e concrete. Non vengono esonerate da questo contesto generale le statistiche sulla Giustizia, in particolar modo quelle sulle intercettazioni che, nel recente passato del nostro paese, hanno vitalizzato non poco la scena politica, con discussioni e talk show che poco o nulla ci hanno lasciato oggi, se non la convinzione di essere stati piacevolmente intrattenuti.

 

2.     Le statistiche relative alle intercettazioni negli altri Paesi
Prima di affrontare la questione dal punto di vista italiano, può essere utile allargare un po’ lo sguardo verso alcuni paesi esteri, per verificare quanto potrebbe essere tenuto in considerazione e maggiormente tutelato questo strumento.

Negli Stati Uniti d’America 48 giurisdizioni (il governo federale, il Distretto di Columbia, le Isole Vergini, Porto Rico e 44 stati) attualmente hanno leggi che autorizzano i giudici a emettere un ordine d’intercettazione. La sezione Title III dell’Omnibus Crime Control and Safe Streets Act prevede che l’Ufficio Amministrativo di ogni tribunale fornisca un rapporto annuale per il Congresso, in termini di numero di intercettazioni, durata iniziale e durata dell’eventuale proroga, costo degli apparati utilizzati e, molto importante, l’indicazione sull’esito delle operazioni d’intercettazione, ovvero, se hanno comportato un arresto e una condanna. Il rapporto pubblicato ogni anno non include i dati sulle intercettazioni regolate dalla Foreign Intelligence Surveillance Act del 1978. Le statistiche sono molto accurate al punto da indicare anche il numero delle intercettazioni in cui è stato rilevato l’uso della crittografia (da 22 nel 2014 a 7 nel 2015).

Nel Regno Unito, la sezione 57(1) dell’Investigatory Powers Act 2000 (RIPA), legge che regola i poteri degli enti pubblici in materia di vigilanza e di indagine, prevede la figura del Commissario per le Intercettazioni delle Comunicazioni preposto al coordinamento dell’ufficio IOCCO (Interception of Communications Commissioner’s Office) che risponde al Primo Ministro e che ha il compito di esaminare retrospettivamente le modalità utilizzate per l’intercettazione legale delle comunicazioni, quindi sotto il profilo qualitativo. L’Ufficio è composto da non più di 10 figure aventi grande esperienza tecnico-legale sul tema, con un budget annuo di poco più di 1 milione di sterline, che pubblica il numero delle richieste d’intercettazione per richiedente senza altre informazioni aggiuntive. L’Ufficio effettua anche ispezioni circa la corretta gestione dei dati giudiziari sia sotto il profilo della lawful interception che della data retention.

In Svizzera, il Servizio Sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni (SPCT) esegue, su incarico delle autorità inquirenti, la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni. In altre parole si procura, presso i fornitori di servizi di telecomunicazioni, i dati richiesti dalle autorità inquirenti nell’ambito delle loro indagini. La Confederazione, per il tramite del Servizio SCPT, indennizza i fornitori di servizi di telecomunicazione per gli oneri sopportati per intercettare i dati richiesti. Queste spese sono fatturate alle autorità inquirenti sotto forma di emolumenti. Le rispettive tariffe sono fissate nell’ordinanza sugli emolumenti e le indennità per la sorveglianza della corrispondenza postale e del traffico delle telecomunicazioni. All’occorrenza, il Servizio SCPT fornisce consulenza tecnica e giuridica ai fornitori di servizi di telecomunicazione e alle autorità inquirenti, coopera con molte autorità concedenti e di sorveglianza nazionali e internazionali. Questi scambi permettono al Servizio SCPT, da un lato, di restare al passo con gli sviluppi tecnici; dall’altro, di partecipare attivamente alla definizione degli standard dell’ETSI. Il Servizio pubblica annualmente i numeri relativi alla “sorveglianza in tempo reale” e alla “sorveglianza retroattiva”, cioè i dati relativi al traffico e alla fatturazione dei sei mesi precedenti, e il totale delle indennità e degli emolumenti.

Lawful Interception per gli Operatori di Tlc

 

3.     Le statistiche relative alle intercettazioni in Italia
Iniziamo sinteticamente con il dire che, rispetto ai casi prima esaminati, l’Italia presenta poco o nessuna organizzazione interna circa l’analisi qualitativa delle intercettazioni, intese come strumento tecnico, e non ha un riferimento nazionale che abbia poteri esecutivi di indirizzamento e di verifica sia per l’Autorità Giudiziaria sia per gli Operatori di telecomunicazioni in merito agli adempimenti da attuare sulle apparecchiature dedicate e utilizzate allo scopo. L’Italia si affida esclusivamente all’applicazione del proprio Codice di procedura penale, sotto il profilo procedurale appunto, e alle preziose indicazioni tecniche del Garante della privacy, che andrebbero tuttavia declinate in modo uniforme, mettendo ancora di più in risalto la sua particolare caratteristica nota a livello europeo circa l’elevato numero di intercettazioni a cui legittimamente si ricorre per i reati previsti. Sorprende quindi notare come ancora oggi l’intero Sistema si sorregga su uno strumento che, a differenza degli altri paesi europei ed extra UE, non abbia una propria definizione e sia ancora da regolamentare sotto il profilo tecnico che è alla base di quello legislativo.

L’attuale codice delle comunicazioni (Dlgs 1° agosto 2003, n. 259) ben tredici anni fa aveva già previsto un Repertorio nel quale sarebbero stati stabiliti le modalità di esecuzione tecnica delle operazioni d’intercettazione, gli obblighi specifici e le relative tempistiche, un repertorio o regolatorio che avrebbe uniformato alla base il mercato interno che recentemente è stato giudicato negativamente dalla Commissione Europea che, il 21 giugno 2012, ha inviato una lettera di messa in mora per violazione della direttiva 2004/18/CE contestando l’assoluta assenza di un procedimento ad evidenza pubblica europea per l’acquisizione e il noleggio di tali strumentazioni da parte delle Procure. Questa situazione è stata poi descritta anche dal cd. rapporto Giarda “Elementi per una revisione della spesa pubblica”, presentato dal Ministro per i Rapporti con il Parlamento al Consiglio dei ministri il 30 aprile 2012. Come risposta alla procedura d’infrazione, nel 2013 il Ministro della Giustizia ha emanato la direttiva per la gara unica nazionale sulle intercettazioni. Sul sito web del Ministero si leggeva “La gara unica, senza incidere su quantità e qualità delle intercettazioni, consentirà notevolissimi risparmi di spesa ed un recupero di risorse umane presso gli uffici giudiziari, oltre ad un miglioramento, anche tecnologico, dei livelli qualitativi del servizio. La direttiva conclude un percorso di razionalizzazione nella materia, frutto di un costante monitoraggio di tale rilevante voce di spesa e si aggiunge, inoltre, ai risparmi derivanti dal pagamento forfettizzato dei compensi spettanti agli operatori di telefonia.” La direttiva, rimasta ad oggi inattuata, prevedeva un allegato tecnico che avrebbe sostituito il repertorio previsto dal Codice delle Comunicazioni e il listino delle prestazioni obbligatorie (Legge di stabilità n. 288 del 24 dicembre 2012).

 

    3.1.     Il ruolo della DG-Stat
La Direzione Generale di statistica e analisi organizzativa (DG-Stat) è stata istituita presso il Ministero della giustizia con decreto del Presidente della Repubblica nel 2001. È collocata presso il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi (DOG) e fa parte del Sistema Statistico Nazionale (SISTAN). Al fine di adempiere alle più recenti direttive europee in materie di statistiche pubbliche, la DG-Stat ha creato un sito web (https://webstat.giustizia.it) appositamente dedicato alle statistiche giudiziarie. Le sue attività riguardano la diffusione dei flussi di procedimenti civili, distinti per Ufficio e per macro-materia; il monitoraggio statistico dei procedimenti di mediazione trattati presso gli Organismi abilitati; il monitoraggio degli indicatori di performance degli uffici giudiziari; la rilevazione della durata dei procedimenti, sia civili che penali.
Relativamente alle intercettazioni eseguite in Italia, la Direzione Generale di Statistica ha avviato un monitoraggio statistico periodico a partire dal 2003, anche se solo negli ultimi anni c’è stata la diffusione sul territorio nazionale dei sistemi informativi automatizzati atti allo scopo (rif. https://webstat.giustizia.it/Analisi%20e%20ricerche/DG-Stat%20Rapporto%20su%20Intercettazioni%20fino%20al%202013.pdf).
 

 

   3.2.     Modalità di rilevazione dei dati statistici da parte della DG-Stat
La DG-Stat ha precisato alla Redazione di rivista (email dell’8 giugno 2016) che i dati sulle intercettazioni sono raccolti dalla Direzione attraverso due modelli di rilevazione:
– Mod. 37INT per la rilevazione dei dati sulle intercettazioni (numero di richieste del PM, numero dei provvedimenti emessi dal giudice, decreti di autorizzazione e bersagli intercettati) con periodicità trimestrale;
– Mod. 1/A/SG per la rilevazione dei dati sui costi (importi di fatture per le quali il magistrato ha emesso decreto di liquidazione) con periodicità semestrale.
La fonte dei dati inseriti nei modelli statistici è rappresentata dagli omonimi registri ufficiali tenuti dagli uffici giudiziari che ne hanno la responsabilità. La trasmissione dei dati da parte degli uffici avviene online attraverso l’inserimento di dati aggregati in apposite griglie pubblicate sul sito intranet della DG-Stat.

Le tempistiche per l’inserimento dei dati vengono comunicate dalla stessa DG-Stat. Secondo la circolare “Istruzioni di compilazione. Modello di Giustizia Nep. Modello Spese di Giustizia Unep”, i dati relativi alle spese di giustizia devono essere raccolti dagli Uffici entro e non oltre il 15° giorno successivo la scadenza del semestre cui si riferiscono i dati. Secondo la circolare “Rilevazioni dati intercettazioni – Modello 37INT” del 3 aprile 2003 i dati del modello cartaceo devono essere inseriti telematicamente entro il 10° giorno successivo il rispettivo trimestre. Secondo la DG-Stat il procedimento di elaborazione, al pari di molte statistiche da fonte amministrativa, richiede alcuni mesi. Ci viene precisato, al contempo, che la disponibilità alla pubblicazione delle statistiche non potrebbe avvenire prima di 3 o 4 mesi.
Nella realtà, il ritardo con il quale i dati vengono pubblicati supera abbondantemente l’anno, considerando che allo stato in cui questo approfondimento viene scritto (settembre 2016) sul sito della DG-Stat sono disponibili i dati statistici relativi al 2014 (https://reportistica.dgstat.giustizia.it/ – sezione “Altre statistiche”). Tuttavia, nell’ambito degli interventi di spending review (DL n. 98 del 2011, art. 37, co. 16) è previsto che, a decorrere dall’anno 2012, il Ministro della giustizia presenti alle Camere, entro il mese di giugno, una relazione sullo stato delle spese di giustizia. In tale contesto si ha finalmente conoscenza delle statistiche aggiornate e relative al nostro paese.

 

    3.3.     Modalità di comunicazione dei dati statistici da parte delle Procure
I dati statistici riferiti alle intercettazioni vengono quindi inseriti nel portale della DG-Stat mediante la compilazione di maschere contenute all’interno dello stesso sito. Effettuato l’accesso nell’area riservata agli Uffici Giudiziari, i modelli prima descritti vengono compilati nelle diverse sezioni di cui eventualmente si compongono:

 1) Mod 37/INT a sua volta suddiviso in più sezioni:
– nella Sezione A – Provvedimenti – sono inseriti appunto le varie tipologie di provvedimenti (richieste di intercettazione in via ordinaria, decreti d’urgenza, decreti di convalida, richieste e decreti di proroga, ecc);
– nella Sez. B – Tipologia intercettazione – sono inseriti i vari tipi di intercettazioni: telefoniche, (comprensive di IMEI), tra presenti (ambientali) e altre (telematiche, informatiche, ecc). Vi è anche una suddivisione tra il numero dei decreti del PM che dispongono le intercettazioni (RIT) e il numero di bersagli (ambientali e telefoniche). In alcune Procure il RIT corrisponde al singolo bersaglio, in altre un RIT può contenere più bersagli;
– nella Sez. C sono indicati i costi, ma nella realtà l’ufficio liquidazione inserisce autonomamente i dati completi nella maschera Mod. 1/A/SG che vengono estratti dal SIAMM (portale delle liquidazioni);
nella Sez. D – Intercettazioni preventive – anche qui vi è una suddivisione tra RIT e bersagli (le intercettazioni preventive sono usate quasi esclusivamente per i reati di terrorismo).

Il modello 37/INT viene compilato dall’Ufficio CIT di ogni Procura, a mezzo dei dati estratti dal registro intercettazioni, con cadenza trimestrale.

2) Mod. 1/A/SG dove insieme alle varie tipologie di spese sostenute per consulenze, viaggi ed altro trovano collocazione al punto 1.3 – le spese straordinarie nel processo penale per intercettazioni.
Gli inserimenti delle spese di intercettazioni avvengono rispettando varie categorie precompilate:
– per il traffico intercettazioni telefoniche,
– per noleggio apparecchiature intercettazioni telefoniche,
– per traffico intercettazioni ambientali,
– per noleggio apparecchiature intercettazioni ambientali,
– per intercettazioni informatiche,
– per acquisizione tabulati (ormai non più in uso in quanto acquisiti in forma gratuita)
– per videosorveglianza e localizzazione,

Il modello 1/A/SG è compilato dall’Ufficio Liquidazioni di ogni Procura a mezzo dei dati estratti dal portale delle liquidazioni, SIAMM, con cadenza semestrale (sul SIAMM vedi “Fatturazione e spese di giustizia” di F. Baldoni, su questa rivista n. I/MMXV).

 

    3.4.     Considerazioni sui dati raccolti
Per come sono organizzati i due modelli sopra richiamati, occorre porre in evidenza alcune importanti considerazioni.
I provvedimenti inseriti nelle sezioni A, B e D del Mod 37/INT si riferiscono ai sopravvenuti, cioè ai RIT e ai bersagli presi in carico nel trimestre di riferimento e non alle reali pendenze.
Le spese delle intercettazioni inserite nel Mod 1/A/SG, nella realtà, non sono relative ai provvedimenti indicati nello stesso periodo temporale nel Mod.37/INT ma fanno riferimento al momento della liquidazione quindi a provvedimenti di anni precedenti visto l’arretrato che vige in molti Uffici Giudiziari.
In nessun modulo utilizzato è rilevato il tempo di esecuzione o di durata delle intercettazioni, semmai distinguendo anche la durata dell’eventuale proroga.
In merito alle spese di intercettazione inserite nel Mod.1/A/SG del DG-Stat, nelle attività rientrano anche quelle effettuate per le c.d. operazioni speciali (Videosorveglianze, localizzatori GPS, ecc), di contro nel Mod 37/INT il numero dei provvedimenti per questo tipo di operazioni non trova collocazione.
Sarebbe utile, così come avviene già in alcuni uffici di Procura della Repubblica, istituire il Registro Operazioni Speciali (R.O.S.) all’interno del registro intercettazioni, dove già trovano ubicazione i R.I.T. (Registri di InTercettazione), al fine di estrapolare il numero dei provvedimenti relativi alle videosorveglianze e ai localizzatori da inserire successivamente nel Mod 37/INT del DGSTAT. Ciò permetterebbe anche di monitorare queste operazioni, il cui costo è spesso rilevante per l’Erario.

 

4.     Valori degli ultimi dati statistici disponibili
Sul sito della DG-Stat gli ultimi dati statistici disponibili (settembre 2016, ndr) si riferiscono all’anno 2014 e le analisi poco si discostano da quelle pubblicate dallo stesso Ufficio con riferimento all’anno 2013 (Rif. “Giustizia Penale, Intercettazioni di conservazioni e comunicazioni: rapporto statistico anno 2013” disponibile al link https://webstat.giustizia.it/Analisi%20e%20ricerche/DG-Stat%20Rapporto%20su%20Intercettazioni%20fino%20al%202013.pdf).

Secondo il documento pubblicato la distribuzione percentuale dei bersagli per tipologia di intercettazione mostra una netta prevalenza di quelle telefoniche rispetto alle ambientali e alle telematiche.
La distribuzione territoriale dei bersagli intercettati nel 2013 mostra che nel sud e nelle isole si fa maggior uso delle intercettazioni ambientali rispetto al centro – nord, in cui si prediligono le telefoniche. I primi 5 distretti in graduatoria sono Napoli, Roma, Milano, Palermo, Reggio Calabria e intercettano oltre il 50% dei bersagli totali.

 

    4.1.     Osservazioni
L’osservazione più immediata è che la durata effettiva delle intercettazioni e delle relative proroghe non è monitorata a livello centrale. Questo mina subito tutte le eventuali considerazioni in termini di costi assoluti e di costi medi relativi alle intercettazioni. Troviamo anche imbarazzante che nel documento della DG-Stat si ammetta questo limite ““Non conoscendo la durata effettiva di ciascuna intercettazione, le durate medie sono state stimate attraverso un indicatore calcolato sulla base del numero di decreti di autorizzazione e di successive proroghe. La durata media totale è stata calcolata come media ponderata della durata delle intercettazioni ordinarie, che hanno un termine fissato per legge in 15 giorni e possono essere prorogate per periodi di 15 giorni, e della durata media delle intercettazioni riguardanti la criminalità organizzata (mafia e terrorismo), il cui termine è fissato per legge in 40 giorni e le cui proroghe sono di 20 giorni.”

Come diretta conseguenza si rileva, quindi, che le statistiche non servono a comprendere se effettivamente sia coerente il tema che ricorre spesso sugli organi di stampa quotidiana circa una presunta differenziazione dei costi a livello locale per singola intercettazione: “Non conoscendo il costo unitario di ogni bersaglio, si è provveduto a stimarlo come rapporto tra gli importi liquidati ed i bersagli intercettati nell’anno, ipotizzando che la liquidazione avvenga mediamente nello stesso anno dell’intercettazione.” Ricordiamo che nel precedente paragrafo è stato fatto presente come le spese delle intercettazioni (inserite nel Mod 1/A/SG) non sono relative ai provvedimenti indicati nello stesso periodo temporale (del Mod.37/INT), la conseguente rappresentazione storica dei costi per anni solari non è coerente alla realtà.

L’intercettazione telefonica è la tipologia di intercettazioni maggiormente realizzata, quasi 9 su 10. Stupisce questa particolarità considerando che il traffico sviluppato da un’utenza in media coinvolge non poco, e in molti casi in modo predominante, il traffico dati cioè la navigazione su Internet, l’utilizzo dei social networks, le email. A differenza di quanto accade negli USA, non vengono rilevati casi di connessioni cifrate quindi il dato statistico non aiuta a comprendere come mai non si esegue l’intercettazione su un utenza in modo completo, ovvero considerando ogni tipologia di comunicazione che può essere fatta dalla stesso terminale mobile.
Quello che non si può escludere è che, essendo le intercettazioni telefoniche e telematiche nate in momenti storici distinti e aventi caratteristiche tecniche differenti, l’architettura implementata dagli Operatori telefonici possa influenzare quest’attività dal punto di vista dei costi. Non c’è una modalità comune di intercettazione richiesta dalla legislazione nazionale, che ad esempio potrebbe imporre gli standard ETSI come riferimento agli Operatori. Le intercettazioni telefoniche sono nate per prime, poi sono arrivate quelle telematiche, la cui realizzazione è più complicata e per questo il loro prezzo complessivo (compreso del noleggio degli apparati) può essere più alto. Nei primi anni in cui venivano realizzate, le strutture degli Operatori telefonici potevano non essere ancora predisposte per una gestione centralizzata; in questi casi le Procure sostenevano, per il singolo caso d’interesse, anche i costi dovuti ad attività di predisposizione presso gli stessi Operatori.

In merito alla distribuzione dei costi sostenuti nei vari distretti per le attività di intercettazione, la grande difformità rilevata non può essere giustificata dai diversi listini applicati nei vari Uffici Giudiziari (specie ovviamente per le intercettazioni ambientali e telematiche), ma è dovuta alla durata delle stesse.
Nella Procura di Reggio Calabria, dove il Centro intercettazioni (CIT) è unico e suddiviso in tre settori geografici, durante l’anno solare il Procuratore della Repubblica effettua più volte un controllo su tutte le intercettazioni la cui durata si protrae nel tempo. Ebbene il settore dove insistono procedimenti particolari, ad esempio per la cattura dei latitanti, presenta le intercettazioni ovviamente più longeve; amplificando il tutto a livello nazionale, le differenze tra i vari Distretti sono dovute in particolar modo alla maggiore presenze locali di reati per criminalità organizzata.

 

   4.2.     Le statistiche del 2012 analizzate dall’Eurispes
Il riferimento per l’analisi delle statistiche sulle intercettazioni in Italia rimane la DG-Stat, seppur l’associazione ELISS (Experts of Lawful Interception and Security Standards), nata nel 2005, offra un supporto gratuito alle istituzioni per affrontare tematiche relative alle intercettazioni legali, ai tabulati di traffico storico, alla Sicurezza delle reti di telecomunicazioni e dei sistemi informativi deputati al trattamento e alla conservazione dei dati per finalità di giustizia. Ispirata al modello di cooperazione tra istituzioni e professionisti del settore così come accade in tanti altri paesi industrializzati, come associazione ELISS non è mai stata interpellata.
Unica eccezione nella diffusione delle analisi delle statistiche è rappresentata dal documento pubblicato nel 2012 dall’ Eurispes, istituto che offre consulenza alle amministrazioni locali e alle aziende pubbliche. L’analisi non si discosta molto dalle risultanze pubblicate dalla DG-Stat, se non nel punto in cui si precisa, relativamente alla nota metodologica, che i “bersagli” non sono singole utenze “ed è necessario tenere conto del fatto che ad ogni soggetto intercettato corrispondono mediamente 6 utenze”. Considerando che questa informazione non è rilevata dalle statistiche e che non viene citato alcun riferimento in proposito, si ritiene che l’affermazione circa un presunto rapporto 1 a 6 tra soggetto intercettato e utenze telefoniche associate (aggettivo di cui non viene riportata alcuna definizione) sia una valutazione propria dell’Istituto che non trova riscontro oggettivo.

Questo concetto di rapporto tra intercettato e utenze telefoniche purtroppo sarà poi ripreso anche dalla DG-Stat un anno dopo, poiché nel suo rapporto del 2013, prima richiamato, afferma che “Da informazioni raccolte presso alcune società di intercettazione, risulterebbe che in media sono intercettati 1,6 bersagli per persona”. Questo nuovo valore del rapporto tra intercettato e utenze, che cambia a distanza di un anno passando da 1:6 a 1:1,6, da una parte conferma l’assoluta inattendibilità del dato stesso e dall’altra crea una preoccupante percezione circa la fonte di questa informazione, eventualmente anche mal interpretata, che andrebbe verificata per quanto concerne almeno l’estensione del perimetro in cui effettuare una verifica di liceità del trattamento dei dati.

Tutto questo però inspira in modo involontario i lettori più attenti alla considerazione che se le statistiche fossero realizzate in modo più efficiente potrebbero fornire anche l’opportunità, non ancora sfruttata da altri paesi, circa la creazione di un modello comportamentale dell’intercettato – c.d. anche “modello di traffico” – distinto per reato d’indagine. Questo darebbe innegabili vantaggi anche nel contrasto al crimine organizzato.
Anche nelle conclusioni del documento dell’Eurispes viene auspicato “un intervento amministrativo volto alla definizione di criteri di sicurezza informatica e alla tracciabilità digitale delle singole intercettazioni”. Seppur queste conclusioni siano ampiamente condivisibili, appare del tutto slegato il rapporto tra la sfera amministrativa con quella prettamente tecnica relativa ai criteri di sicurezza informatica, e certamente non può essere indicato come aspetto di miglioramento la sola riorganizzazione del “Registro unico delle intercettazioni” o la definizione di un costo standard, dimenticando la propedeutica regolamentazione degli strumenti su cui le rilevazioni statistiche vengono effettuate.

 

5.     Conclusioni
Dall’avvento delle telecomunicazioni il settore delle intercettazioni in Italia non è stato mai regolamentato sotto il profilo tecnico. Nel confronto con gli altri paesi, soprattutto con quelli a noi più simili in Europa, l’Italia soffre anche della mancanza di una figura di riferimento nel settore che possa governare le inevitabili e continue trasformazioni a cui le telecomunicazioni ci hanno abituato, sotto tutti i profili: legale, regolatorio, economico e tecnico. Questa mancanza non è addebitabile al solo profilo economico, dato che siamo in tempi di spending review, poiché esistono esempi virtuosi all’estero di governament a basso costo, al limite anche a costo zero visto che tutti i soggetti economici coinvolti potrebbero contribuire avendo necessità di indicazioni chiare e uniformi. Ad esempio pensiamo ad un soggetto economico straniero, come un Operatore di telecomunicazioni, che vorrebbe investire nel nostro Paese: potrebbe essere seriamente dissuaso dal farlo perché avrebbe molti problemi nel comprendere quali adeguamenti effettuare per garantire le prestazioni obbligatorie verso le Autorità giudiziarie e così ottenere le necessarie licenze. Sarebbe molto più semplice per gli investitori stranieri pagare un servizio istituzionale che lo accompagni in tutto il processo di adeguamento.

La situazione italiana non poteva non essere notata dalla Commissione Europea, la quale è intervenuta con una lettera di messa in mora verso l’Italia sul fronte degli appalti dei servizi di intercettazione. Il legislatore nazionale ha reagito annunciando che avrebbe istituito una “gara unica nazionale”, ma nessun intervento concreto è stato poi realizzato. A questo si aggiunge che tutte le riforme annunciate per questo settore si sono affidate nel tempo a rilevamenti statistici che presentano molte criticità: la durata effettiva delle intercettazioni e delle relative proroghe non è monitorata a livello centrale; le spese delle intercettazioni (inserite nel Mod 1/A/SG) non sono relative ai provvedimenti indicati nello stesso periodo temporale (del Mod.37/INT), quindi la conseguente rappresentazione storica dei costi per anni solari non è coerente alla realtà. Le statistiche non possono essere utilizzate a tale scopo e non si comprende come l’annunciata riforma economica del settore possa essere giustificata come “frutto di un costante monitoraggio di tale rilevante voce di spesa”.

Si auspica, in definitiva, che il legislatore si appresti finalmente a riformare il settore delle intercettazioni in Italia in modo concreto, con un intervento duraturo, affidandoci una struttura che possa gestire anche i cambiamenti tecnologici che caratterizzano il settore. Occorrerà prima regolamentare le intercettazioni dal punto di vista tecnico, economico, senza farsi distrarsi dalle ultime novità come il trojan di Stato, che rientra di diritto nel settore ma che ne rappresenta solo un’appendice. Tutto questo senza dimenticare che prima di ogni buona riforma occorre avere chiaro il reale status quo, che solo statistiche ben fatte possono trasmettere. ©

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