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Giustizia amministrativa

In totale sono stati pubblicati 3 articoli nella sezione “Giurisprudenza”, di seguito elencati dal più recente:

 

IN DUBIIS NEC ABSTINE! IL SILENZIO DELLA P.A. SULL’ISTANZA DI ACCESSO: UN ISTITUTO (DOPPIAMENTE) ECCEZIONALE
di Angelo Gaglioti (N. II_MMXVIII)
Tar Toscana, Sezione I, sentenza n. 200 del 10 febbraio 2017. Ha ricordato il Tar che in linea di principio l’Amministrazione detentrice dei documenti amministrativi, purché direttamente riferibili alla tutela, anche di carattere conoscitivo, preventivo e valutativo da parte del richiedente, di un interesse personale e concreto, non può limitare il diritto di accesso se non per motivate esigenze di riservatezza. Si tratta di regola ispirata a valori fondanti di qualsiasi vera democrazia in cui la burocrazia è al servizio del cittadino e non di se stessa, secondo una logica perversa di autoreferenzialità in base alla quale il cittadine è suddito e non referente dell’azione amministrativa.
NEGLI ACCORDI COMMERCIALI CON LA PA, LE PARTI PRIVATE NON POSSONO ESIGERE LA RISERVATEZZA SULL’INTERO CONTENUTO NEGOZIALE
di Roberto Miccu e Antonio Cordasco (N. I_MMXVI)
Tar per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, Sezione I, sentenza n. 497 dell’8 aprile 2015. La nozione di documento amministrativo comprende anche gli atti negoziali e le stesse dichiarazioni unilaterali dei privati, quando ne sia stata fatta acquisizione in un procedimento amministrativo per una finalità di rilievo pubblicistico. Il principio di trasparenza dei documenti amministrativi, che ha fondamento nella legge, non può essere sostituito con il principio di segretezza su base negoziale. La clausola di riservatezza è quindi contra legem e inapplicabile nella parte in cui tende ad ampliare l’area della riservatezza oltre i limiti tutelati dal legislatore.
NELLA PA LA RETRIBUZIONE È RIFERITA ALLA QUALIFICA NON ALLE MANSIONI
di Antonio Cordasco (N. III_MMXV)
Consiglio di Stato, Sez. III, sentenze n. 1014 e 1017 del 2 marzo 2015. Con le sentenze n. 1014 e 1017 del 2015, la III sezione del Consiglio di Stato ha confermato le statuizioni del Tar Calabria e del Tar Lazio, affermando che per il riconoscimento della retribuzione per mansioni superiori non è sufficiente lo svolgimento delle stesse, ma occorre che ci sia stato un provvedimento di inquadramento in merito alla qualifica. Nella pubblica amministrazione, a differenza del privato, è la qualifica, non le mansioni, il parametro al quale la retribuzione è riferita.

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