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LA PARTECIPAZIONE AD ASSOCIAZIONI CON FINALITÀ DI TERRORISMO INTERNAZIONALE E LA DOTTRINA DEGLI SCAMBI SENZA ACCORDO

di Angelo Gaglioti

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Con questo paper si propone un’applicazione della dottrina civilistica degli scambi contrattuali senza accordo per descrivere il contenuto volontaristico dell’atto di partecipazione ad un’associazione criminale con finalità di terrorismo internazionale. Così come nel diritto civile si ricostruiscono figure di scambi contrattuali senza accordo, costituiti da più atti unilaterali convergenti su un unico oggetto, così nel diritto penale sostanziale, nelle più recenti forme di manifestazione delle associazioni terroristiche internazionali, il reclutato potrebbe partecipare all’associazione aderendo al programma associativo mediante convergenza sulla proposta dell’associazione reclutante diffusa su un sito Internet. In quest’ultimo caso, la volontà dell’associante e la volontà dell’associato non si compongono dialogicamente in accordo pienamente consensuale, ma convergono univocamente su uno stesso oggetto, presente in Rete, dando luogo a uno scambio volontaristico e programmatico senza accordo.

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L’associazione è un soggetto giuridico non persona fisica, che nasce dall’accordo di tre o più persone. L’accordo costitutivo dell’associazione deve prevedere un programma, un minimo di organizzazione e mezzi e deve ricevere un riconoscimento di rilevanza giuridica da parte dell’ordinamento.
Le associazioni possono rilevare nell’ambito del diritto penale sostanziale quando esse, per i fini o il metodo, si pongono in contrasto con i principi dell’ordinamento giuridico statale. Così, per es., un’associazione avente il fine di commettere delitti è incriminata dal diritto penale (art. 416 c.p.), così come un’associazione che persegua fini politici e/o economici col metodo mafioso è pure incriminata dal diritto penale (art. 416bis c.p.).
In ogni caso, perché vi sia associazione è necessario un accordo, quello diretto a costituire l’associazione, con i requisiti minimi predetti, e quello diretto ad accogliere tra i suoi membri ogni singolo partecipe che ne intenda fare parte. L’accordo associativo penalmente rilevante si distingue da un mero concorso di persone nel reato, quanto meno per una certa stabilità dell’accordo medesimo.

L’accordo viene ricostruito come consenso su un determinato oggetto della volizione. Esso in genere risulta dalla sintesi di una proposta e di un’accettazione, eventualmente intervallate da una controproposta parimenti accettata.
In certi tipi di associazione criminosa, per es. in quella di stampo mafioso, l’accordo partecipativo viene sancito nelle regole dell’ordinamento associativo interno, anche mediante solenni e formali rituali e cerimoniali, ben descritti da tempo dalla migliore letteratura sul tema.

Nei casi più tradizionali di associazione criminosa, quindi, l’accordo costitutivo dell’associazione e l’accordo partecipativo del singolo associato, potevano essere ricostruiti mediante categorie, figure ed istituti di teoria generale del diritto, tipicamente sorti nell’ambito delle elaborazioni civilistiche in materia di diritto delle persone (morali) e di diritto dei contratti.
Eppure, nei tempi più recenti, il diritto penale, non solo italiano, è stato investito dall’emersione di figure di associazioni criminose, tipicamente di portata transnazionale, nelle quali, anche in ragione dell’evoluzione delle tecnologie dell’informazione nel mondo globalizzato, l’accordo di partecipazione a tali associazioni non appare più semplicemente ricostruibile nei termini di accordo o scambio di consenso: difetta, in tale fattispecie di manifestazione di volontà partecipativa, un incontro dialogico tra la proposta, la controproposta e l’accettazione.
Molto spesso, soprattutto nei casi più preoccupanti dal punto di vista criminologico e di politica criminale, il soggetto che si associa venendo “reclutato” dalla già costituita associazione come partecipe, manifesta la propria preferenza e adesione verso i fini, il programma e l’organizzazione dell’associazione già costituita, mediante accesso telematico a contenuti virtuali diffusi sulla Rete, dalla quale viene indottrinato circa i fini, i mezzi e i metodi dell’associazione. Appare quindi non agevolmente praticabile la gamma di figure ed istituti di teoria del diritto comunemente adoperate per l’inquadramento di questa fattispecie di manifestazione di volontà.

Si tratta di un problema – in sostanza – già noto da decenni, in termini analoghi (mutatis mutandis), al diritto civile dei contratti. Anziché prospettare un incontro consensuale dialogico come consenso di più volontà “parlanti” tra di loro, si è configurata un’offerta frontistante ad una preferenza o adesione, tutte convergenti su unico oggetto, visualizzato da parte di uomini videntes e non già loquentes. Un’autorevolissima dottrina civilistica ha ritenuto di intravedere in tali fattispecie uno “scambio senza accordo”, da intendere come una pluralità di atti volontari unilaterali convergenti su un identico oggetto.
Appare possibile, a modesto avviso dello scrivente, applicare tale dottrina anche alla fattispecie della partecipazione ad associazioni transnazionali con finalità di terrorismo. In esse, l’associazione già costituita ed operante diffonde programmi, finalità e metodi mediante contenuti e siti multimediali accessibili in Rete, e il neofita associato/reclutato fa convergere la propria manifestazione di volontà di partecipazione (quale associato/reclutato) mediante l’assidua frequentazione dei luoghi virtuali di diffusione di tali contenuti, prima di passare alla pratica realizzazione di tali fini, nei modi e nei termini tristemente famosi dei fatti di cronaca nera recentemente verificatisi.

Tale manifestazione unilaterale di volontà dell’associato/reclutato potrebbe essere ricostruita come forma di manifestazione della volontà costitutiva dell’accordo partecipativo alla già formata associazione criminale, sebbene non risulti un concreto margine di negoziazione dialettica tra chi associa e chi si associa. Il punto di convergenza delle due volontà non consiste nel dialogo consensualistico dell’accordo contrattuale tradizionalmente inteso, ma in due distinte unilaterali volontà convergenti sull’oggetto multimediale, preordinatamente diffuso all’uopo dall’associazione. Pertanto, la frequentazione assidua e documentata di tali contenuti, ed anche il download di tali contenuti o la partecipazione ai relativi forum di discussione, ad es., potrebbe essere ritenuta quanto meno sintomatica della volontà partecipativa tout court, e non già solo di una distinta fattispecie prodromica alla partecipazione all’associazione a pieno titolo.
Non si tratterebbe di arretrare ulteriormente la tutela penalistica al di qua della soglia minima del tentativo, sino a reprimere meri atti preparatori (e perciò neutri dal punto di vista della tipicità e dell’offensività), ma di prendere atto della circostanza che oggigiorno le tecnologie dell’informazione permettono un incontro di volontà by-passate da un contenuto virtuale multimediale, disponibile ed accessibile in qualunque parte del globo.

La volontà unilaterale (cioè, la proposta) da parte della già costituita associazione, mediante la diffusione di quei contenuti, appare indubitabile; quanto alla più problematica ricostruzione dell’adesione o accettazione da parte dell’associato, già la frequentazione assidua dei siti o altri luoghi virtuali in cui quei contenuti sono offerti, indica una volontà di partecipazione convergente con la proposta di affiliazione dell’associazione. Si tratterebbe, allora, di interpretare il requisito della stabilità dell’accordo nella fattispecie partecipativa associativa, al fine di distinguerla da un mero accordo rilevante ex art. 115 c.p. ovvero al massimo da una fattispecie pluri-soggettiva eventuale. Si propone, al riguardo, di considerare la particolare natura dei contenuti informativi in questione; si tratta di diffusione di idee e programmi non limitati a dottrine ed insegnamenti, ma immediatamente invocanti un’azione attuativa pratica. Si tratta di chiare istigazioni; l’assidua frequentazione di tali siti, e quindi la convergenza dell’interesse e della volontà dell’affiliando verso quegli oggetti, non pare interpretabile quale indice di non accoglimento dell’istigazione, ma al contrario quale indice di piena accettazione della proposta ideologica e pratica dell’associazione.
L’incontro delle volontà dell’associante e dell’associato, mediante la proposta (un’offerta al pubblico, si potrebbe dire) contenuta nel sito e l’accettazione contenuta nella frequentazione assidua del sito (mediante frequenza e modalità da scrutinare nel singolo caso concreto da parte del Giudice del merito), radicano un contratto non consensuale (almeno nel senso tradizionale del concetto di consensualità), ma reale tra le due parti (l’associante e l’associato). Mediante questo scambio contrattuale reale, anche l’associato ha già ricevuto qualcosa di stabile, soprattutto alla luce dell’irreversibilità degli effetti pratici della “chiamata alle armi” contenuta nella maggior parte dei contenuti programmatici delle associazioni di cui si discorre.

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La volontà partecipativa in tal modo raggiunta, mediante condivisione di un identico oggetto programmatico e del consequenziale riscontro pratico invocato dall’associante, implica una totalizzante funzionalizzazione dell’intera esistenza, anche in senso fisico-naturalistico, dell’associato verso gli scopi dell’associazione, anche mediante il sacrificio volontario estremo; appare difficile, in casi simili, negare che lo scambio volontaristico partecipativo in tali situazioni sia stabile.
Pertanto, le condotte in esame da parte dell’affiliato dovrebbero essere ricostruite e punite come partecipazione in associazione criminosa, e non già, o non solo come quasi-reati, ovvero anche come condotte rilevanti in altre specifiche fattispecie incriminatrici prodromiche od ostacolo, ovvero infine andare impunite come meri atti preparatori.
Del resto, già la giurisprudenza della S.C. ha da alcuni anni avviato un iter di aggiustamento delle categorie penalistiche tradizionali agli inediti schemi organizzativi delle nuove associazioni terroristiche internazionali, che rifuggono per molti versi dagli schemi classici dell’associazionismo delinquenziale.

La stessa S.C. ha messo in evidenza il rilievo associativo, sotto il profilo della stabilità del pactum sceleris, rivestito dall’organizzazione di un contenuto in Rete, seppure in ambito non legato all’associazionismo terroristico.
Si è affermata, altresì, la configurabilità di un’associazione criminosa operante esclusivamente mediante la Rete: a fortiori, se la Rete può essere il punto di coesione dell’intera associazione, essa non può non sostanziare l’oggetto dell’incontro di volontà di un contratto partecipativo di un singolo associato ad un’associazione delinquenziale già operante.

La proposta ricostruttiva sinteticamente avanzata nel presente paper si presenta di vibrante attualità, anche in considerazione delle recenti innovazioni legislative e di quelle prossime a venire, in ordine al trattamento penalistico dell’arruolamento da parte di associazioni terroristiche transnazionali, sulle quali autorevole dottrina si è sin qui espressa in senso decisamente critico. Si vorrebbe, in ultima analisi, offrire un modesto contributo alla discussione su varie problematiche di politica criminale di rilevante interesse, sollevate da tali interventi di incriminazione. ©

 


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