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Corporate alert-advisor system (ICAS): un nuovo paradigma tecnologico per la vautazione del rischio di impresa

di Francesco Rundo e Agatino Luigi Di Stallo

Il presente articolo esamina le possibili interazioni tra il sistema di Alert introdotto dalla recente riforma della crisi di impresa e l’applicazione di sistemi basati sulla c.d. Intelligenza Artificiale, con particolare riferimento agli strumenti intesi a potenziare le performance del modello predittivo estimativo del rischio di insolvenza delle imprese italiane. Con un approccio squisitamente ibrido scientifico-giuridico, viene descritta nel presente contributo la pipeline iCorporate Alert-advisor System(iCAS), sviluppata interamente dagli autori. iCAS è essenzialmente un prototipo di sistema cui affidare la valutazione del rischio di impresa ovvero la predisposizione di sistemi correttivi idonei al recovery del rischio, finalità target della recente riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza.


 

1. Il sistema di Alert alla luce della riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza
Come noto, la legge delega n. 155/2017 concerne la riforma dell’intera disciplina del diritto fallimentare e, più in generale, della crisi di impresa, posto che quella che viene denominata liquidazione giudiziaria (al posto di fallimento), costituisce l’estrema ratio di un processo di risanamento e conservazione della continuità aziendale, fuori dal procedimento tipico della disciplina concorsuale. L’esercizio della delega, nel rispetto dei principi e criteri direttivi della predetta legge, scadrà, con la prorogatio, il prossimo 14 gennaio 2019. E’ stato di recente licenziato lo schema di decreto legislativo recante codice della crisi di impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge delega, cui sono state apportare alcune revisioni nel mese di novembre scorso.

Per ciò che rileva ai fini del presente contributo, è stata confermata la procedura di allerta (cd. Red flags) finalizzata a rilevare precocemente situazioni di potenziale crisi e per prevenire casi di default, quali “… omissis … squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività … omissis …” (art. 13, c. 1), sulla base di “… omissis … appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi … omissis …” (art. 13 c. 1).
Lo schema si limita a prescrivere quali “… omissis… indicatori significativi, a questi fini, il rapporto tra flusso di cassa e attivo, tra patrimonio netto e passivo, tra oneri finanziari e ricavi … omissis …”, e che “… omissis … costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base … omissis …” (art. 13, c. 1, ult. periodo) dei casi che escludono la tempestività dell’iniziativa e disciplinati dall’art. 24, ai fini dell’applicazione delle misure premiali (art. 25). Se da un lato la riforma introduce specifici obblighi in capo al debitore, agli organi amministrativi e di controllo, dall’altro lato, emerge un problema di individuazione degli indicatori idonei in maniera non equivoca a far presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa. Anzitutto, ciò emerge icto oculi sol che si consideri la facoltà attribuita all’imprenditore che “… omissis … non ritenga adeguati, in considerazione delle […] caratteristiche … omissis …” della sua impresa, gli indici elaborati a tal fine dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (in seguito, breviter, “CNDCEC”), come previsto espressamente dall’art. 13, c. 2, di specificarne “… omissis … le ragioni nella nota integrativa al bilancio di esercizio … omissis …” e indicarne “… omissis … nella medesima nota, gli indici idonei a far ragionevolmente presumere la sussistenza del suo stato di crisi … omissis…” (art. 13, c. 3), indicando, in sostanza, “indici alternativi”. In questo caso, un “… omissis … professionista indipendente attesta l’adeguatezza di tali indici in rapporto alla specificità dell’impresa. L’attestazione è allegata alla nota integrativa al bilancio di esercizio e ne costituisce parte integrante. La dichiarazione, attestata in conformità al secondo periodo, produce effetti per l’esercizio successivo … omissis …” (art. 13, c. 3, ult. periodo).
Conseguentemente, il CNDCEC, cui è attribuito il compito di elaborare, “… omissis … tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali […], con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni I.S.T.A.T. … omissis …” (Ateco 2007), gli indici che, valutati unitariamente, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa, si adopereranno per predisporre procedure di allerta e di diagnosi del rischio, “leggibili” dall’imprenditore e dai consulenti, al fine di adottare piani aziendali idonei a “scongiurare” detto rischio, in quest’ultimo caso, “sartoriali”, che tengano conto della specificità dell’impresa oggetto di esame.

A tal uopo, per avere una base dati informativa, su richiesta del Ministero della Giustizia, Cerved ha realizzato un’analisi numerica basata su dati di bilancio di esercizio presenti in un apposito database contenente le su indicate informazioni per svariate società di capitali, al fine di fornire evidenze quantitative sull’applicabilità del normato sistema di pre-allerta [1]. Nell’attività svolta da Cerved, per quanto è noto, non sono state adottate informazioni che potrebbero essere utilmente elaborate sia in fase di recovery-diagnosis, che di prediction, anticipando l’emergere di quella soglia, oltre la quale dovrebbe scattare l’applicazione delle misure di allerta, sulla base della applicazione degli indici. Si fa riferimento, a titolo esemplificativo, a dati prospettici, dati sui rapporti bancari intrattenuti dall’impresa, alle movimentazioni relative ai pagamenti di cui ai rapporti di tipo commerciale, etc.. Tuttavia, come illustrato nei paragrafi seguenti, l’adozione di indicatori classici estratti dai dati di bilancio di esercizio delle società, può esporre la metodologia di monitoring del rischio default societario a problemi di robustezza quantitativa in quanto spesso i bilanci non risultano affidabili.

A questo non secondario drawback, si aggiunge l’ulteriore questione di natura squisitamente tecnica sintetizzabile in un overfitting del modello di segnalazione, conseguente alla difficoltà di individuare le soglie di cut-off utili ad una robusta discriminazione tra imprese insolventi (o a rischio insolvenza) da quelle sane. Gli autori, tenuto conto del lodevole sforzo compiuto dal legislatore per arrestare questo trend negativo di dissesto finanziario societario, ritengono opportuno affrontare, con il presente contributo, la problematica dei sistemi di allerta da un punto di vista tecnico-scientifico, evidenziando come l’attuale progresso tecnologico, soprattutto nel campo dell’Intelligenza Artificiale (IA), possa ragionevolmente e realmente incrementare le performance del modello predittivo estimativo del rischio insolvenza delle imprese. In questo scenario, obiettivamente ritenuto challenging da un punto di vista tecnico, gli autori mostreranno i risultati ottenuti da un sistema, dai medesimi sviluppato, denominato iCAS (iCorporate Alert-advisor System), basato su un motore di Machine Learning annesso ad un algoritmo di ottimizzazione multi-obiettivo, idoneo a stimare, con una accuratezza appropriata all’obiettivo normativo, sia il rischio di insolvenza che, contestualmente, il miglior assetto econometrico-finanziario societario.

2. iCAS: Un sistema idoneo per la valutazione del rischio insolvenza
Ai fini del presente contributo, si rende opportuno soffermarsi brevemente sul richiamato rapporto Cerved commissionato per verificare una possibile attuazione dei sistemi di allerta. Questo rapporto concerne un set di imprese i cui dati di bilancio erano stati catalogati in appositi database ed estende l’analisi econometrica ad un range temporale sufficiente ad evitare la polarizzazione del trend macro-economico che potrebbe inficiare la robustezza dei risultati statistici cosi ottenuti. Nel campione sono state incluse società di capitale insolventi, nel periodo considerato, e altrettante società – di analoga organizzazione e struttura – in condizioni operative ottimali, cercando di ottenere quello che statisticamente si definisce un “campione bilanciato ed equi-distribuito”.

 

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