FOCUSGiulio Mancini

L’intervento in tema di violenze domestiche e di genere della c.d. Riforma Cartabia sul Codice di Procedura Civile

di Giulio Mancini

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Il Decreto Legislativo n.149 del 10 ottobre 2022, di attuazione della Legge 26 novembre 2021, n.206 (c.d. Riforma Cartabia) ha, tra l’altro, introdotto una apposita sezione nell’ambito del Codice di Procedura Civile dedicata alla violenza di genere e domestica.

Il tema e le innovazioni normative in questione –  anticipati dalla relativa Relazione Illustrativa, nonché da interventi altamente qualificati quali la “Relazione sulla Vittimizzazione Secondaria”, approvata il 20 aprile 2022 dalla Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Femminicidio del Senato della Repubblica, Docc. XII bis n.10 – appaiono di notevole attualità ed interesse e, pertanto, meritevoli di approfondimento.

In sostanza, il legislatore ha confermato la tesi e la convinzione – a nostro avviso del tutto condivisibili – per le quali la tutela delle vittime dei comportamenti in questione debba attuarsi anche, attesa la particolarità dei temi, in ambito civilistico.

Con l’articolo art. 473 bis cpc, viene descritto l’”ambito di applicazione” delle successive disposizioni tutte della apposita sezione codicistica, ai procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni, salvo che la legge disponga diversamente e con esclusione dei procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità, dei procedimenti di adozione di minori di età e dei procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea (2) . Per quanto non disciplinato dal presente titolo, i procedimenti di cui al primo comma sono regolati dalle norme previste dai titoli I e III del libro secondo”.

Trattasi di una norma di apertura dell’apposita nuova sezione del codice di procedura civile, che si compone di ben 71 articoli – da 473bis a 473bis 71 – nel cui ambito trova spazio il Capo III Sezione I, ovvero le norme dall’articolo Art. 473 bis 40 al 473 bis 46.

La prima delle suddette norme – articolo 473 bis 40 cpc – delinea il più specifico ”ambito di applicazione” ai “procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell’altra o dei figli minori”.

La “forma della domanda” (articolo  473 bis 41 cpc) – da proporre al Tribunale del luogo di residenza del minore, se presente, ovvero in assenza dello stesso di residenza del convenuto o, in ipotesi di sua irreperibilità o residenza all’estero, dell’attore, o se questi risiede all’estero, a qualunque Tribunale della Repubblica – è quella del ricorso previsto dal nuovo rito in materia di famiglia (articoli 473bis 12 e 473bis 13 cpc, in dipendenza del fatto che la domanda sia spiegata dalla parte ovvero dal pubblico ministero) – che dovrà indicare, in aggiunta a quanto già prescritto dalle norme in questione, “gli eventuali procedimenti, definiti o pendenti, relativi agli abusi o alle violenze”.

Al ricorso sarà “allegata copia degli accertamenti svolti e dei verbali relativi all’assunzione di sommarie informazioni e di prove testimoniali, nonché dei provvedimenti relativi alle parti e al minore emessi dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità”.

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Il disposto dell’articolo art. 473 bis 42 – che disciplina il conseguente procedimento – appare, come intuibile, di fondamentale importanza.

La procedura appare – per quanto sia stato possibile al legislatore – diretta a garantire la velocità e la snellezza dell’iter processuale, con la massima attenzione ad assicurare la sicurezza della vittima, anche evitandone la comparizione ovvero l’incontro con il responsabile e tutelandone la riservatezza dei dati “sensibili” come l’indirizzo di dimora (nel caso di collocazione protetta).

Anche la collaborazione tra i diversi uffici è espressamente disciplinata ed incentivata.

I poteri del giudice appaiono ampliati nell’ottica appena richiamata e la procedura è improntata ad una certa elasticità, onde adattarsi ad una materia così delicata e particolare.

Il giudice ha, infatti – in base alla suddetta norma – la facoltà di “abbreviare i termini fino alla metà, e compie tutte le attività previste dalla presente sezione anche d’ufficio e senza alcun ritardo. Al fine di accertare le condotte allegate, può disporre mezzi di prova anche al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile, nel rispetto del contraddittorio e del diritto alla prova contraria.

[II]. Il giudice e i suoi ausiliari tutelano la sfera personale, la dignità e la personalità della vittima e ne garantiscono la sicurezza, anche evitando, se opportuno, la contemporanea presenza delle parti.

[III]. Quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale ovvero penda procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all’articolo 415-bis del codice di procedura penale per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell’udienza non contiene l’invito a rivolgersi ad un mediatore familiare.

[IV]. Quando la vittima degli abusi o delle violenze allegate è inserita in collocazione protetta, il giudice, ove opportuno per la sua sicurezza, dispone la secretazione dell’indirizzo ove essa dimora.

[V]. Con il decreto di fissazione dell’udienza, il giudice chiede al pubblico ministero e alle altre autorità competenti informazioni circa l’esistenza di eventuali procedimenti relativi agli abusi e alle violenze allegate, definiti o pendenti, e la trasmissione dei relativi atti non coperti dal segreto di cui all’articolo 329 del codice di procedura penale. Il pubblico ministero e le altre autorità competenti provvedono entro quindici giorni a quanto richiesto.

[VI]. Le parti non sono tenute a comparire personalmente all’udienza di cui all’articolo 473-bis.21. Se compaiono, il giudice si astiene dal procedere al tentativo di conciliazione e dall’invitarle a rivolgersi ad un mediatore familiare. Può comunque invitare le parti a rivolgersi a un mediatore o tentare la conciliazione, se nel corso del giudizio ravvisa l’insussistenza delle condotte allegate.

Anche l’istituto della mediazione familiare – di fondamentale riconosciuta importanza nella materia in questione – è adattato alla particolarità delle fattispecie oggetto degli articoli de quibus.

L’art.473bis 43 – intitolato appunto “mediazione familiare” – prevede quindi espressamente che “è fatto divieto di iniziare il percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, ovvero è pendente un procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all’articolo 415-bis del codice di procedura penale per le condotte di cui all’articolo 473-bis.40, nonché quando tali condotte sono allegate o comunque emergono in corso di causa. [II]. Il mediatore interrompe immediatamente il percorso di mediazione familiare intrapreso, se nel corso di esso emerge notizia di abusi o violenze”.

Evidente è la finalità di tutela della vittima, evitando che lo strumento della mediazione possa tramutarsi in occasione di pericolo ovvero anche solo di disagio o angoscia per la stessa.

Anche l’attività istruttoria, disciplinata dall’art.473bis 44 cpc, appare improntata ai suddetti criteri di velocità, garanzia ed aumento dei poteri del magistrato nell’interesse della vittima.

Il giudice, infatti, “procede all’interrogatorio libero delle parti sui fatti allegati, avvalendosi se necessario di esperti o di altri ausiliari dotati di competenze specifiche in materia. Assume inoltre sommarie informazioni da persone informate dei fatti, può disporre d’ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, e acquisisce atti e documenti presso gli uffici pubblici. Può anche acquisire rapporti d’intervento e relazioni di servizio redatti dalle forze dell’ordine, se non sono relativi ad attività d’indagine coperta da segreto”.

L’art. 473 bis 45 prevede l’”ascolto del minore” cui il giudice procederà – anche in tal caso con le accortezze studiate dal legislatore –  “personalmente e senza ritardo… secondo quanto previsto dagli articoli 473-bis.4 e 473-bis.5, evitando ogni contatto con la persona indicata come autore degli abusi o delle violenze. [II]. Non si procede all’ascolto quando il minore è stato già ascoltato nell’ambito di altro procedimento, anche penale, e le risultanze dell’adempimento acquisite agli atti sono ritenute sufficienti ed esaustive.

L’art. 473 bis 46 – intitolato “provvedimenti del giudice” – prevede che “[I]. Quando all’esito dell’istruzione, anche sommaria, ravvisa la fondatezza delle allegazioni, il giudice adotta i provvedimenti più idonei a tutelare la vittima e il minore, tra cui quelli previsti dall’articolo 473-bis.70, e disciplina il diritto di visita individuando modalità idonee a non compromettere la loro sicurezza. [II]. A tutela della vittima e del minore, il giudice può altresì disporre, con provvedimento motivato, l’intervento dei servizi sociali e del servizio sanitario. [III]. Quando la vittima è inserita in collocazione protetta, il giudice può incaricare i servizi sociali del territorio per l’elaborazione di progetti finalizzati al suo reinserimento sociale e lavorativo”.

E’ evidente l’ampiezza dei poteri del giudice, a tutela della vittima, con particolare riferimento alla possibilità di pronunciarsi anche in esito all’istruzione sommaria e di emettere “i provvedimenti più idonei”. Si conferma l’importanza primaria del raccordo tra Tribunale e Servizi Sociali e Sanitari.

Mero dovere di completezza impone, infine, di rammentare come – tra i provvedimenti emettibili a norma dell’articolo appena citato – vi siano anche – ma non solo – quelli già oggetto dell’art art. 473 bis 70 (“Contenuto degli ordini di protezione”), che a sua volta prevede testualmente:

[I]. Con il decreto di cui all’articolo 473-bis.69 il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dal beneficiario dell’ordine di protezione, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro o di salute.

[II]. Il giudice può altresì disporre, ove occorra, l’intervento dei servizi sociali del territorio, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati, nonché il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante.

[III]. Con il medesimo decreto il giudice, nei casi di cui al primo e al secondo comma, stabilisce la durata dell’ordine di protezione, che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dello stesso. Questa non può essere superiore a un anno e può essere prorogata, su istanza di parte o, in presenza di minori, del pubblico ministero, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario.

[IV]. Con il medesimo decreto il giudice determina le modalità di attuazione. Ove sorgano difficoltà o contestazioni in ordine all’esecuzione, lo stesso giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l’attuazione, ivi compreso l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.

Per concludere, si ritiene che l’impianto normativo appena richiamato e brevemente commentato sia frutto di uno sforzo senza dubbio condivisibile e ben giustificato del legislatore, con l’auspicio che la relativa applicazione pratica, ormai prossima, possa condurre ai risultati dallo stesso previsti.

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