FOCUSFrancesco Coletta

Le basi concesse in uso dal Governo sul territorio Italiano, ipotesi di limitazione alla sovranità nazionale

di Francesco Coletta

Il presente lavoro intende esaminare quella numerosa e variegata realtà rappresentata dalla presenza sul territorio nazionale delle varie basi -militari e non solo- concesse in uso dal governo italiano ad organizzazioni internazionali ed a paesi alleati. L’attenzione sarà concentrata sulle eventuali ipotesi di limitazione della sovranità nazionale del “paese ospitante” in forza degli accordi sottesi alla concessione delle basi in argomento.


  1. Premessa

Come ben noto, per quanto sovente non se ne abbia l’esatta e reale percezione[1], l’Italia ospita all’interno del suo territorio numerose basi concesse in uso in modo permanente (nel presente lavoro non ci si occuperà delle varie basi installate a tempo determinato prevalentemente per dar corso ad esercitazioni congiunte) ad organizzazioni internazionali di cui l’Italia stessa è membro ed a paesi alleati verso i quali ci uniscono accordi multilaterali e bilaterali. Sintetizzando in un quadro organico per quanto schematico, possiamo considerare:

  • per le basi concesse in uso ad organizzazioni internazionali:
  • le basi logistiche dell’O.N.U. di Brindisi e San Vito dei Normanni[2],
  • il quartier generale operativo dell’U.E. di Roma[3],
  • le basi N.A.T.O., sia quelle genericamente istituite in forza della collaborazione politico-militare tra i paesi membri, che quelle specificatamente e singolarmente accordate[4];
  • per le basi attivate a seguito di accordi multilaterali:
  • il comando EUROGENDFOR di Vicenza[5];
  • per le basi attivate a seguito di accordi bilaterali le numerose basi militari statunitensi[6].

Taluni episodi occorsi nella storia recente, talvolta eclatanti ed assurti alla ribalta della cronaca, altre volte circoscritti a vicende private ed a conoscenza solo delle popolazioni locali[7], hanno sovente fatto ritenere all’opinione pubblica -e non solo …- che la presenza delle basi concesse in uso dal nostro governo ad organizzazioni internazionali ed a paesi alleati costituisse una sorta di extraterritorialità ove fosse totalmente precluso da parte dello stato italiano, quale “paese ospitante”, l’esercizio della sovranità nazionale su quei suoli, sulle attività che vi si svolgono, sui soggetti che vi operano ed il personale a loro seguito.

  1. La sovranità nazionale

Schematizzando in estrema sintesi un dibattito che occupa da tempo la dottrina sull’argomento, è possibile definire lo stato attraverso i suoi elementi costitutivi: un popolo, un territorio ed una sovranità; quest’ultima si concretizza nella sua indipendenza rispetto alla collettività degli altri stati internazionalmente riconosciuti e nell’imposizione di una piena potestà all’interno dei propri confini nazionali che si esercita attraverso la somma dei poteri tradizionalmente identificati come legislativo, esecutivo e giudiziario[8]. Ne consegue che una limitazione a tale sovranità è ritenuta in grado di minare l’essenza stessa dello stato.

Premesso che i suoli ove insistono le installazioni[9] oggetto del presente lavoro non sono porzioni di territorio straniero (come nel caso delle enclave) né godono di extraterritorialità (come nel caso delle ambasciate)[10], ma sono parti del territorio dello stato italiano che il governo ha concesso in uso ad altri soggetti di diritto internazionale, appare evidente come sulle predette installazioni debba genericamente e normalmente risultare vigente la sovranità nazionale del paese ospitante[11]. Ciò nonostante il testo degli accordi e dei trattati che regolano la presenza delle installazioni in questione contiene abitualmente la formalizzazione dell’intesa tra le parti circa la non applicazione di talune norme del diritto positivo vigente nel paese ospitante potendo ciò configurare una vera e propria limitazione all’esercizio della sovranità nazionale come meglio indicato nel successivo paragrafo 4.

A conferma e motivazione di quanto dinanzi enunciato occorre comunque sempre ricordare che:

  • l’art. 11 della costituzione italiana consente, in condizioni di parità con gli altri stati, “limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni”;
  • i trattati e gli accordi in materia prevedono abitualmente il generale riconoscimento della sovranità nazionale del paese ospitante e l’impegno, da parte del personale straniero, al rispetto della normativa vigente nel paese ove è impiegato[12].
  1. Limiti e deroghe

È parere di chi scrive che non tutte le pattuite “rinunce” all’applicazione della normativa vigente nel paese ospitante debbano costituire vere e proprie limitazioni all’esercizio della sovranità nazionale; in particolare numerose situazioni, spesso del tutto analoghe alle eccezioni previste per gli stessi cittadini dello stato ospitante (ad esempio le eccezioni nell’applicazione della normativa sulle armi in favore di quanti rivestano qualifiche di pubblica sicurezza), possono essere meglio classificate come deroghe rispetto a precetti di carattere generale su specifiche materie piuttosto che reali limitazioni alla sovranità nazionale.

Così in questa ottica vanno inquadrate come deroghe talune discipline di settore cui sono generalmente accomunate le varie realtà oggetto del presente lavoro, che non saranno però esaminate nel dettaglio non costituendo un vero e proprio “vulnus” della sovranità nazionale, e che riguardano:

Lawful Interception per gli Operatori di Tlc
  • la guida e la circolazione dei veicoli: normalmente caratterizzate dal riconoscimento delle licenze di guida degli autoveicoli, dalla possibilità di apporre specifica targatura degli autoveicoli stessi e dalla loro immissione alla circolazione sulla viabilità ordinaria ancorchè non omologati/omologabili in Italia;
  • l’immigrazione e gli stranieri: ingresso nel territorio nazionale anche senza gli ordinari documenti o visti e con procedure semplificate, agevolazioni sul bagaglio al seguito, generale deroga alla normativa doganale e sui permessi di soggiorno;
  • le armi e munizioni: possibilità di porto delle armi in dotazione nel corso delle attività di servizio senza alcuna specifica autorizzazione di polizia, così come la movimentazione di esplosivi, materiali d’armamento, munizioni funzionali allo scopo per cui la base è stata concessa;
  • il fisco ed i tributi: esenzione da dazi ed imposte;
  • l’avvio e l’esercizio semplificato di attività ordinariamente soggette a prescrizioni (cliniche sanitarie, sportelli bancari, esercizi commerciali, etc.).

Diversamente vanno riconosciute come vere e proprie limitazioni al pieno esercizio della sovranità nazionale la sottrazione dalla competenza giurisdizionale -quale tipica espressione del potere giudiziario- del paese ospitante nelle sue varie forme dell’esclusione assoluta dalle procedure giudiziarie, della riserva di giurisdizione in favore degli organi giudiziari del paese di origine, dell’impossibilità ad adottare talune misure cautelari; analogamente può configurare una reale limitazione alla sovranità nazionale ogni compressione alla libertà di movimento delle autorità italiane all’interno delle basi in questione atteso che, al di là degli aspetti giurisdizionali precedentemente accennati, ciò può costituire un ostacolo all’espletamento dei compiti istituzionali segnatamente dei rappresentanti del potere esecutivo.

Nel paragrafo che segue saranno esaminati i singoli casi con illustrazione del contenuto degli accordi che vanno ad incidere proprio su tali ipotizzate limitazioni alla sovranità nazionale.

  1. I singoli casi

  • Basi ONU

La relativa normativa è principalmente contenuta nella legge n. 62 del 4 marzo 1997 con cui si è ratificato il “Memorandum d’intesa tra l’Italia e l’O.N.U. relativo all’uso da parte delle Nazioni Unite di locali per il sostegno delle operazioni umanitarie, di sostegno della pace e ad esse relative” firmato a Roma il 23.11.1994; sotto la stessa data, è stato sottoscritto l’accordo tecnico per l’installazione di Brindisi, il successivo 4.4.2007 è stato sottoscritto l’accordo tecnico per l’installazione di San Vito dei Normanni.

Sulla base del contenuto dei predetti accordi il personale -di qualsiasi nazionalità- impiegato nelle basi è permanentemente sottratto dall’esercizio della giurisdizione da parte del paese ospitante per ogni dichiarazione eventualmente resa e per ogni atto eventualmente compiuto nell’espletamento delle loro mansioni ufficiali (art. 3 e 17 del Memorandum)[13]; tale immunità si estende anche dopo la cessazione di ogni rapporto con le Nazioni Unite. Ne consegue che ordinariamente ogni illecito eventualmente commesso al di fuori delle attività svolte per conto delle Nazioni Unite rientrerebbe nella competenza degli organi giudiziari italiani, l’uso del condizionale è dovuto alle ulteriori limitazioni “de facto” di seguito illustrate. Eventuali incidenti che dovessero verificarsi all’interno dei locali in uso esclusivo delle Nazioni Unite potranno costituire oggetto d’inchiesta esclusivamente a cura dell’O.N.U. (art. 7 del Memorandum). Quanto precede costituisce la principale limitazione all’esercizio della sovranità nazionale del paese ospitante; al riguardo il memorandum, pur riconoscendo che i suoli e gli immobili rimangono territorio dello stato italiano e “teoricamente” soggetti alla giurisdizione italiana[14], introduce una esplicita esclusione al pieno esercizio della giurisdizione; al riguardo è necessario a questo punto individuare i soggetti che beneficiano di questa immunità dalla giurisdizione, la circostanza, oltre alla sua rilevanza sostanziale, è di interesse per il presente lavoro anche per evidenziarne le differenziazioni con le ulteriori realtà che saranno esaminate negli alinea che seguono. Il combinato diposto degli artt. 1 e 17 del memorandum individua nei “membri assegnati ai locali” e negli “esperti in missione” i soggetti che possono beneficiare di tale immunità; appartengono alla prima categoria (membri) il funzionario che dirige le attività O.N.U. nella base e quanti vi lavorano per conto delle Nazioni Unite anche se assunti localmente purchè legati da un contratto stabile con Nazioni Unite[15], appartengono alla seconda categoria (esperti) quanti -non inquadrabili nella precedente categoria- sono inviati in missione per conto delle Nazioni Unite.

Ulteriore significativa compressione all’esercizio della sovranità nazionale è rappresentato dalle limitazioni all’accesso nei locali della base da parte delle autorità italiane. È infatti concordato che “nessun funzionario della repubblica italiana né altre persone esercenti autorità pubblica della repubblica italiana avranno accesso ai locali ad uso esclusivo  (dell’O.N.U. n.d.a.) per espletare mansioni” (art. 11 del memorandum)[16]; unico contrappeso a tale limitazione è rappresentato dall’impegno assunto dall’O.N.U. affinchè i locali della base non si prestino quale rifugio da parte di soggetti ricercati da parte dell’Autorità Giudiziaria italiana. Ne consegue ad esempio che l’autorità di pubblica sicurezza, o altre autorità aventi competenze su specifiche materie, non potrà svolgere l’ordinaria attività preventiva di controllo e vigilanza; analogamente gli organi giudiziari (penale, amministrativa, contabile, penale militare, civile), non potranno svolgere la ricerca di fonti di prova o comunque riscontri mediante verifiche, sopralluoghi, ispezioni, perquisizioni.

Interessante, rispetto a quest’ultima osservazione, è analizzare la possibilità dell’esercizio della giurisdizione rinunciando a quanto acquisibile all’interno dei luoghi cui è impedito l’accesso, nei confronti degli illeciti consumati negli ambiti fisici inaccessibili – ovviamente estranei alle mansioni ufficiali per conto dell’O.N.U.- perseguibili ricorrendo ad altri mezzi d’indagine in analogia a quanto previsto dalla normativa nazionale in materia di segreto di stato[17]. Al riguardo la giurisdizione sarebbe impregiudicata rendendo inapplicabile il “difetto di giurisdizione” rendendo però concretamente molto probabile l’applicazione della mancanza di elementi per sostenere il giudizio.

  • Quartieri generali UE

Per la condotta delle proprie missioni l’Unione Europea si è dotata di cinque Operational Head Quarters rispettivamente in Italia, Francia, Germania, Grecia e Regno Unito; quello stabilmente presente in Italia (ITA-JOHQ) è allocato a Roma presso l’aeroporto militare di Centocelle.

La relativa disciplina è contenuta nell’”Accordo tra gli Stati membri dell’Unione europea relativo allo statuto dei militari e del personale civile distaccati presso le istituzioni dell’Unione europea, dei Quartieri generali, e delle Forze che potrebbero essere messi a disposizione dell’Unione europea nell’ambito della preparazione e dell’esecuzione dei compiti di cui all’articolo 17, paragrafo 2 del Trattato sull’Unione europea, comprese le esercitazioni, nonchè dei militari e del personale civile degli Stati membri messi a disposizione dell’Unione europea per essere impiegati in tale ambito, (SOFA UE), fatto a Bruxelles il 17 novembre 2003”  ratificato dall’Italia con la legge n. 114 del 3.8.2009.

Il personale militare e civile distaccato dagli stati membri presso il quartier generale è protetto da immunità giurisdizionale per ogni atto, dichiarazione o scritto compiuti nell’esercizio delle loro mansioni ufficiali, tale immunità si estende anche successivamente al termine di dette mansioni (art. 8 comma 1 dell’Accordo); sin qui l’immunità è assimilabile a quella prevista per le basi ONU precedentemente descritte, ma nel caso dell’Unione Europea tale immunità non è assoluta bensì sospesa per fini di giustizia ove non siano compromessi gli interessi dell’Unione e soprattutto ove sia ipotizzato un abuso dell’immunità stessa, in questo caso i paesi membri coinvolti avviano consultazioni per accertare l’avvenuto abuso e se ne scaturisce controversia non componibile la questione è portata sino all’attenzione del Consiglio dell’U.E. (art. 8 commi dal 3 al 7 dell’Accordo).

L’Accordo inoltre si occupa delle situazioni che, al di là delle mansioni ufficialmente svolte, possono vedere i militari ed i civili in servizio presso il quartier generale coinvolti in vicende penali durante il loro soggiorno nel paese ospitante; la circostanza potrebbe far scaturire la comune pretesa punitiva da parte del paese di appartenza del reo come del paese ove si è consumato il reato e finanche dell’eventuale paese della vittima, il tutto con un concorso di giurisdizione contario al generale principio del diritto comunemente esplicitato nel brocardo “ne bis in idem” volto a prevenire doppi e plurimi giudizi. In generale è prevista la riserva di giurisdizione in favore dello stato di appartenenza del reo responsabile di reati militari o di reati contro lo stato di appartenenza o che vedono quale vittima un suo concittadino, nonchè per tutti i reati conseguenti ad atti od omissioni commesse in servizio; per i restanti reati è riconosciuta la priorità dello stato ospitante (art. 17 dell’Accordo). Le procedure relative all’esercizio della giurisdizione da parte dello stato italiano sono state fissate dal DM (Giustizia) n. 253 del 22.11.2010 “Regolamento di attuazione dell’articolo 3 della legge 3 agosto 2009, n. 114, di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra gli Stati Membri dell’U.E. relativo allo statuto dei militari e del personale civile distaccati presso le istituzioni dell’Unione Europea, dei Quartieri generali e delle Forze che potrebbero essere messi a disposizione dell’U.E. (SOFA-UE), fatto a Bruxelles il 17 novembre 2003”.

Ferma restando la possibilità di rinunciare alla priorità della giurisdizione, la limitazione alla sovranità nazionale derivante dal riconoscimento della giurisdizione in favore di altro stato membro ha comunque un’attenuazione nella possibilità prevista dalla lettera c) del comma 6 dell’art. 17 dell’Accordo che così recita: ” Le autorità dello Stato che ha il diritto di priorità nell’esercizio della giurisdizione esaminano favorevolmente le richieste di rinuncia a tale diritto, presentate dalle autorità dell’altro Stato, nei casi in cui queste ultime annettano particolare importanza a tale rinuncia”.

Diversamente da quanto previsto per le basi ONU di Brindisi e San Vito dei Normanni nessun impedimento è opposto per l’accesso delle autorità del paese ospitante all’interno dei luoghi in uso al quartier generale, si ritiene che comunque -quantomeno per il quartier generale presente in Italia- che vadano rispettate le prescrizioni previste per l’accesso ai luoghi militari[18]; viceversa sono inviolabili i documenti ufficiali e gli archivi dei quartieri generali custoditi nelle loro sedi o in possesso di un soggetto debitamente autorizzato, anche in questo caso ove l’autorità del paese ospitante ritenga che si è verificato un abuso dell’inviolabilità dei documenti e degli archivi in questione, lo stato ospitante consulta il  Consiglio dell’U.E. per accertare se tale abuso si è verificato (art. 15 dell’Accordo).

  • Basi NATO

Sin dai primi anni dalla sua nascita l’organizzazione del patto atlantico si è dotata di un accordo volto a disciplinare lo status delle proprie forze quando impiegate fuori dai confini nazionali del paese di appartenenza; si tratta della “Convenzione tra gli stati membri del tattato dell’atlantico del nord sullo statuto delle loro forze armate” firmato a Londra il 19 giugno 1951 e ratificato dall’Italia con la legge n. 1335 del 30.11.1955 comunemente detto SOFA NATO.

L’art. 7 della convenzione si occupa proprio dell’esercizio della giurisdizione riservando in via esclusiva al paese di appartenenza del reo il giudizio sui fatti costituenti reato militare, i reati conseguenti ad atti o omissioni commesse nell’esercizio di mansioni ufficiali[19] ed i reati contro la sicurezza (difesa nazionale, tradimento, sabotaggio, spionaggio e violazione del segreto) e le proprietà dello stato di appartenenza nonché quelli che vedono come parte offesa propri concittadini (compresi i familiari a carico) in servizio per conto della NATO; in tutti gli altri casi è riconosciuta la giurisdizione del cosiddetto stato di soggiorno. L’esercizio della giurisdizione, anche laddove riconosciuto come prioritario, può essere oggetto di rinuncia o di richiesta di rinuncia[20]; l’esercizio di tale facoltà è disciplinato per l’Italia dal DPR n. 1666 del 2.12.1956 “Approvazione del regolamento relativo all’applicazione dell’art. 7 della convenzione fra gli stati aderenti al trattato del nord atlantico sullo status delle loro forze”. Per quanto attiene ai soggetti cui è possibile applicare la riserva di giurisdizione essa è prevista esclusivamente per i “membri delle forze”, che sono rappresentati dai militari delle forze armate di uno dei paesi membri della NATO impiegati sul territorio di un altro paese membro, e per gli “elementi civili” individuati nel personale civile al seguito delle forze armate e da queste impiegate sul territorio di uno stato aderente alla NATO; la riserva di giurisdizione non si applica nel caso in cui un appartenente alle forze o agli elenti civili abbia la cittadinanza del paese ospitante.

Benchè la convenzione riconosca ai comandanti alleati il potere di imporre la propria autorità disciplinare e di polizia nel confronti delle proprie forze all’interno delle basi nonchè l’adozione di ogni misura necessaria a garantirne l’ordine e la sicurezza (art. 7 comma 10 della Convenzione) nessuna limitazione all’accesso è sancita nei confronti delle autorità dello stato ospitante.

Nel tempo la NATO ha sottoscritto accordi relativi a singole particolari installazioni nelle quali sono state previste ipotesi di limitazioni all’esercizio della sovranità in parte più ampie rispetto a quelle precedentemente illustrate di portata generale; in particolare, per quanto riguarda la situazione dell’Italia è possibile citare:

  • il 26 luglio 1961 a Parigi è stato sottoscritto l’”Accordo tra Italia e comandante supremo alleato in europa (SHAPE) sulle particolari condizioni di installazione e di funzionamento nel territorio italiano dei quartieri generali militari internazionali che vi sono o potranno essere installati” ratificato col DPR n. 2083 del 18.9.1962; si intendono quartieri generali internazionali quelli dipendenti direttamente da SHAPE ed allo stato per l’Italia il Joint Force Command di Lago Patria (NA); ad ufficiali di rango con funzioni di alta responsabilità[21] è riconosciuta, purchè di nazionalità non italiana, l’immunità per gli atti compiuti durante il loro servizio ufficiale nonché i privilegi comunemente accordati al corpo diplomatico (art. 5 dell’Accordo); i beni mobili ed immobili dei quartieri generali internazionali sono immuni da perquisizioni, requisizioni, sequestri, espropri e da qualsiasi provvedimento cautelare[22];
  • il 5 febbraio 1968 a Bruxelles è stato sottoscritto l’”Accordo tra il Governo italiano e l’Organizzazione del trattato nord atlantico concernente l’applicazione del titolo IV della convenzione di Ottawa del 20 settembre 1951 ai funzionari del collegio di difesa della NATO” ratificato col DPR n. 1324 del 27.12.1969 a seguito del trasferimento del NATO Defence College da Parigi a Roma; il comandante del collegio, i funzionari e gli ufficiali di rango sono immuni dalla giurisdizione per le dichiarazioni -scritte o verbali- e gli atti compiuti nell’esercizio delle loro mansioni ufficiali; ad essi si applicano i privilegi comunemente accordati al corpo diplomatico;
  • il 13 luglio 1972 a Bruxelles è stato sottoscritto l’”Accordo tra l’Italia e l’Organizzazione NATO di manutenzione e rifornimento relativo alla installazione ed alla gestione del deposito NAMSA di Taranto” con i successivi accordi del 15 ottobre 1974 e del 21 aprile 1975 ratificati col DPR n. 1019 del 28.9.1977 sono state estese particolari immunità ai funzionari ed ufficiali di rango, non aventi cittadinanza italiana ed individuati in apposito elenco; costoro sono immuni dalla giurisdizione per le dichiarazioni -scritte o verbali- e gli atti compiuti nell’esercizio delle loro mansioni ufficiali, fa espressa eccezione al riguardo ogni responsabilità civile e/o penale conseguente all’uso di veicoli a motore (art. 1 comma 2 dell’Accordo); ad essi si applicano i privilegi comunemente accordati al corpo diplomatico;
  • in data 21 febbraio 1963 il Comando Supremo Alleato dell’Atlantico (SACLANT) con accordo sottoscritto da alcuni paesi membri della NATO ha fondato il centro di ricerche sottomarine con sede in Italia a La Spezia, il 2 dicembre 1988 a Bruxelles è stato sottoscritto l’”Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il comandante supremo alleato dell’Atlantico in merito alle condizioni speciali applicabili alla installazione ed attività nel territorio italiano, del centro di ricerca sottomarina di Saclant (SACLANTCEN)” ratificato con la legge n. 28 del 7.1.1992; il personale militare e civile di rango, non avente cittadinanza italiana, è immune dalla giurisdizione per le dichiarazioni -scritte o verbali- e gli atti compiuti nell’esercizio delle proprie mansioni ufficiali (art. 5 dell’Accordo); tali immunità possono essere revocate dal Segretario generale della NATO nel caso rappresentino un ostacolo alla giustizia e ove la revoca non crei pregiudizio agli interessi della NATO; i beni mobili ed immobili di proprietà del Centro e sotto il suo controllo, destinati esclusivamente a scopi ufficiali, sono immuni da requisizioni, confische, sequestri od espropri e da ogni altro provvedimento cautelare (art. 4 dell’Accordo); inoltre il governo italiano si impegna a garantire l’uso dei locali per gli scopi ufficiali del centro di ricerca astenendosi dal promuovere contro il SACLANT e la NATO alcuna azione esecutiva, amministrativa o giudiziale allo scopo di escludere o limitare la disponibilità o proibirne l’uso da parte del Centro.
  • EUROGENDFOR

Nell’anno 2004 alcuni dei paesi europei dotati di forze di polizia ad ordinamento militare concordano di realizzare una gendarmeria operativa pre-organizzata, forte e spiegabile in tempi rapidi per svolgere compiti di rinforzo o sostituzione delle polizie di paesi coinvolti in situazioni di crisi per facilitare la riattivazione dei servizi di sicurezza, in particolare durante il periodo di transizione da un ambiente operativo militare a quello civile; a tal fine venne concordata l’istituzione permanente in Italia -nella città di Vicenza- di un quartier generale multinazionale. Il 18 ottobre del 2007 a Velsen i governi di Italia, Spagna, Francia, Olanda e Portogallo sottoscrivono l’accordo istitutivo della Forza di Gendarmeria Europea (EUROGENDFOR) ratificato dall’Italia con legge n. 84 del 14.5.2010.

Nessuna immunità dall’esercizio della giurisdizione penale è concessa al personale militare e civile effettivo ad EUROGENDFOR dal trattato che si limita a disciplinare i casi di possibile conflitto tra giurisdizioni;  in particolare viene sancito il diritto dell’esercizio della giurisdizione da parte del paese di appartenenza del reo quando si tratti di reato contro la proprietà o la sicurezza di detto stato o che abbia come vittima personale civile, militare e propri famigliari in servizio presso il quartier generale e connazionali del reo, analogamente è prevista riserva di giurisdizione in favore dello stato di appartenenza in caso di reati derivati da qualsiasi atto od omissione commesso nello svolgimento di attività di servizio; in tutte le altre ipotesi è impregiudicato l’esercizio della giurisdizione del paese ospitante (art. 25 del Trattato). È prevista sia la possibilità che uno stato rinunci spontaneamente all’esercizio della giurisdizione a lui riservata, sia che uno stato membro inoltri richiesta di rinuncia all’esercizio di tale diritto qualora a tale rinuncia sia attribuita particolare rilevanza.

I locali e gli edifici di EUROGENDFOR sono inviolabili e nessuna autorità di alcuno dei paesi membri può accedervi senza il consenso del comandante del quartier generale; sono ammesse istanze di accesso ma subordinate alla tutela degli interessi di EUROGENDFOR (art. 21 del Trattato), analoga inviolabilità è estesa agli archivi. Le proprietà ed i beni mobili ed immobili di EUROGENDFOR sono immuni da qualsiasi provvedimento esecutivo (art. 22 del Trattato), la corrispondenza ed i plichi in entrata o in uscita sono inaccessibili, le comunicazioni non sono intercettabili (art. 23 del Trattato).

  • Basi USA

La presenza di basi militari statunitensi sul territorio italiano trova legittimazione in quanto già indicato in linea generale per le basi NATO; in ogni caso già nei primi anni ’50 del secolo scorso il governo italiano ed il governo USA avevano concordato la possibilità di ospitare tali installazioni sottoscrivendo il 20 ottobre 1954 l’Accordo Bilaterale sulle Infrastrutture (comunemente detto BIA)[23]; negli anni ’90 entrambi i governi ritennero di procedere ad un aggiornamento delle relazioni in materia sottoscrivendo nuovo memorandum che, senza modificare o sostituire i precedenti accordi, fissava nuova disciplina sul funzionamento delle installazioni USA presenti in Italia predisponendo un modello di accordo tecnico sulla scorta del quale sarebbero stati rivisti i singoli accordi di ciascuna delle basi in questione: si tratta del Memorandum d’intesa tra Italia ed USA relativo alle installazioni/infrastrutture concesse in uso alle forze statunitensi in Italia sottoscritto a Roma il 2 febbraio 1995 (cosiddetto SHELL AGREEMENT).

In materia di riserva della giurisdizione il Memorandum richiama la normativa contenuta nel SOFA NATO, già illustrato al precedente terzo alinea del presente paragrafo cui si rinvia integralmente, piuttosto amplia leggermente -meglio delineandola- la platea dei soggetti cui è applicabile la riserva di giurisdizione con specifico riferimento al “personale civile” distinguendolo dal “personale civile locale” cui non si applica la riserva di giurisdizione[24].

Per quanto attiene alla libertà di accesso alle installazioni USA in argomento lo SHELL AGREEMENT è l’unico trattato che prevede espressamente tale piena libertà di movimento da parte delle autorità italiane; in particolare nell’art. 6 dell’Annesso A è stabilito che “l’installazione è posta sotto comando italiano … … il comandante italiano ha piena giurisdizione sul sedime e sulle infrastrutture su di esso esistenti … … ha libero accesso senza alcuna restrizione a tutte le aree dell’installazione”, il successivo art. 15 ribadisce che il comandante italiano “quale autorità garante della sovranità dello stato italiano ha accesso a tutte le aree  e le infrastrutture[25] … … analoga facoltà è concessa al personale militare italiano che assolve compiti di organo esecutivo di polizia militare (Carabinieri per le FF.AA. italiane)”.

  1. Conclusioni

La disamina svolta palesa che, pur nella reale limitazione all’esercizio della sovranità nazionale nell’ambito delle basi che l’Italia ha concesso in uso a soggetti terzi di diritto internazionale, tale limitazione è prevalentemente rivolta alla rinuncia della giurisdizione in favore del paese di appartenenza del reo; essa è stata liberamente accettata dall’Italia per favorire la collaborazione internazionale e perseguire scopi di interesse comune[26]. Il caso delle due basi in uso alle Nazioni Unite rappresenta l’unica situazione ove si applica una concreta e assoluta immunità dalla giurisdizione per i fatti riconducibili al servizio ufficiale per conto dell’ONU, inoltre è impedito il libero accesso all’interno delle installazioni da parte delle autorità italiane le quali non possono neanche svolgere inchieste sugli incidenti occorsi nei locali destinati ad uso esclusivo delle Nazioni Unite.

In tutti gli altri casi è astrattamente prevista la possibilità di rinucia alla priorità nell’esercizio della giurisdizione e la possibilità di richiedere tale rinuncia da parte del paese “ospitante”; in alcuni casi sono stati individuati rimedi ai possibili abusi circa l’applicazione delle immunità od ai possibili contenziosi in ordine alla rivendicazione della giurisdizione.

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[1] Sul punto può aver influito la classifica di segretezza apposta sugli accordi stipulati per la concessione delle basi militari in epoca di “guerra fredda”; si pensi al riguardo al BIA (Basic Infrastructure Agreement stipulato tra l’Italia e gli USA il 20 ottobre 1954 tuttora coperto da elevata classifica di segretezza citato nella relazione conclusiva della commissione parlamentare d’inchiesta sulle responsabilità relative alla tragedia del Cermis (XIII Legislatura, presentata alle camere il 8.2.2001). Al riguardo pare interessante citare, per sottolineare più la percezione che la realtà dei fatti, un articolo edito il 12.8.2022 dalla testata giornalistica “Il Faro sul Mondo” (registrata al Tribunale di Catania 11/2005 direttore responsabile Giovanni Sorbello) https://ilfarosulmondo.it/basi-usa-italia-cifre-asservimento/ il quale contava 113 basi USA (alcune delle quali indicate come NATO) presenti in Italia.

[2] Di cui al Memorandum del 23 novembre 1994 ratificato con legge n. 62 del 4.3.1997.

[3] Di cui all’accordo stipulato il 17 novembre 2003 ratificato con legge n. 114 del 3.8.2009.

[4] Le numerose basi NATO presenti in Italia -da Solbiate Olona a Trapani solo per citare gli estremi geografici- si ritiene siano legittimate dall’art. 3 del trattato dell’Atlantico del Nord (ratificato dall’Italia con legge n. 465 del 1.8.1949) che impone di prestarsi reciproca assistenza per il mantenimento e l’accrescimento della capacità militare individuale e collettiva; esse sono soggette ad una disciplina comune; inoltre sono state concesse nel tempo installazioni destinate a particolari scopi, meglio indicate nel successivo paragrafo 5., disciplinate da singoli specifici accordi.

[5] Di cui al trattato (Spagna, Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo) firmato a Velsen il 18 ottobre 2007 ratificato con legge n. 84 del 11.6.2010.

[6] Di cui Memorandum d’Intesa tra il Ministero della Difesa Italiano ed il Dipartimento della Difesa USA stipulato a Roma il 22.2.1995  (cosiddetto SHELL AGREEMENT); allo stato risultano esclusivamente presenti in Italia basi “bilaterali” statunitensi dopo la chiusura in data 14.12.2016 della base tedesca di Decimomannu.

[7] Sono certamente note ai più -per il risalto mediatico avuto- le vicende dell’atterraggio forzato ad opera dell’USAF sulla base di Sigonella il 10 ottobre 1995 del velivolo Egipt Air con a bordo i terroristi responsabili del dirottamento della nave italiana Achille Lauro e dell’uccisione di un passeggero statunitense, piuttosto che il disastro della funivia caduta il 3 febbraio 1998 presso Cermis a seguito del trancio del cavo di trazione ad opera di un velivolo USAF rischierato presso l’aeroporto di Aviano;  probabilmente meno noti risultano i vari episodi relativi a reati “minori” commessi dal personale alleato in servizio nelle varie basi risultato sottratto alla giurisdizione della magistratura italiana.

[8] Si veda al riguardo la sentenza n. 183 della Corte Costituzionale depositata il 8 novembre 1973 proprio in materia di limitazioni alla sovranità nazionale.

[9] Nel significato attribuito al termine dal glossario contenuto nel Memorandum d’intesa tra il Ministero della Difesa della Repubblica Italiana e il Dipartimento per la Difesa degli Stati Uniti d’America relativo alle installazioni concesse in uso alle forze statunitensi in Italia (firmato a Roma il 2.2.1995) che pare più idoneo a rappresentare una realtà che per semplicità espositiva continueremo a chiamare base: “il complesso dell’area e delle strutture su di esso insistenti e contenute entro limiti definiti e chiaramente individuabili”.

[10] Dossier di Natalino Ronzitti “Le basi americane in Italia” Senato della Repubblica – Servizio studi e Servizio affari internazionali XV legislatura giugno 2007.

[11] Idem come sopra.

[12] Si veda al riguardo:

  • gli artt. 11 e 19 del Memorandum d’intesa tra l’Italia e l’ONU relativo all’uso da parte delle Nazioni Unite di installazioni in Italia per sostegno alle operazioni di pace firmato a Roma il 23.11.1994;
  • l’art. 3 dell’Accordo tra gli Stati membri dell’Unione europea relativo allo statuto dei militari e del personale civile distaccati presso le istituzioni dell’Unione europea … (SOFA UE), fatto a Bruxelles il 17 novembre 2003;
  • l’art. 13 del Trattato tra Francia, Italia, Olanda Portogallo e Spagna relativa alla creazione di una forza di gendarmeria europea EUROGENDFOR firmato a Velsen il 8.10.2007.
  • l’art. 2 della Convenzione tra gli stati membri del Trattato dell’Atlantico del Nord (N.A.T.O.) sullo statuto delle loro forze armate fatto a Londra il 19.6.1951;
  • il punto 2) dell’Annesso 1 all’Accordo tra il Governo Italiano ed il Comando Supremo Alleato degli stati membri della NATO sulle particolari condizioni di installazione e funzionamento nel territorio italiano dei Quartieri Generali Militari Internazionali fatto a Parigi il 26.7.1961;
  • l’art. 1 del Memorandum d’intesa tra il Ministero della Difesa Italiano e il Dipartimento della Difesa U.S.A. relativo alle installazioni concesse in uso alle forze statunitensi in Italia fatto a Roma il 2.2.1995, nonché l’art. XV del relativo annesso A.

[13] Sul punto il memorandum fa esplicito riferimento alla Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 febbraio 1946 e ratificta dall’Italia con la legge n. 1318 del 20.12.1957; al riguardo benchè a chi scrive non constino episodi di rilevanza penale contestati al personale delle basi ONU di Brindisi e San Vito dei Normanni si ritiene opportuno citare la sentenza emessa il 24.1.2024 dal Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Roma con cui, in applicazione della predetta convenzione, si è dichiarato il non luogo a procedere per difetto di giurisdizione nei confronti dei funzionari ONU indagati per la morte dell’ambasciatore Luca ATTANASIO e del carabiniere Vittorio IACOVACCI.

[14] L’avverbio teoricamente inserito tra virgolette è una intenzionale aggiunta dell’autore del presente articolo volta a sottolineare come l’espressione contenuta nel testo dell’art. 11 primo capoverso del memorandum costituisca una mera enunciazione dei principio priva di effettivo riscontro nei fatti, atteso che è immediatamente succeduta dall’espressione: “i locali ad uso esclusivo saranno inviolabili e soggetti al controllo ed alla giurisdizione esclusivi delle Nazioni Unite”.

[15] Il Memorandum esclude espressamente da questa immunità quanti siano assegnati a “tariffa oraria”.

[16] È ovviamente consentito l’accesso con il consenso delle Nazioni Unite ma alle condizioni da esse approvate.

[17] Si fa riferimento al riguardo all’art. 202 commi 5 e 6 del C.P.P., così come modificato dalla legge 124/2007, che così recitano: “5. L’opposizione del segreto di Stato, confermata con atto motivato dal Presidente del Consiglio dei ministri, inibisce all’autorità giudiziaria l’acquisizione e l’utilizzazione, anche indiretta, delle notizie coperte dal segreto. 6. Non è, in ogni caso, precluso all’autorità giudiziaria di procedere in base a elementi autonomi e indipendenti dagli atti, documenti e cose coperti dal segreto”

[18] DPCM n. 7 del 12.6.2009 “Determinazione dell’ambito dei singoli livelli di segretezza, dei soggetti con potere di classifica, dei criteri d’individuazione delle materie oggetto di classifica nonché dei modi di accesso nei luoghi militari o definiti di interesse per la sicurezza della Repubblica”.

[19] In materia si cita la sentenza n. 161/98 del 13.7.1998 con cui il GIP del Tribunale di Trento dichiara di non doversi procedere per carenza di giurisdizione del giudice penale italiano nei confronti dell’equipaggio del velivolo USAF indagato per l’incidente del Cermis occorso mentre svolgevano servizio regolarmente comandato.

[20] Sul punto si cita la sentenza della Cassazione n. 24/82 del 23.52023 con cui è stata riconosciuta la giurisdizione italiana pur a fronte della richiesta di rinuncia inoltrata dal governo degli Stati Uniti che il governo Italiano non aveva concesso, confermando la condanna del tribuinale di Napoli nei confronti di un militare della locale Base US Navy responsabile di omicidio colposo e lesioni gravissime.

[21] Di cui ad apposito elenco stilato di comune accordo tra le parti contraenti

[22] Al riguardo si cita la sentenza n. 2878/2020 emessa il 25.62020 dal Tribunale di Napoli con la quale, in applicazione dell’art. 8 dell’” Accordo tra Italia e comandante supremo alleato in europa (SHAPE) sulle particolari condizioni di installazione e di funzionamento nel territorio italiano dei quartieri generali militari internazionali che vi sono o potranno essere installati” il giudice del lavoro escludeva la giurisdizione italiana sull’istanza del ricorrente relativamente alla legittimità del contratto di lavoro rispetto alle mansioni effettivamente svolte.

[23] Si veda la precedente nota 1.

[24] Per “personale civile locale” si intende il personale assunto dalle forze USA a contratto per i quali si applica integralmente la normativa giuslavorista italiana; il “personale civile”, di fatto assimilato agli “elementi civili”, è invece costituito da soggetti in “stretto rapporto con le forze armate statunitensi”  tra cui: dipendenti di dicasteri diversi da quello della difesa USA, personale “indispensabile” al funzionamento di alcuni servizi di supporto, rappresentanti tecnici di ditte che hanno “rapporti speciali” con le forze armate USA.

[25] Per le sole aree classificate è richiesto breve preavviso.

[26] A conclusione si riporta uno stralcio dell’intervista del 3 febbraio 2023 al magistrato in pensione dr. Carlo ANCONA che fu GIP del Tribunale di Trento all’epoca dell’incidente del Cermis il quale all’intervistatore del quotidiano Il T Quotidiano così si esprimeva: ancora adesso si parla per il Cermis di giustizia negata, lei che ne pensa? “Assolutamente no. I trattati internazionali non sono fatti per scherzare, ma vengono firmati per fare gli interessi dello Stato. Nel caso specifico il nostro interesse era quello della difesa del nostro territorio…”

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