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La determinazione della natura biologica delle tracce nelle indagini biologiche forensi

di Giulia Bartoli

In genetica forense, dall’analisi del DNA, attraverso lo studio di marcatori polimorfici denominati Short Tandem Repeats (STR), è possibile ottenere un profilo genetico volto all’identificazione di un soggetto a partire da tracce biologiche che possono essere caratterizzate da DNA, presente in quantità esigua (Low-Template DNA, LTDNA ) talvolta degradato e/o derivate da più individui (misture genetiche). Per traccia biologica si intende qualsiasi tipo di materiale contenente un fluido o tessuto biologico rinvenuto sulla scena del crimine. L’estrapolazione di un profilo genetico, fondamentale ai fini delle indagini non mette in luce tuttavia le circostanze in cui il materiale biologico è stato trasferito e queste informazioni, estremamente utili per la ricostruzione della dinamica dell’evento criminoso, possono essere fornite dall’analisi della natura biologica delle tracce.

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Le fasi di ricerca e individuazione delle tracce biologiche sulla scena del crimine e sui reperti acquisiti e analizzati in laboratorio, rappresentano il punto focale per tutti gli accertamenti svolti nei laboratori forensi, in quanto da esse dipende l’intero esito della successiva indagine tecnico-scientifica. L’analisi della natura biologica delle tracce permette di contestualizzare un profilo genetico derivante dall’analisi di una specifica traccia, al fine di ipotizzare le modalità e le circostanze in cui potrebbe essere avvenuto il deposito del materiale biologico sul reperto analizzato. Il valore di tutte queste informazioni tecniche è di grandissima importanza in quanto l’intero esito dell’indagine genetica si configura, in fase dibattimentale come fonte di prova.1 e perciò tali dati permettono di avvalorare o meno un’ipotesi investigativa nei confronti di un individuo, fornendo dati oggettivi.
Per traccia biologica si intende un fluido o un tessuto umano (sangue, saliva, liquido seminale, urina etc.) oppure un qualsiasi materiale di origine non umana (un indumento, un mozzicone di sigaretta, un bicchiere ecc) entrato in contatto con materiale biologico umano. Durante l’ispezione della scena del crimine e in laboratorio si procede con la ricerca delle tracce evidenti e delle tracce latenti (non chiaramente distinguibili ad occhio nudo) effettuando analisi di diversa tipologia, che sono in grado di rilevare la presenza di una traccia di natura biologica e di identificarne la tipologia mediante la ricerca di specifici marcatori dei principali fluidi biologici. A questo segue la caratterizzazione genetica di una traccia tramite l’analisi di tipizzazione delle regioni polimorfiche del genoma umano e, quando ottenuto un profilo genetico idoneo, in presenza di profili di confronto, si procede con l’identificazione personale del donatore di quella traccia mediante comparazione e valutazione biostatistica. Tutte le attività di ricerca e diagnosi di tracce biologiche, che hanno inizio sulla scena del crimine e proseguono poi in laboratorio, possono essere svolte mediante differenti metodologie descritte come metodi fisici e metodi chimici.
I metodi fisici per le analisi delle tracce biologiche possono essere distinti in tre principali categorie: stereoscopi, microscopi e lampade forensi. In seguito a una prima osservazione macroscopica a occhio nudo, attraverso le tecniche microscopiche, è possibile procedere all’analisi di piccole tracce di cui si presume la natura biologica. Con l’ausilio degli stereoscopi è possibile rilevare le tracce definendone le loro caratteristiche generali come forma, colore, dimensione, localizzazione. L’osservazione delle tracce mediante i microscopi con alto potere di ingrandimento permette un’osservazione diretta di elementi cellulari fluido o tessuto specifici ottenendo una diagnosi di un particolare materiale biologico con il microscopio ottico o marcando le biomolecole antigeniche di interesse con anticorpi monoclonali fluorescenti, per uno specifico antigene tissutale, attraverso l’osservazione al microscopio a fluorescenza. Secondo le raccomandazioni GeFI nelle indagini di identificazione personale (2018) l’analisi morfologica al microscopio è la metodica principalmente impiegata per la ricerca di spermatozoi ma anche come primo screening per differenziare le fibre naturali dalle sintetiche e le formazioni pilifere umane da quelle animali, selezionando così solo il materiale di interesse da sottoporre ad analisi del DNA.
Le lampade forensi (forensic light sources), sono dispositivi ottici, in grado di emettere onde elettromagnetiche nell’intervallo dell’ultravioletto (UV), del visibile (VIS) e dell’infrarosso (IR), sfruttando le caratteristiche di assorbimento e/o di fluorescenza delle tracce biologiche. Le proprietà autofluorescenti dei fluidi biologici sono dovute a specie chimiche fluorocromiche rappresentate soprattutto dalle proteine (es i gruppi funzionali laterali degli amminoacidi aromatici). Le lampade vengono utilizzate ampiamente sia sulla scena del crimine (portatili) che in laboratorio, permettendo la ricerca di materiali biologici, facilitandone l’osservazione e la registrazione fotografica delle tracce presenti allo stato latente. I materiali biologici, manifestano proprietà di fluorescenza intrinseca rilevabile con una esposizione a luce ad una o più lunghezze d’onda, collocate nell’intervallo dell’UV e del visibile. In condizioni di buio completo, irraggiando le tracce biologiche con luce a diverse lunghezze d’onda si determina un’emissione per fluorescenza rilevabile con l’impiego di speciali occhiali che fungono da filtri ottici. Il fenomeno della fluorescenza è ampiamente utilizzato per la rilevazione delle tracce biologiche come la saliva, il liquido seminale, l’urina, ad eccezione di quelle ematiche. L’utilizzo delle lampade forensi è orientativo e permette di selezionare le tracce potenzialmente utili ai fini dell’indagine, ma non consente una diagnosi certa della loro natura.
I metodi fisici rappresentano dunque un valido supporto per la di ricerca, individuazione ed esaltazione delle tracce, ma non possono essere utilizzati come strumenti per la discriminazione delle varie tipologie di tracce.
Per la determinazione della natura biologica delle tracce sono principalmente utilizzati i metodi chimici che, a seconda delle caratteristiche del test utilizzato, consentono di identificare eventuali tracce di interesse e definirne la tipologia. Per metodi chimici si intendono i test biochimici e biomolecolari distinti in test presuntivi e test confermativi. Lo scopo dei metodi chimici è quella di comprendere la natura biologica della traccia attraverso una diagnosi generica, l’origine umana (o non umana) con una diagnosi di specie e la tipologia del materiale biologico umano (diagnosi regionale). I test presuntivi, sono in grado di rilevare una o più specie chimiche (molecole o ioni metallici) tipicamente presenti nel materiale biologico preso in esame. Tali test non forniscono un risultato certo ma solo indicativo, dunque presunto poiché queste specie chimiche non sono rilevabili unicamente nel fluido biologico umano dal quale tale traccia deriva, ma potrebbero essere presenti, in concentrazioni minori, in altri tipi di fluidi biologici di natura umana, animale e vegetale ed in sostanze chimiche di natura “non biologica” (metalli, detergenti, etc.). I test presuntivi più utilizzati sono definiti test catalitici che consentono di rilevare la presenza di un marcatore biologico fluido-specifico che solitamente è il catalizzatore in reazioni ossidoriduttive. In questi test viene sfruttata la capacità di un substrato di cambiare colore, o emettere luminescenza, in presenza di un composto chimico o enzima presente nel tessuto target. Un risultato positivo del test, può essere associato alla presenza del marcatore ricercato nella traccia presa in esame ed è dato da un rapido viraggio cromatico. La mancata osservazione del viraggio, che corrisponde ad un esito negativo del test, è indicativa di un’assenza del marcatore (oppure una sua presenza al di sotto del limite di rilevazione del test). Esistono diversi test presuntivi, descritti in letteratura e forniti commercialmente, che sono disponibili per la saliva il cui target chimico-enzimatico è l’alfa-amilasi, un enzima digestivo che catalizza l’idrolisi dei legami α-1,4 glucosidici producendo zuccheri semplici, il sangue (gruppo eme dell’emoglobina) e il liquido seminale (fosfatasi acida prostatica) (Ge.Fi 2018).

I test presuntivi presentano diversi vantaggi: si effettuano in tempi molto brevi e possono essere facilmente rilevabili dall’operatore. Inoltre, non interferiscono con le successive fasi analitiche, non modificando la struttura e/o la quantità del DNA. Tuttavia questi test non presentano una grande specificità nei confronti del materiale biologico umano per cui esso viene impiegato.
I test confermativi sono specifici e affidabili e consentono una diagnosi certa di un determinato fluido biologico umano. Attualmente nei laboratori forensi vengono utilizzati test confermativi denominati test immunocromatografici che permettono di rilevare in maniera univoca la molecola target. I saggi immunologici si basano sul principio della reazione ad alta specificità ed affinità antigene-anticorpo. L’anticorpo quindi si legherà in maniera specifica all’antigene, formando un immunocomplesso visibile sottoforma di una striscia colorata. I test confermativi sono molto specifici, tuttavia questo tipo di test non è disponibile per tutte le tipologie di traccia ma solo per sangue (emoglobina, glicoforina A), saliva (alfa-amilasi isoenzima S), liquido seminale (antigene prostatico specifico, semenogelina) urina (proteina di Tamm Horsfall umana) e il sangue mestruale (dimeri-D di fibrina).
Attualmente, nei laboratori forensi, l’impiego di metodi spettroscopici e microcristallografici che, in passato, hanno rivestito un ruolo fondamentale, è andato diminuendo. Ad oggi, tutte le fasi di ricerca delle tracce biologiche sulla scena del crimine e in laboratorio sui reperti da essa acquisiti e di determinazione della natura biologica della traccia, vengono condotte principalmente utilizzando dispositivi luminosi a lunghezza d’onda variabile (luci forensi) e test presuntivi e confermativi. Fondamentale in queste fasi è la scelta che l’analista di laboratorio opera riguardo ai test da effettuare, dovendo tenere conto sia dello stato originario della traccia ed orientare le sue scelte cercando di coniugare le metodiche più idonee con il rispetto delle norme procedurali.

In alternativa ai tradizionali metodi per la diagnosi della natura della traccia, negli ultimi anni sono stati proposti approcci molecolari sperimentali, In particolare, un crescente interesse è emerso per l’RNA o acido ribonucleico, acido nucleico a filamento singolo implicato in due processi fondamentali: trascrizione e traduzione. Attraverso la trascrizione tutte le informazioni presenti nel DNA vengono trascritte in molecole di RNA messaggero (mRNA) che a seguito del processo di traduzione codificheranno per le proteine (Alberts 2015). L’analisi dell’RNA messaggero (mRNA) è stata proposta per l’identificazione dei fluidi corporei (Bauer 2007; Juusola and Ballantyne 2005; Fleming et al. 2010) e si si basa sul concetto che ogni singolo tipo di tessuto è composto da cellule che hanno un trascrittoma univoco (Ingold et al. 2020). Per trascrittoma si intende l’insieme completo dei trascritti di RNA di una cellula o tessuto, ed è importante sottolineare come, nelle cellule differenziate, le informazioni presenti nel genoma non vengono espresse tutte contemporaneamente ma è attivo uno specifico sottoinsieme di geni in ogni particolare momento dello sviluppo. Pertanto, viene prodotto un profilo di espressione genica che è unico per ogni tipo di cellula, caratterizzato da molecole di mRNA specifiche espresse dunque in maniera tessuto-specifico (Juusola and Ballantyne 2005).
Pertanto, l’analisi dell’mRNA offre l’opportunità di sviluppare saggi specifici per fluidi o tessuti ricercando geni bersaglio. Sono stati identificati numerosi marcatori per i fluidi biologici e i tessuti più rilevanti dal punto di vista forense come sangue, saliva, sperma, secrezione vaginale, sangue mestruale e pelle (Haas et al. 2011; Hanson et al. 2012; Bauer et al.2002; Hanson et al. 2013; Hass et al. 2009). I principali vantaggi dell’mRNA rispetto ai metodi convenzionali ​​sono un significativo aumento della specificità, la capacità di analizzare insieme numerosi marcatori e la possibilità di isolare simultaneamente RNA e DNA (Alvarez et al. 2004).
Con l’avvento delle nuove tecnologie di sequenziamento parallelo massivo (Massively Parallel Sequencing, MPS o Next Generation Sequencing, NGS) l’interesse della comunità scientifica verso questo tipo di approccio molecolare è cresciuto tanto da ampliare i campi di ricerca che ora includono ad esempio l’analisi dei miRNA tessuto-specifici, piccoli RNA regolatori (20-24 nucleotidi) principalmente attivi nella regolazione dell’espressione genica (Sijen 2015), lo studio delle modifiche epigenetiche a livello del DNA in cui vengono studiati in siti specifici del genoma noti come tissue-based differentially methylated regions (tDMR) per diversi fluidi corporei di interesse forense (Sijen and Harbison 2021) e marcatori microbici, basandosi sul fatto che i diversi siti del corpo possiedono comunità microbiche distintive (Fleming 2010; Sijen 2015). Sebbene promettenti e oggetto di studi di validazione inter-laboratorio, ad oggi, data la mancanza di un approccio interpretativo univoco dei dati, protocolli standardizzati e marcatori universalmente condivisi per queste nuove metodiche, secondo le attuali linee guida nazionali i risultati devono essere valutati con cautela (GeFI 2018).
La determinazione della natura biologica di una traccia fornisce un contributo essenziale per la contestualizzazione dei dati biologici, cioè l’attribuzione di una determinata traccia all’evento criminoso, favorendo la possibilità di capire modalità e circostanze in cui è avvenuto il suo rilascio. Le fasi iniziali di ricerca, individuazione e caratterizzazione delle tracce biologiche, che rappresentano attività fondamentali nelle indagini tecniche, permettono di selezionare solo i materiali biologici potenzialmente utili per le successive analisi di tipizzazione del DNA. Una volta identificata la traccia di interesse, ottenuti gli esiti dei test per la diagnosi della natura biologica, e generato un profilo genetico, l’obiettivo dell’esperto è quello di trasmettere, attraverso una valutazione e un’interpretazione oggettiva, le informazioni e le conclusioni all’Autorità Giudiziaria e alla Polizia Giudiziaria. Tutti gli elementi informativi estrapolati forniscono un contributo importante volto all’identificazione degli individui il cui materiale biologico è stato rinvenuto sulla scena del crimine e permettono di individuare le loro possibili responsabilità al fine di comprendere la dinamica dell’evento criminoso. Comprendere il contesto della traccia repertata rispetto all’evento risulta perciò indispensabile alla formulazione di realistiche ipotesi investigative fornendo dati aggiuntivi che completeranno le informazioni derivanti dall’analisi del DNA e consentendo pertanto la comprensione di quanto e come il donatore e la traccia individuata siano effettivamente correlabili all’evento.

 

BIBLIOGRAFIA
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Ingold S., Dørum G., Hanson E., Ballard D., Berti A., Gettings K.B., Giangasparo F., Kampmann M.L., Laurent F.X., Morling N., Parson W., Steffen C.R., Ulus A., van den Berge M., van der Gaag K.J., Verdoliva V., Xavier C., Ballantyne J., Haas C. Body fluid identification and assignment to donors using a targeted mRNA massively parallel sequencing approach – results of a second EUROFORGEN / EDNAP collaborative exercise. Forensic Sci Int Genet. 2020
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