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Intercettazioni, dobbiamo rassegnarci al “meno peggio”?

di Giovanni Nazzaro

In Italia si torna a parlare in maniera sistematica di intercettazioni ogni volta che si avvicendano i Governi. Quando avviene, si ha l’impressione che il precedente esecutivo non abbia lavorato abbastanza per risolvere le tante problematiche o sia intervenuto ma in modo lacunoso, lasciando spazio al nuovo per interventi correttivi o addirittura riforme, con la pretesa di poter domare una difficile materia che di fatto lascia il nostro paese ancora in balia di moltissime contraddizioni ed evidenti incongruenze pratiche ed operative. Osservando e studiando questa appassionante tematica da oltre venti anni, rileviamo che da quando le telecomunicazioni si sono sviluppate – rispetto alla classica telefonia di rete fissa – nessun governo sia mai effettivamente intervenuto in modo sistemico e complessivamente competente, lasciando gli addetti ai lavori inermi ad osservare le voragini interpretative che di volta in volta sono state create.
Se volessimo fare un paragone con la più recente tematica della cybersicurezza (che rispetto alle classiche telecomunicazioni potremmo definire come “neonata”, seppur cresca ad un ritmo molto elevato), l’impianto normativo di riferimento è più maturo e strutturato, potendo contare anche su un’Agenzia nazionale di riferimento per il coordinamento tra i vari soggetti coinvolti nella materia e con una propria struttura con personale formato allo scopo. Al contrario, le intercettazioni hanno da una parte un sistema di autorizzazione delle attività ed utilizzo dei risultati invidiabile a livello internazionale ma, ad esclusione delle misure preposte al trattamento dei dati, nessun riferimento tecnico, nessuna indicazione sulle modalità di implementazione delle attività, nessun controllo e verifica delle misure applicate, sia a livello di operatori di telecomunicazioni per le c.d. prestazioni obbligatorie, sia a livello di società terze ingaggiate per il noleggio delle apparecchiature riceventi relativamente alle c.d. prestazioni funzionali. Senza dimenticare la mancata regolamentazione tecnica del funzionamento intrinseco dell’archivio riservato e delle modalità di acquisizione dei risultati delle intercettazioni, il cui mantenimento e i continui interventi correttivi espongono il Ministero di giustizia ad una spesa tutt’altro che trascurabile.

Alla base di questa diversa crescita dell’impianto normativo di riferimento tra i due ambiti ci sono tante motivazioni, tra cui quella di attingere alle professionalità del settore, di ricorrere al confronto costruttivo, totalmente mancante nell’ambito delle intercettazioni. Facciamo qualche esempio. Nel 2006 la Commissione Giustizia del Senato della Repubblica deliberò una indagine conoscitiva sulle intercettazioni telefoniche, che furono appellate come “fenomeno”. Tale termine, che sembrava propendere ad un misto tra ammirazione, preoccupazione e volontà di esaminarne i lati “scientifici” della materia, in realtà fu utilizzato politicamente come valvola di sfogo per la pressione creata dal dibattito suscitato sul tema a tutti i livelli all’inizio della 15a legislatura. Furono auditi molti esperti e soprattutto il Garante della privacy, unico soggetto che intervenne concretamente in quegli anni, e nei successivi, fornendo una serie di prescrizioni che valgono tuttora come riferimento. L’esito di quell’indagine, che durò circa 5 mesi, è rimasto di fatto un elenco di buoni propositi in parte affrontati solo teoricamente negli anni successivi.

In modo del tutto identico, lo scorso 20 dicembre 2022, poco dopo l’inizio della 19a legislatura, la Commissione Giustizia ha approvato una proposta di indagine conoscitiva sul “tema” delle intercettazioni nella quale, a differenza della volta precedente, non sono state rievocate come “fenomeno”, segno di una evoluzione quanto meno nella forma. Si attende, infatti, un esito del tutto simile, considerando anche l’intermezzo trascorso tra le due indagini rappresentato nel 2021 dall’audizione di esperti, tra cui le due associazioni di categoria ASLI – ILIIA e la Lawful Interception Academy, per un confronto sulla bozza di decreto relativo alle prestazioni funzionali delle intercettazioni. L’esito di quelle audizioni non è stato trasposto nella bozza in discussione. Anzi, al contrario, il testo approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 15 dicembre 2022, oltre a non contenere alcuna proposta presentata, riserva una serie di indicazioni molto critiche ed inapplicabili sia sotto il profilo privacy che tecnico, attribuendo alle prestazioni funzionali requisiti che in realtà si applicano alle sole prestazioni obbligatorie.
Anche l’obiettivo di questa seconda indagine sembra essere la necessità di dare spazio al dibattito innescato dal Ministro della giustizia che a settembre 2022, ancor prima della sua nomina, ad un evento a Mestre ha dichiarato che “Per uscire dalla crisi si può risparmiare anche su tutti gli sprechi che ci sono nel mondo della giustizia, a cominciare dalle intercettazioni telefoniche ambientali che costano 200 milioni di euro l’anno, con i quali si potrebbero assumere segretari e cancellieri per accelerare il corso dei processi”. Il Guardasigilli ha illustrato le sue linee programmatiche il 6 dicembre 2022 a palazzo Madama ed il giorno seguente si è presentato alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati. Il 20 dicembre è intervenuto nuovamente in commissione Giustizia al Senato, per continuare a rispondere alle domande dei senatori. In tali occasioni le intercettazioni sono state definite come strumenti di delegittimazione personale nel caso in cui vengano pubblicate dai giornali, magari sapientemente e non in modo alterato, affinché ne sia data una interpretazione ingannevole.
Oltre a questo, nell’attuale legge di bilancio per l’anno finanziario 2023, è stato introdotto il nuovo art. 4-bis alla legge n. 155 del 31 luglio 2005 relativo a disposizioni in materia di intercettazioni preventive dei servizi di informazione per la sicurezza nazionale. Il nuovo articolo prevede che Il Presidente del Consiglio dei ministri possa delegare i direttori dei servizi di informazione per la sicurezza a richiedere l’autorizzazione per intercettazione di comunicazioni o conversazioni tra presenti, anche se queste avvengono nei luoghi indicati dall’articolo 614 del codice penale, ovvero nell’abitazione altrui o in un altro luogo di “privata dimora” o nelle appartenenze di essi, quando siano ritenute indispensabili per l’espletamento delle attività loro demandate. L’autorizzazione è richiesta al procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma. Gli elementi acquisiti attraverso le attività per lo sviluppo della ricerca informativa non possono essere utilizzati nel procedimento penale. Infine, le spese relative a queste attività sono adesso imputate “totalmente” all’apposito programma di spesa iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, non più parzialmente anche in quello del Ministero di giustizia.

Il vicepresidente del Copasir durante la scorsa legislatura ha ricordato sul tema che la Commissione europea ha messo in mora l’Italia per non aver ottemperato ad una direttiva del 2011, che assimila i contratti per le intercettazioni a transazioni commerciali e che come tali andrebbero quindi sottoposti a un controllo da parte della Corte dei Conti. Nella relazione trasmessa alle Camere lo scorso 19 agosto 2022 sull’attività svolta dal Copasir, “appare ancora eccessivamente esiguo il numero delle Procure della Repubblica che sottopongono alla preposta Sezione della Corte dei conti i contratti relativi alla fornitura di sistemi di intercettazione”. La ragione è nel contrasto giurisprudenziale tra la Corte di Cassazione, che ha inteso il costo dell’attività di intercettazione come spesa di giustizia, con la conseguenza che l’affidamento di tale attività non soggiace all’obbligo di controllo da parte sua, ed il Consiglio di Stato, che è orientato nel qualificare gli affidamenti dei servizi di intercettazioni telefoniche e ambientali, da parte delle procure, come contratti secretati sulla falsa riga di quanto avviene negli altri Paesi europei. Sul punto la relazione ricorda che “lo stesso Ministro, in sede di audizione, aveva assunto specifici impegni volti a dirimere il richiamato contrasto giurisprudenziale”. Nella precedente relazione del Copasir viene richiamato l’ex ministro Cartabia che aveva sospeso anche il decreto sulle prestazioni funzionali, perché “armonizzare le tariffe è un elemento problematico nell’interlocuzione con le Procure; il tariffario proposto è stato considerato troppo rigido”. L’allegato al decreto pubblicato il 15 dicembre rappresenta proprio tale tariffario, ad esempio stabilisce quanto costa affittare un apparato che riceve le intercettazioni effettuate dagli operatori telefonici, ed ha allineato i costi per l’intero paese. Oggettivamente il tariffario non è propriamente corretto per le descrizioni in esso contenute per singola voce e questo pone l’attenzione nuovamente sulle competenze tecniche di chi abbia scritto il testo, ma per silenzio-assenso al momento sembra accontentare tutti, politici, uffici giudiziari ed aziende private.
Le repliche alle attività di Governo non si sono fatte attendere. Il senatore Scarpinato ha precisato, come riportato da Antimafia Duemila, che le intercettazioni della magistratura sono frutto di un rigoroso iter di controllo: “la richiesta viene formulata dal pm; devono essere rilasciate da parte di un giudice; possono essere dichiarate nulle dalla Corte di Cassazione”. Per le intercettazioni dei servizi, invece, “nulla di tutto ciò è previsto”, ponendo l’attenzione sul vero problema, peraltro richiamato dall’attuale Guardasigilli, che è “la conoscibilità da parte dell’opinione pubblica di attività di corruzione che emerge grazie alle intercettazioni giudiziarie, mentre invece se queste corruzioni emergono in intercettazioni dei servizi segreti restano segrete e non conosciute”. Il procuratore Gaetano Paci, nella puntata del settimanale Decoder su Telereggio, ha commentato che bisognerebbe pensare di esportare il nostro sistema delle intercettazioni, che è estremamente garantista, perché è governato dal giudice che valuta tutte le richieste del pubblico ministero. Il magistrato Nino Di Matteo ha ricordato che grazie alle intercettazioni “fu possibile individuare responsabili e moventi delle stragi”. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, ha confermato che “le intercettazioni sono uno strumento importantissimo soprattutto nel contrasto alla criminalità mafiosa e terroristica”. Anche l’ex sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha contestato la volontà di voler ridimensionare le intercettazioni, descrivendole come “uno dei principali mezzi di ricerca della prova determinante per individuare associazioni mafiose, trafficanti di droga, corrotti e corruttori, pedofili e responsabili dei più gravi crimini”.

Il 20 dicembre 2022 il direttore del Il Foglio, durante la trasmissione “Porta a Porta”, ha posto una domanda al Ministro della giustizia: “le intercettazioni preventive non valgono nei processi, non sono menzionabili in atti, quindi restano segrete, noi, però, dobbiamo fidarci della buona fede di chi le fa. Non pensa che ci sia il rischio di creare un serbatoio di ricatti e anche eventualmente rafforzare i poteri della polizia a discapito di quelli del pubblico ministero?“. Così il Ministro: “le rispondo che il buono è nemico del meglio. E comunque il meno peggio è meglio del peggio“. Quindi dobbiamo rassegnarci sempre al meno peggio?

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