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Il ristoro dei costi sostenuti per la fornitura delle prestazioni obbligatorie ex art. 96 D.lgs 259/2003

di Ciro Candelmo e Nicola Lanzimando

L’intervento vuole fare il punto sui principi, sulle norme, sulle consuetudini e sulla situazione prospettica circa gli oneri derivanti dall’obbligo, in capo ai soggetti che dispongono di reti pubbliche o che forniscono servizi di comunicazione elettronica (ex art. 96 d.lgs. 259/2003), di dotarsi degli strumenti e delle risorse necessarie a consentire le indagini richieste dall’Autorità Giudiziaria, nonché dei relativi costi sostenuti che, in parte, sono rimborsati.

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1. Introduzione

L’intercettazione delle telecomunicazioni nasce con lo stesso servizio di telefonia. In Italia la prima menzione alle intercettazioni telefoniche comparve nel codice Rocco del 1930 ove, però, nella dizione originaria non era presente alcuna specifica indicazione relativa al tema. L’originario art. 339 c.p.p. recitava “il giudice può accedere agli uffici o impianti telefonici di pubblico servizio e trasmettere, intercettare o impedire comunicazioni, assumerne cognizione. Può anche delegare un ufficiale di polizia giudiziaria“, le cui funzioni erano previste dall’art.226 comma 3.
Di fatto veniva introdotto nell’attività delle indagini giudiziarie uno strumento di intelligence senza però fornire alcuna garanzia sul suo uso. L’operatore telefonico non aveva alcun ruolo nell’attivazione né nello svolgimento dell’intercettazione, operazioni queste che erano condotte dalla Polizia Giudiziaria o dal Giudice, il più delle volte presso il permutatore telefonico al quale erano attestati i “fili” della linea da intercettare.

Ad imporre una prima revisione della materia fu, prima di tutto, l’entrata in vigore della Costituzione, che ha previsto il diritto alla libertà ed alla segretezza delle comunicazioni, suscettibile di essere limitato solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge (art.15 commi 1 e 2 Cost.).
La spinta per un maggiore garantismo nell’utilizzo di questa fonte di prova dovuta ai gravi fatti dei primi anni ’70 (v. sentenza 6 aprile 1973, n.34 della Corte Costituzionale) introdusse prima un irrigidimento in termini di utilizzabilità delle conversazioni intercettate, (v. C. cost. 6 aprile 1974 n.34, in Giur. cost., 1974, p.316, orientamento poi modificato dal l’attuale art.270 c.p.p. al comma 1), poi introdusse nel codice di procedura penale l’art. 268 che, al comma 3, impone, salvo le deroghe previste, che le operazioni siano compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella Procura della Repubblica. Agli inizi degli anni ’80 emerse così la necessità di prolungare il collegamento della linea intercettata dal permutatore dell’operatore fino ai locali della Procura. Ciò richiese di stabilire un rapporto di collaborazione con l’operatore telefonico (unico all’epoca) che installava e forniva il collegamento per il tempo strettamente necessario alle attività intercettative. Il rapporto aveva natura convenzionale, stipulato tra l’operatore e il Ministero della Giustizia e rimase in vigore fino a metà degli anni ’90: per ciascuna attività di intercettazione la Procura che l’aveva disposta corrispondeva all’operatore un importo proporzionale alla durata delle operazioni ed alla distanza tra l’utenza intercettata e i locali della Procura.

Tutto ciò funzionò senza problemi finché le comunicazioni dell’utenza intercettata transitavano su filo. Le nuove tecnologie e, in particolare, la diffusione della telefonia mobile (a cavallo del 1990) resero inefficaci gli strumenti tecnici fino a quel momento impiegati e dimostrarono la necessità di ottenere maggiore collaborazione da parte degli operatori telefonici. Trascorsero però ancora molti anni prima che la questione venisse affrontata in modo organico. Nel 1995 l’importanza delle indagini nelle telecomunicazioni, comprendendo in questa definizione intercettazioni, tabulati, ecc., venne riconosciuta anche a livello comunitario ove il Consiglio d’Europa adotto una risoluzione(1) volta ad assicurare idonee soluzioni tecniche e regolamentari. Nel 1997 la liberalizzazione del mercato europeo delle telecomunicazioni e il suo recepimento in Italia(2) hanno consentito, per la prima volta nella storia italiana, di riconoscere la necessità della collaborazione tra “organismi di telecomunicazioni” e autorità giudiziaria e il suo corrispettivo economico.

L’art.7 comma 13 del DPR 318/97 costituisce la pietra miliare nel nuovo rapporto, poiché prevedeva che le prestazioni effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie fossero obbligatorie, e che fossero remunerate secondo un listino, redatto per tipologie e fasce quantitative di servizi, proposto dall’organismo di telecomunicazioni ed approvato dal Ministero delle comunicazioni di concerto con il Ministero di grazia e giustizia. Sempre nel 1997 questo ha dato impulso all’istituzione del Gruppo di Lavoro Interministeriale sulla Sicurezza delle Reti e la Tutela delle Comunicazioni(3) che, diventato operativo nel 1999, ha svolto uno studio approfondito sulle tipologie e fasce quantitative dei servizi richiesti dall’autorità giudiziaria a seguito del quale nel 2001 è stato pubblicato il decreto(4) relativo al “Listino”.

2. Il Listino delle Prestazioni Obbligatorie

Il valore del Listino è stato quello di riconoscere il legame tra le diverse tipologie di servizi offerti dagli operatori e le diverse tipologie e quantità di servizi richiesti a supporto delle indagini, individuare le analogie tra operatori dello stesso tipo e individuare una tariffa basata sui costi condivisibile da tutti gli operatori. La ratio del Listino è stata quella di rimborsare agli operatori i soli costi sorgenti dalle prestazioni richieste in base alle legittime aspettative entro tre periodi storici individuati:

Lawful Interception per gli Operatori di Tlc
  • fino al 31/12/2001 il Listino ha rimborsato individualmente, dei costi sostenuti da ciascun operatore, sia gli ammortamenti degli impianti indispensabili all’erogazione delle prestazioni obbligatorie, sia i costi di esercizio, in mancanza di preventive disposizioni istituzionali in base al modello operativo adottato da ciascun operatore, anche se poco efficiente, sotto forma di tariffa giornaliera a bersaglio;
  • tra il 1/1/2002 e il 31/12/2004, atteso che ogni operatore vecchio o nuovo avrebbe avuto modo di conoscere le raccomandazioni anche organizzative del GdL, il Listino ha rimborsato, dei costi sostenuti da ogni operatore, sia gli ammortamenti degli impianti indispensabili all’erogazione delle prestazioni obbligatorie, sia i costi di esercizio in base però al modello ottimale (quello di maggior efficienza e minor costo) individuato dallo studio effettuato sotto forma di tariffa giornaliera a bersaglio;
  • a partire dal 1/1/2005, atteso che ogni operatore vecchio o nuovo sarebbe stato a conoscenza delle condizioni e ciò non avrebbe causato turbativa del mercato delle telecomunicazioni, il Listino ha rimborsato i soli costi operativi in base al modello ottimale (quello di maggior efficienza e minor costo) individuato dallo studio effettuato sotto forma di tariffa giornaliera a bersaglio.

Si noti che l’esigenza di disporre di una tariffa a bersaglio è dovuta alla necessità dell’ufficio giudiziario che autorizza l’attività di intercettazione, di “ripetere” la spesa sull’indagato (in buona sostanza, di chiedergliene il rimborso). Come correttamente osservato dagli esperti incaricati di determinare la tariffa, tale fatturazione analitica comporta costi di esercizio (presso l’operatore e presso gli uffici giudiziari) ben superiori alla determinazione di un canone annuo forfettario.

Il Listino nacque grazie alla definizione delle caratteristiche delle Prestazioni Obbligatorie, raccolte in un documento definito il “Repertorio”, che avrebbe dovuto aiutare gli operatori per comprendere come adeguare le prestazioni alle aspettative dell’Autorità Giudiziaria e dimensionare i propri impianti senza carenze né sprechi. Il Repertorio fu discusso all’interno del GdL insieme agli operatori ma non venne mai pubblicato lasciando il Listino privo di una parte significativa. La mancata pubblicazione del Repertorio e di adeguate circolari attuative del Listino del 2001 hanno lasciato spazio ad una elevata discrezionalità da parte degli Uffici Giudiziari che richiedono le prestazioni obbligatorie e che poi debbono liquidarne il corrispettivo.

3. Modalità di ristoro dei costi

Tutti gli operatori attribuiscono la massima priorità all’espletamento delle richieste e può succedere che la richiesta di pagamento avvenga anche a distanza di alcuni mesi dal completamento della fornitura. A causa di ciò alcune Procure, anche tra le maggiori, si sono opposte alla liquidazione ritenendo che la richiesta di pagamento avrebbe dovuto avvenire entro 100 giorni dal completamento della prestazione, ritenendo di individuare tale termine di prescrizione nel Testo Unico delle Spese di Giustizia(5). Tale interpretazione non appare convincente. Da una più attenta lettura del Testo Unico, difatti, il corrispettivo delle prestazioni obbligatorie costituisce “Spesa straordinaria” e rimane perciò escluso dalla decadenza oltre 100 giorni prevista all’art. 71 del T.U. stabilita solo in relazione agli emolumenti per i testimoni, ausiliari del magistrato e aventi titolo alle trasferte.
L’assenza di un corpus normativo dedicato e completo che descriva sia le caratteristiche che le tariffe delle prestazioni obbligatorie è stata individuata dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche(6) del 2003 che, all’art.96, prevede l’emanazione di un apposito repertorio nel quale vengono stabiliti le modalità ed i tempi di effettuazione delle prestazioni stesse, gli obblighi specifici, nonché il ristoro dei costi sostenuti.

I punti chiave sono l’obbligatorietà delle prestazioni, la determinazione delle caratteristiche mediante il Repertorio e il riconoscimento del ristoro dei costi.
Circa la modalità per il ristoro dei costi derivanti dalla fornitura delle prestazioni obbligatorie, la Legge Finanziaria per il 2005(7) istituì, almeno nelle intenzioni, una disciplina nuova, non più sotto forma di una tariffa per ciascun bersaglio bensì sotto l’auspicata forma di canone annuo forfettario commisurato alla quantità complessiva delle prestazioni erogate da determinarsi con decreto di concerto tra i Ministri della Giustizia, dell’Economia e delle Comunicazioni (ora Sviluppo Economico). Purtroppo, nonostante l’entrata in vigore della predetta legge finanziaria abbia già inserito le necessarie modifiche al Testo Unico delle Spese di Giustizia e al Codice delle Comunicazioni Elettroniche (queste ultime poi ulteriormente modificate), ad oggi il canone annuo non è ancora stato istituito.

4. Gratuità dei tabulati di traffico storico

Nel frattempo, la questione relativa alla fornitura dei tabulati ha assunto dimensione europea: l’esigenza di contemperare le esigenze di sicurezza con la tutela della privacy ha elaborato la direttiva comunitaria 2006/24/CE(8) che individua le tipologia dei dati di cui deve essere assicurata la conservazione e il periodo massimo e minimo di conservazione. In Italia la direttiva 2006/24/CE venne implementata nel luglio 2008 con alcune modifiche(9) mediante il D.Lgs. 109/2008 che prevede la conservazione dei dati di traffico telefonico per 24 mesi e dei dati di traffico Internet per 12 mesi, il massimo previsto dalla direttiva. Tra le novità introdotte dal D.Lgs. 109/2008 vi è l’obbligo di conservazione dei dati relativi alle chiamate non risposte, agli accessi alla rete Internet, previsioni assenti nel Listino del 2001 ma sempre possibili ai sensi dell’art. 96 comma 1 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche in quanto in capo a soggetti necessariamente in possesso di autorizzazione generale e l’obbligo di conservazione dei dati relativi alla posta elettronica, previsione questa a carico di soggetti per i quali non è prevista autorizzazione generale e quindi esclusi dal campo di applicazione del Codice delle Comunicazioni Elettroniche analogamente ad ogni fornitore di contenuti e/o servizi di comunicazione su Internet.

Alla fine del 2009, la Legge Finanziaria per il 2010(10) introduce la gratuità dei tabulati telefonici aggiungendo all’art.96 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche “[…] il rilascio di informazioni relative al traffico telefonico è effettuato in forma gratuita […]” e il successivo 30 marzo 2010 il Ministero della Giustizia, con apposita circolare(11), precisa i termini della gratuità: “il tabulato è gratuito se la consegna dello stesso avviene dopo il 1/1/2010 anche se è stato richiesto prima del 1/1/2010 e la complessità dell’estrazione ha richiesto mesi di lavoro da parte dell’operatore […]”. Più verosimilmente a causa della gratuità della prestazione che non di un improvviso incremento nelle esigenze investigative, di fatto la quantità di tabulati richiesti a partire dall’anno 2010 è stato nettamente superiore alle quantità richieste negli anni precedenti, con un conseguente notevolissimo incremento dell’impegno degli operatori.
Mentre questo accadeva in Italia, la Commissione Europea si è occupata di come è stata implementata nella legge nazionale di ogni stato membro chiedendo a ciascuno informazioni di carattere generale sui reati che prevedono la possibilità di acquisire dei tabulati telefonici o Internet, sul periodo massimo di conservazione, sulle misure per limitare e tutelare l’accesso ai dati e informazioni di carattere statistico sulla quantità complessiva di tabulati richiesti e la quantità in base all’ampiezza del periodo temporale nonché, in ultimo, sul ristoro dei costi subiti dagli operatori. Sulla scorta delle informazioni raccolte dagli stati membri la Commissione Europea il 18 aprile 2011 pubblica la propria relazione(12) indicando i dati forniti e fornendo le proprie osservazioni.

La prima cosa che si nota è che, nonostante gli operatori italiani abbiamo raccolto e trasmesso al Ministero della Giustizia dettagliate informazioni sulle quantità di tabulati forniti alle Autorità Giudiziarie, nulla di tutto ciò è stato fornito alla Commissione.
La seconda e più rilevante osservazione riguarda l’affermazione della Commissione al punto 6.2 della relazione secondo cui “Tutti gli Stati membri garantiscono una forma di rimborso se i dati sono richiesti nel contesto di un procedimento giudiziario penale. […]”. Nelle sue conclusioni la Commissione al punto 8.4 della sua relazione afferma: i costi sostenuti dagli operatori dovrebbero essere rimborsati in modo uniforme. Continua a sussistere una mancanza di certezza del diritto per il settore. L’obbligo di conservare ed estrarre i dati rappresenta un costo considerevole per gli operatori, soprattutto quelli di piccole dimensioni. Gli operatori ricevono inoltre un trattamento diverso nei vari Stati membri, anche per quanto riguarda il rimborso delle spese.

In buona sostanza ciò che emerge dalla lettura della relazione è che:

  • 17 paesi membri (tra cui non figura l’Italia) nel corso del 2008 hanno complessivamente fornito 1.392.281 tabulati;
  • 14 paesi membri (tra cui non figura l’Italia) nel corso del 2009 hanno complessivamente fornito 2.051.085 tabulati;
  • la Commissione riconosce che gli operatori dovrebbero essere rimborsati in modo uniforme;
  • tutti i paesi membri che hanno fornito elementi conoscitivi garantiscono una forma di rimborso se i dati sono richiesti nel contesto di un procedimento giudiziario penale;
  • relativamente all’Italia non figurano né i dati sulle quantità dei tabulati forniti, né notizie relative alla gratuità della prestazione (in vigore già 14 mesi prima della pubblicazione della relazione della Commissione).

Alla luce dei dati esposti nella relazione della Commissione Europea la gratuità della fornitura dei tabulati del traffico, imposta dalla Legge Finanziaria per il 2010, appare una nota stonata per gli ingenti costi lasciati a carico degli operatori italiani, per le quantità dei tabulati forniti all’autorità giudiziaria dagli operatori italiani al confronto con le quantità fornite nel resto d’Europa e per l’impatto che ciò potrebbe avere sulla competitività dell’industria italiana delle telecomunicazioni quando, tra breve, venendo meno le barriere dovute alle tariffe di roaming, gli utenti italiani potranno, ad esempio, liberamente acquistare, senza nemmeno fornire dati anagrafici, SIM da un altro operatore europeo (unico a poter documentare il traffico Over-The-Top(13)) ed utilizzarle in Italia alla tariffa in vigore in quel paese europeo.

Contemporaneamente l’evoluzione tecnologica dei servizi offerti all’utenza rende inderogabile una profonda rivisitazione dei rapporti con le infrastrutture tecniche dell’Autorità Giudiziaria richiedendo, ad es., una efficiente e capiente interconnessione tra operatore e centri di ascolto, idonea a trasferire ai punti di ascolto le comunicazioni intercettate da utenze a larga banda. ©

NOTE

  1. Risoluzione del Consiglio del 17 gennaio 1995 sull’intercettazione legale delle telecomunicazioni – Gazzetta ufficiale n. C 329 del 04/11/1996 pag. 0001 – 0006
  2. D.P.R. 318/97 – Regolamento per l’attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni
  3. Oggi sostituito dall’Osservatorio sulla Sicurezza delle Reti e la Tutela delle Comunicazioni
  4. Decreto 26 aprile 2001 – Approvazione del listino relativo alle prestazioni obbligatorie per gli organismi di telecomunicazioni
  5. Testo unico in materia di spese di giustizia – D.P.R. , testo coordinato 30.05.2002 n° 115
  6. Il D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259, “Codice delle Comunicazioni Elettroniche” nel corso del tempo ha subito numerose modifiche, l’ultima delle quali con il Decreto “Crescita”.
  7. Vedi art.1 commi 326-330 della Legge finanziaria 2005 – Legge 30 dicembre 2004, n. 311
  8. Direttiva 2006/24/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006
  9. Ad es. l’accesso ai dati di traffico al fine di perseguire qualunque titolo di reato e non solo i “serious crimes” e la previsione di univoca assegnazione dell’indirizzo del protocollo IP, inesistente nella direttiva.
  10. Vedi art.1 comma 211 della Legge finanziaria 2010 – legge n. 191/09
  11. Circolare 30 marzo 2010 – Articolo 2, comma 211, legge finanziaria per l’anno 2010 (legge n. 191/09) sulle spese di giustizia per l’intercettazione di conversazioni e comunicazioni
  12. Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo – Valutazione dell’applicazione della direttiva sulla conservazione dei dati (direttiva 2006/24/CE)
  13. I servizi OTT sono i servizi ai quali la rete fornisce solo il trasporto, ad es. VoIP, Blackberry, messaggistica su IP ecc. Tali servizi, offerti dall’operatore che ha venduto la SIM o anche da terze parti, non possono essere documentati dall’operatore della rete di accesso visitata. ◊

 

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