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Il nuovo articolo 434 bis del codice penale: un cattivo esempio di diritto penale simbolico

di Gianluca Ruggiero

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Fra le novità introdotte dal decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162 vi è, al comma 5, il nuovo art. 434 bis del codice penale (Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica), il quale, presenta un precetto misto fra il periodo ipotetico che descrive la condotta e una norma definitoria. A’ sensi della norma, infatti, «l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica». La criminalizzazione del rave party così come risulta dalla novella, desta qualche perplessità, sia per la scarsa tecnica legislativa, sia per la carenza di contenuti e del sostrato empirico-criminologica sul quale dovrebbe reggersi.La mente corre all’art. 20 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773 che consente di sciogliere riunioni o di assembramenti in luogo pubblico o aperto al pubblico, qualora avvengono manifestazioni o grida sediziose o lesive del prestigio dell’autorità, o che comunque possano mettere in pericolo l’ordine pubblico o la sicurezza dei cittadini, ovvero quando nelle riunioni o negli assembramenti predetti sono commessi delitti.

Già a livello concettuale la sediziosità dell’art. 20 TULPS, diretta a fomentare o promuovere un’aperta rivolta contro i poteri costituiti, risulta molto più precisa, se ricollegata al pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza dei cittadini, rispetto al nuovo art. 434 bis c.p., solo che, a differenza di quest’ultima, è una norma di carattere amministrativo che facoltizza l’uso della forza pubblica per lo scioglimento e che prevede una modesta pena per coloro che si rifiutano di obbedire all’ordine di disciogliere l’adunata: l’arresto da un mese a un anno e l’ammenda. La nuova figura delittuosa prevede la pena della reclusione da tre a sei anni ridotta fino ad un terzo per chi semplicemente partecipa all’invasione (mentre per gli organizzatori e per i promotori tale abbattimento di pena non avviene) se dal fatto può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica, di gran lunga più elevata e che consente di svolgere tutta una serie di penetranti indagini, come le intercettazioni telefoniche, solo però nei confronti degli organizzatori e dei promotori.

La singolarità dell’art. 434 bis c.p. sta nel fatto che gli eventi di pericolo richiamati sono, indistintamente, l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica o la salute pubblica, macro-eventi che richiamano l’intestazione dei relativi titoli, senza che si specifichi in che cosa consistano. Breve. Il “pericolo” richiamato dall’art. 434 bis dovrebbe derivare da un’invasione arbitraria di terreni altrui mentre l’organizzare una manifestazione con più di cinquanta persone su un’area privata non comporta, solo perché l’invasione arbitraria non è, alcun pericolo, concreto o presunto, per i beni giuridici protetti.

Delle due l’una. O l’interesse tutelato è la protezione della proprietà pubblica o privata da invasioni arbitrarie e allora la collocazione della norma è completamente erronea, oppure si tratta della creazione di una fattispecie priva della possibilità di verificarsi perché i macro-eventi da essa evocati non hanno alcun collegamento con la condotta descritta e che assume valore solo se arbitraria.

Migliore sorte non tocca al dolo specifico «allo scopo di organizzare un raduno», volontà finalizzata a realizzare uno scopo lecito. Rispetto all’associazione per delinquere (delitto contro l’ordine pubblico) i piani sono rovesciati: qui la libertà fondamentale di associazione cede il passo al reato perché il dolo che anima l’aggregarsi è il fine di commettere più delitti, mentre nel primo l’intenzione è tesa alla realizzazione di un risultato consentito dall’ordinamento la cui nota di illiceità è costituita dall’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui pubblici o privati. Ne derivano conclusioni paradossali sotto il profilo sistematico: il delitto di invasione di terreni o edifici di cui all’art. 633 c.p. è punito, qualunque sia il numero di partecipanti con la pena alternativa della multa o della reclusione, che diventa congiunta nell’ipotesi in cui il fatto sia commesso da più di cinque persone di cui una almeno palesemente armata, ovvero da più di dieci persone, anche senz’armi, qualora sia commesso con il fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto (scopo illecito). Il delitto di cui all’art. 434 bis c.p. è punito con la reclusione fino a sei anni se l’invasione arbitraria è compiuta al fine di organizzare un raduno (lecito).

Non bisogna spendere ulteriori parole per dimostrare che la norma è gravemente carente di una base fattuale che ne rende impossibile la verificabilità empirica, per cui darà luogo ad una serie di assoluzioni per carenza dell’elemento oggettivo del reato. D’altra parte si palesa come l’ennesima espressione di un diritto penale simbolico, fatuo, consistente in norme scritte apposta per non essere applicate.

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