Con queste brevi ma sentite parole nate dal profondo dell’intimo, desidero rendere il legittimo onore al Brigadiere Capo dell’Arma dei Carabinieri Carlo Legrottaglie che il 12 giugno 2025 ( a Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi), è caduto nell’adempimento del proprio servizio. Non un nome qualunque, ma un volto simbolo di dedizione, onore e altissimo senso del dovere: assassinato mentre inseguiva due rapinatori. Ventitré giorni soltanto lo separavano dalla pensione. Invece di aspettare il congedo, ha scelto – com’era solito fare – di servire. E lo ha fatto fino all’ultimo respiro.
La sua morte è un dolore intenso, ma anche una testimonianza luminosa. In lui si intrecciano i grandi cardini etici delle forze dell’ordine, attraverso il prisma di: giustizia, agire silente, fede e sacrificio; parole che oggi, nella confusione morale del nostro tempo, spesso risultano svuotate, ma che in Carlo ritrovano piena dignità e forza.
La giustizia era per lui una missione, non una semplice funzione. Un impegno quotidiano, mai scontato. Anche a un passo dalla pensione, non ha mai esitato a rispondere alla chiamata. Il dovere era la sua direzione, non un peso. Un senso interiore che non si insegna, ma si ha dentro.
Come altre vittime del dovere, ha dimostrato che il vero eroismo non si esprime solo nell’azione tacita, ma anche nella dedizione e quotidianità al servizio degli altri. Sicuramente rimarrà impresso nella memoria collettiva come esempio di coraggio, lealtà e amore per la Patria. Il suo immolarsi richiama l’attenzione sulle vittime di tutte le forze dell’ordine ed evidenzia il costante rischio che gli operatori di polizia affrontano quotidianamente, nel loro impegno per la sicurezza Pubblica.
La fede, quella profonda, vissuta e quieta, guidava ogni gesto. La sua figura si riflette nei valori cristiani del sacrificio e della protezione del prossimo, incarnando la spiritualità della “Virgo Fidelis”, Patrona dei Carabinieri. Non serve predicare, quando si agisce con tale coerenza.
E infine, il sacrificio. Quello vero. Non quello urlato in televisione o simulato sui social. Ma quello che si consuma in silenzio, nel momento in cui si sceglie di mettere la vita degli altri davanti alla propria.
Carlo Legrottaglie era anche marito, padre di due giovani figlie, cittadino tra i cittadini. E la sua morte non è solo la perdita di un servitore dello Stato, ma una frattura nella memoria collettiva. Perché dimenticarlo significa accettare che chi ci protegge possa morire invano, e nel silenzio.
La sua immolazione ci obbliga a una riflessione amara, ma necessaria: chi garantisce la nostra sicurezza vive costantemente sotto minaccia, ma spesso anche sotto giudizio, persino quando agisce per proteggerci. Eppure, sono proprio questi uomini e donne – in uniforme, sotto il sole o nella notte, in strada o nelle caserme – a rendere possibile quotidianamente la nostra libertà.
Carlo Legrottaglie non è un caso. È l’ennesimo simbolo. Un esempio di impegno civile, amore per la patria, fedeltà ai valori più profondi. Le future generazioni dovrebbero conoscerlo, riconoscerlo e ricordarlo. Non per trasformarlo in un’icona da commemorare una volta l’anno, ma per comprenderne l’esempio e, se possibile, seguirlo.
In un mondo che sembra aver smarrito il senso del dovere, la sua memoria è un faro che ci ricorda da che parte stare.