Sport e Costituzione

di Giovanni D’Alessandro e Michele Lippiello

  1. Dopo 75 anni dall’entrata in vigore la Costituzione italiana contiene una disposizione che riguarda l’attività sportiva “in tutte le sue forme”, da quelle ricreative a quelle professionistiche. Con la legge costituzionale n. 1/2023, infatti, entrata in vigore il 22 ottobre 2023, è stato aggiunto all’art. 33 un ultimo comma, il settimo, con cui si sancisce che “la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”.

Senza bisogno di scomodare il principio del magis ut valeat delle disposizioni normative e, ancor più, di quelle costituzionali, che irradiano l’intero ordinamento giuridico repubblicano in ogni dove, pare evidente che il nuovo enunciato reca una significativa capacità innovativa rispetto allo status quo ante. Se non altro per la sua pluridimensionalità, non limitata alla tutela della salute ovvero alla ricreatività.

La sedes dell’innesto normativo è indicativa e rivela l’ottima progettazione della novella poi definitivamente approvata all’unanimità il 20 settembre alla Camera. Lo sport è inserito nell’articolo, il 33 appunto, in cui sono considerate l’arte, la scienza, la scuola, l’università e, con sintomatica assonanza, si prevede il “riconoscimento” del valore educativo e sociale dello sport, in primis, sì come alla famiglia e alla scuola la Costituzione, negli articoli 29 30 e 33, riconosce irrecusabili funzioni educativa e sociale. Un’osmosi espressa, peraltro, anche nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che associa “istruzione, formazione professionale, gioventù e sport” (artt. 6, lett. E), da un lato, e “tiene conto” (takes account) della “funzione sociale ed educativa” dello sport (art. 165), dall’altro. Il che instaura una particolare sintonia tra l’ ordinamento interno e dell’Unione europea.

 

  1. È ampiamente noto che il testo costituzionale del 1947 non conteneva alcun riferimento allo sport non certo per una dimenticanza[1]. Piuttosto, nel codificare i valori fondanti del nuovo ordinamento repubblicano, i nostri Costituenti vollero “prendere le distanze” dallo sport, che aveva rappresentato un valore caratterizzante dell’ideologia e della propaganda fascista, come strumento di formazione della gioventù sia per l’esaltazione della razza sia per il rafforzamento dell’Italia sul piano militare[2].

Ciò nonostante, numerosi sono stati i tentativi di fondare una tutela costituzionale dello sport, ricavandola per implicito dal complessivo nuovo sistema costituzionale repubblicano. E così, se riferimento principale sul piano dottrinale è stato l’art. 2, assieme all’art. 18, non sono mancati approcci che hanno valorizzato l’art. 32, che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, o anche gli articoli che riguardano l’istruzione e la formazione.

Alcuni riferimenti normativi di rango primario allo sport sono stati introdotti agli inizi degli anni Settanta nelle norme “programmatiche” degli statuti regionali ordinari, dov’era considerato l’impegno alla promozione delle attività sportive, ritenute come “servizio sociale” (Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Campania, Puglia, Basilicata) o come elementi di “formazione della persona umana” (Umbria, Marche, Abruzzo, Calabria) o come momento dello “sviluppo civile ed economico” (Emilia Romagna) o come componenti della “tutela della salute” (Lazio) o, infine, come parti del “patrimonio culturale” (Molise)[3].

La Corte costituzionale, d’altra parte, in una famigerata pronuncia, la sentenza n. 57 del 1976, occupandosi di caccia con un sibillino obiter dictum ha affermato che “è noto che lo sport è un’attività umana cui si riconosce un interesse pubblico tale da richiederne la protezione e l’incoraggiamento da parte dello Stato” (§2. del Considerato in diritto).

Nel frattempo, con il trascorrere degli anni, sempre maggiore è stato il riconoscimento dello sport inteso come attività anche sotto il profilo normativo, indipendentemente dalla considerazione che ha sempre ricevuto, già in epoca anteriore all’adozione della Costituzione repubblicana, l’ordinamento sportivo nella teorica della pluralità degli ordinamenti giuridici e sul piano legislativo (e poi anche costituzionale[4]). Fino a giungere a una definizione normativa di sport come attività, contenuta nel decreto legislativo n. 36/2021, secondo cui è da intendere come sport “qualsiasi forma di attività fisica fondata sul rispetto di regole che, attraverso una partecipazione organizzata o non organizzata, ha per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli” (art. 2, lett. NN)[5].

 

  1. È sul piano internazionale, però, che lo sport ha avuto una considerazione su una pluralità di piani e ciò ha influito in maniera determinante all’interno dei singoli ordinamenti statali.

La Conferenza generale dell’UNESCO ha approvato a Parigi nel 1978 la Carta internazionale per l’educazione fisica, l’attività fisica e lo sport (che recepisce la Carta europea dello sport per tutti, adottata dalla Conferenza dei ministri europei responsabili per lo sport a Bruxelles nel 1975), nella quale è sancito che “ogni essere umano ha il diritto fondamentale all’educazione fisica, all’attività fisica e allo sport, senza discriminazione sulla base di origine etnica, genere, orientamento sessuale, lingua, religione, opinione politica o di altra natura, origine nazionale o sociale, economica o qualsiasi altra base” (art. 1.1., rilievo aggiunto). Inoltre, si riconosce che “l’educazione fisica, l’attività fisica e lo sport possono portare una varietà di benefici individuali e sociali, come la salute, lo sviluppo sociale e economico, la partecipazione attiva dei giovani, la riconciliazione e la pace” (§ 6. del Preambolo).

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato nel 1979 la Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, che, tra l’altro, prevede che “gli Stati parte prendono tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione nei confronti delle donne al fine di assicurare loro gli stessi diritti degli uomini per quanto concerne l’educazione e, in particolare, per garantire, su basi uguali tra l’uomo e la donna: […] le medesime possibilità di partecipare attivamente agli sport e all’educazione fisica” (art. 10 lett. G, rilievo aggiunto).

La medesima Assemblea generale ha approvato, poi, nel 1989 la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il trattato in materia di diritti umani con il più alto numero di ratifiche (oggi sono 196 gli Stati che si sono vincolati giuridicamente al rispetto dei diritti in essa riconosciuti). Nella Convenzione si dispone che “gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica” (comma 1, rilievo aggiunto). Inoltre, “gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali” (comma 2).

Nel 1992 a Rodi viene adottata dalla Conferenza dei ministri europei dello sport la Carta europea dello sport nell’ambito del Consiglio d’Europa. Scopo della carta è “promuovere lo sport quale importante fattore per lo sviluppo umano”, “dare ad ogni individuo la possibilità di praticare sport”, “proteggere e sviluppare le basi morali ed etiche dello sport, nonché la dignità umana e la sicurezza di coloro che partecipano ad attività sportive” (art. 1). La carta, inoltre, contiene una definizione di sport, come “qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli” (art. 2).

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) non contiene riferimenti espliciti allo sport, ma la Corte di Strasburgo ne ha più volte considerato diversi profili, con riguardo, fra l’altro, ai rimedi avverso le sanzioni sportive, all’integrità psico-fisica, al diritto al rispetto della vita privata, alla libertà di associazione (cfr., ex multis, le sentenze Friend del 2009, Ali Riza del 2010, Mutu del 2018, Platini del 2020, Athletics South Africa del 2021)[6].

Nell’ordinamento dell’Unione europea, invece, lo sport è divenuto un settore d’intervento solo con il Trattato di Lisbona del 2009. In precedenza, tuttavia, può anzitutto richiamarsi la Dichiarazione n. 29 allegata al Trattato di Amsterdam del 1997, dove si sottolinea “la rilevanza sociale dello sport, in particolare il ruolo che esso assume nel forgiare l’identità e nel ravvicinare le persone”. Dichiarazione ripresa e sviluppata nel successivo Consiglio europeo di Nizza del 2000.

Peraltro, la Commissione ha posto le basi per una politica europea dello sport con il Libro bianco adottato nel 2007, che aveva tra i vari obiettivi quello del rafforzamento del ruolo sociale dello sport e della promozione della salute pubblica attraverso l’attività fisica e ha previsto piani di azione quadriennali per lo sviluppo della dimensione europea dello sport, l’ultimo dei quali copre gli anni 2021-2024.

Neppure la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, così come la CEDU, prevede espressamente un diritto allo sport. Ma anche in questo caso la Corte di giustizia si è più volte interessata dello sport, prevalentemente in connessione con la libera circolazione di persone, lavoratori e servizi (cfr., ex multis, le sentenze Bosman del 1995, Agostini del 1998, Malaja del 2000)[7].

Last but not least, la Carta olimpica, pubblicata per la prima volta nel 1908 e successivamente molte volte rimaneggiata (l’ultima in vigore è quella del 15 ottobre 2023), codifica i principi fondamentali dell’olimpismo, le regole e gli statuti adottati dal Comitato olimpico internazionale (CIO) e dichiara che “la pratica dello sport è un diritto umano”. Inoltre, “ogni individuo deve avere accesso alla pratica dello sport, senza discriminazioni di alcun genere nel rispetto dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale nell’ambito del movimento olimpico” (4° principio fondamentale dell’olimpismo).

Tutti questi documenti e atti normativi sovranazionali hanno rappresentato senz’altro un impulso fondamentale per l’inserimento della pratica sportiva all’interno della Costituzione italiana come valore pluridimensionale (ma non come diritto soggettivo, almeno testualmente).

[1] Cfr. P. Sandulli, Costituzione e Sport, in Riv. dir. sportivo 2017, IV.

Tuttavia, non sono mancati in Assemblea costituente i riferimenti allo sport come strumento di salvaguardia e promozione della salute dei giovani: durante la discussione su (quello che sarebbe divenuto) l’art. 31, nella seduta del 19 aprile 1947, l’on. Giuliano Pajetta richiamava l’attenzione sul “problema dello sport inteso come garanzia di una gioventù sana che cresca forte nel nostro Paese. Non si tratta più di fare dello sport una preparazione per la guerra, o che la gente ragioni con i muscoli e con i piedi invece che con la testa; ma si tratta di prevenire le malattie che fanno strage nel nostro Paese”.

Peraltro, riferimenti allo sport sono previsti in alcuni statuti speciali sin dalla loro approvazione (e con disposizioni tutt’ora in vigore): quello del Trentino-Alto Adige, che assegna alla potestà legislativa concorrente la materia “attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature” (art. 9, n. 11), e quello del Friuli-Venezia Giulia, che attribuisce alla potestà legislativa regionale primaria la materia “istituzioni sportive” (art. 4, n. 14).

[2] Cfr. E. Lubrano, Il diritto allo sport come diritto fondamentale in prospettiva anche costituzionale, in Dirittifondamentali.it, 11 maggio 2020, 238 e nt. 6.

[3] Cfr. Senato della Repubblica e Camera dei Deputati, Modifica all’articolo 33 della Costituzione, in materia di attività sportiva (AC 715-B Cost.), Dossier 17 luglio 2023 (XIX Legislatura), 15.

In seguito, il DPR n. 616/1977 e il d.lgs. n. 112/1998, atti normativi statali di trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato a Regioni ed enti locali, hanno fatto riferimento allo sport con riguardo ad attività promozionali, realizzazione e gestione di impianti e finanziamenti.

[4] Cfr. la legge di revisione costituzionale del Titolo V della Parte II della Costituzione n. 3/2001, che, nel modificare l’art. 117 Cost., ha incluso l’“ordinamento sportivo” tra le materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni (terzo comma). Cui adde, ex multis, l’art. 1 del decreto-legge n. 220/2003 (convertito con modificazioni in legge n. 280/2003), in virtù del quale “la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale” (comma 1).

[5] Si considerino anche la legge n. 107/2015 che garantisce nelle istituzioni scolastiche “il diritto all’esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore” (art. 1, comma 369, lett. E); incentiva “l’avviamento all’esercizio della pratica sportiva delle persone disabili mediante l’uso di ausili per lo sport” (art. 1, comma 369, lett. A); persegue il più generale obiettivo formativo “del potenziamento delle discipline motorie e dello sviluppo di comportamenti ispirati a uno stile di vita sano”, anche con quote dedicate della dotazione organica di personale (art. 1, comma 616). In linea di continuità, la legge di bilancio 2022 (legge n. 234/2021) ha introdotto l’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria, nelle classi quarte e quinte, da parte di docenti forniti d’idoneo titolo di studio. Ciò al dichiarato fine di promuovere nei giovani l’assunzione di comportamenti e stili di vita funzionali alla crescita armoniosa, alla salute, al benessere psico-fisico e al pieno sviluppo della persona, riconoscendo l’educazione motoria quale espressione di un diritto personale e strumento di apprendimento cognitivo.

Il d.l. n. 185/2015, sul fronte dell’inclusione, ha istituto il fondo “sport e periferie”, finalizzato al potenziamento dell’attività sportiva agonistica nazionale e dello sviluppo della relativa cultura in aree svantaggiate e zone periferiche urbane, con l’obiettivo di rimuovere gli squilibri economico-sociali e incrementare la sicurezza urbana (art. 15).

La legge n. 145/2018 ha trasformato la preesistente Coni Servizi SPA in Sport e Salute SPA, ampliandone dotazioni e funzioni (art. 1, comma 629).

Quanto alle politiche sanitarie, fra gli esempi recenti, occorre ricordare che il 3 novembre 2021 è stato adottato, con un accordo tra Stato e Regioni, il documento recante le “Linee di indirizzo sull’attività fisica. Revisione delle raccomandazioni per le differenti fasce d’età e situazioni fisiologiche e nuove raccomandazioni per specifiche patologie”, redatto dal Tavolo di lavoro per la promozione dell’attività fisica e la tutela della salute nelle attività sportive, istituito con decreto del ministro della salute del 25 luglio 2019.

Da ultimo, il PNRR ha stanziato per il settore sportivo 1 miliardo di euro.

[6] Cfr. Senato della Repubblica e Camera dei Deputati, Modifica all’articolo 33 della Costituzione, cit., 18 s.

[7] Cfr. Op. ult. cit., 19.

 
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