La localizzazione dei servizi di emergenza

Il sistema Advanced Mobile Location e la sua applicazione

di Paolo Reale

In un precedente articolo pubblicato nel 2017, avevamo sinteticamente illustrato alcune delle modalità disponibili in Italia per consentire la localizzazione geografica delle utenze telefoniche. A distanza di anni quanto avevamo descritto come strumenti utili alla geolocalizzazione è rimasto pressoché immutato, anche se forse è presente una maggiore consapevolezza dell’impellente necessità di fare un deciso passo avanti. Una nazione moderna deve essere in grado di provvedere a questa esigenza: quella di consentire il soccorso tempestivo e preciso a chi ha si trova in condizioni di emergenza, e per diversi motivi non può o non sa come formulare la propria richiesta, in particolare non riesce a comunicare dove si stia trovando.


I sistemi per la localizzazione geografica utilizzati dal servizio NUE 112 (Numero Unico Emergenza sul territorio europeo), in Italia, si fondano ancora oggi -come descritto anni fa- sulla ‘triangolazione’ delle celle telefoniche agganciate dal cellulare in fase di chiamata di emergenza. Questo sistema, benché in grado di fornire utili indicazioni sul posizionamento geografico, ha una precisione molto limitata, in funzione del contesto in cui si trova il cellulare stesso: in aree rurali, con orografia piatta e pochi ostacoli, la precisione di questo tipo di rilevazione è dell’ordine dei chilometri.

Un’area di queste dimensioni, di diversi chilometri quadrati, non è facilmente esplorabile in tempi brevi, e là dove vi è urgenza di intervenire non si riesce a fornire la dovuta assistenza. A questo proposito ha fatto molto scalpore in Italia la vicenda dello sfortunato escursionista francese, ad agosto 2019, che -precipitato in un burrone nel Cilento- pur avendo avuto modo di chiamare il 112 non è stato in grado di fornire indicazioni in merito alla sua localizzazione, né questa è stata ricavata in modo preciso dalla triangolazione delle celle. Il tragico esito è che lo studente è deceduto per le ferite riportate nella caduta, e il suo corpo è stato localizzato solo dopo ben 9 giorni.
L’effetto sull’opinione pubblica è stato di sollecitare il Governo affinché faccia finalmente evolvere l’attuale sistema di localizzazione per le chiamate di emergenza. In effetti, gli smartphone -la cui diffusione è decisamente capillare- sono in grado di calcolare la posizione in cui si trovano sulla base dei segnali GPS, e non solo: perché non è possibile sfruttare questa informazione in modo da fornire un’accurata posizione a chi deve rispondere all’emergenza? Perché questi dati sono utilizzati per proporre offerte commerciali e pubblicità varie, ma non possono essere utilizzati in caso di pericolo di vita o di morte? Sembrerebbe un assurdo.

 

1. Advanced Mobile Location (AML)

Nel Regno Unito dal 2016 è stata definita, e messa in campo, una procedura per la localizzazione di precisione del terminale mobile in caso di chiamata al 112, con una partnership creata ad hoc tra British Telecom, mobile network EE e il produttore HTC: Advanced Mobile Location (AML) [2].
L’obiettivo del sistema AML è quello di fornire una soluzione semplice ed economica al problema di localizzazione mobile sfruttando le funzionalità di localizzazione integrate nei telefoni moderni. Una volta che il ricevitore mobile conosce la sua posizione, questa viene inviata ai sistemi di risposta di pubblica sicurezza (PSAP, Public Safety Answering Point) utilizzando un protocollo SMS semplice, già disponibile. Gli SMS del resto offrono la migliore copertura geografica, specialmente nelle aree remote.

Questo sistema deve essere integrato in tutti i meccanismi di chiamata di emergenza esistenti disponibili sul telefono, incluso il numero manuale 112 o l’uso del pulsante di chiamata di emergenza. In caso di emergenza, i chiamanti sono spesso stressati o in preda al panico, pertanto è importante che la funzionalità AML e la trasmissione del messaggio SMS vengano attivate automaticamente senza alcun intervento manuale da parte dell’utente, e senza interruzione o interferenza con la chiamata di emergenza. Il software del portatile deve essere invisibile all’utente in modo da non confonderli quando stanno cercando di ottenere aiuto. Per ragioni di privacy, nessuna registrazione del messaggio SMS deve essere generata durante o dopo la chiamata di emergenza.

I sistemi di localizzazione basati su satellite (GNSS global navigation satellite system) offrono normalmente le migliori informazioni sulla posizione, ma si rivelano più lenti rispetto ad altri metodi, ciò deriva dalla necessità di ricevere il segnale da più satelliti, da cui calcolare con adeguata precisione la posizione geografica.
Per contro, come già detto, la localizzazione basata sulle celle telefoniche è rapida, ma in genere restituisce un’area troppo ampia.

Non appena viene avviata la chiamata di emergenza, il portatile dovrebbe attivare (se non già acceso):

Nell’AML, il portatile tenta immediatamente di determinare la posizione tramite tutti i metodi disponibili, in parallelo, in modo da non ritardare la trasmissione della posizione, entro un certo tempo T1. Se i dati GNSS diventano disponibili prima di T1 secondi, questi possono essere inviati senza attendere il timeout.

Se a T1 secondi non sono disponibili dati GNSS, ma la posizione è disponibile in base agli SSID Wifi o agli indirizzi MAC dei punti di accesso vicini, viene inviata la posizione Wifi. Se non è disponibile alcuna posizione basata su Wifi, vengono inviati i dati basati sulla triangolazione delle celle. Se GNSS o Wifi sono stati attivati quando è stata avviata la chiamata di emergenza, è necessario spegnerla non appena non è più necessaria (fig.1).
Se non è stato possibile ottenere una posizione da alcun metodo, viene inviato un SMS che indica che tutti i metodi di posizionamento non sono riusciti.

Il portatile deve sempre comunicare la posizione utilizzando i gradi decimali WGS84. Per risparmiare spazio nel messaggio SMS è necessaria una precisione non superiore a 5 gradi decimali, che equivale ad una precisione di 1,1 metri sul terreno. Anche l’orario della rilevazione deve essere inviato insieme ai dati di posizione, con riferimento all’orario UTC.

Il protocollo di interfaccia AML è costituito da una serie di attributi del messaggio separati da un punto e virgola (;) senza spazi. Ogni attributo è costituito da una coppia nome / valore in cui nomi e valori sono nuovamente separati da un carattere uguale (=) senza spazi.
Questo protocollo è stato codificato da una apposita norma ETSI [3], a cui si rimanda per tutti i dettagli.

E’ anche prevista una seconda modalità di trasmissione dei dati, che rispetto agli SMS presenta anche diversi svantaggi, tra i quali innanzitutto la necessità che sia attiva la connettività dati, tramite messaggi HTTPS POST.

Ciò non risulta sempre possibile, non solo per ragioni tecniche (mancanza di connettività dati), ma soprattutto commerciali, visto che l’offerta ‘dati’ può essere vincolata ai relativi consumi, e in caso di superamento dei GB disponibili anche essere sospesa fino al momento del rinnovo.

I messaggi AML di questo tipo vengono inviati utilizzando il protocollo HTTPS, che offre la crittografia e l’autenticazione per proteggere la consegna dei messaggi di localizzazione. Ogni messaggio è costituito da un numero di campi di intestazione e un corpo, che contiene il contenuto del messaggio.

I dati dovrebbero comparire nel corpo del messaggio POST come un blocco di testo secondo un formato codificato: usando il carattere ‘&’ come separatore di campo e il carattere ‘=’ per separare il nome e il valore del campo. Una parte del messaggio potrà quindi apparire in questa forma:
…. location_time = 1471528826884 & cell_home_mcc = 234 & device_imsi = 234.109.003.946.194 & cell_home_mnc = 10 …

 

2. L’implementazione del sistema AML

Cosa serve quindi concretamente per realizzare un sistema come quello descritto? Considerato che le funzionalità su cui si fonda la procedura sono già di fatto tecnicamente presenti su tutti gli smartphone, sono necessari questi adeguamenti:
Per i produttori di terminali: integrare la procedura AML nei dispositivi
Per l’autorità pubblica: essere in grado di ricevere SMS di tipo AML ed eventualmente anche le informazioni tramite protocollo https.
Per i gestori telefonici: consentire l’invio di SMS AML senza tariffazione, effettuare i test del processo completo, assicurare che la rete consenta l’invio di SMS durante la chiamata di emergenza.

Google e Apple si sono attivati per implementare il protocollo AML direttamente a livello di Sistema operativo. Apple, dopo aver inizialmente rifiutato, ha poi deciso di implementare il protocollo AML a partire dalla versione di iOS 11.3, rilasciata a marzo 2018.

 

3. Android Emergency Location Service

Android ha implementato “Android Emergency Location Service” (ELS) [4] già a partire da luglio 2016, e funziona sul 99% dei dispositivi Android attivi (dalla versione 4.0 e successive), in modo integrato con “google play services” a livello di sistema operativo, per cui non è necessario altro hardware, download o aggiornamenti. Il sistema si attiva solamente quando l’utente contatta i servizi di emergenza.

Google offre la sua partnership con i gestori di telefonia mobile, le infrastrutture di emergenza e gli enti governativi per l’utilizzo di ELS in una nazione o in una regione, dichiarando di impegnarsi ad attivare ELS appena il partner ha realizzato il punto di ricezione ELS.

I test effettuati nel Regno Unito mostrano un netto miglioramento della qualità della localizzazione, da un raggio di 3km di media a 56 m (fig. 3).

 

4. Le sperimentazioni

La sperimentazione condotta nei progetti pilota europei ha portato ad evidenziare dei risultati clamorosi sotto diversi profili.

La sperimentazione nel Regno Unito ha consentito di avere localizzazioni che si attestano su valori di precisione anche al di sotto dei 9 metri, e comunque inferiore ai 50 m in oltre la metà dei casi (fig.2).

Se si considera che 300.000 vittime ogni anno nell’Unione Europea soffrono gravi conseguenze per un ritardo nell’arrivo dei soccorsi di almeno 30 minuti, dovuto alla mancanza di indicazioni precise sulla localizzazione del chiamante, un sistema di questo tipo consentirebbe di salvare 7500 vite, e di risparmiare 95 miliardi di euro [5].
La raccomandazione fornita a valle delle sperimentazioni è quella di implementare l’utilizzo del protocollo AML con trasmissione via SMS e HTTPS, in quanto consentono di ottenere un rapporto ottimo di costi/benefici.

Sotto il profilo della privacy, la tutela rimane garantita dal fatto che l’informazione di localizzazione non può essere attivata da soggetti terzi, ma esclusivamente con la chiamata di emergenza. Inoltre, i dati non vengono memorizzati sul telefono: anche l’SMS inviato viene poi cancellato in modo che non rimanga traccia visibile della localizzazione. Questi dati non vengono neppure trattenuti dal sistema operativo, ma vengono resi disponibili solo al punto di gestione dell’emergenza dell’autorità pubblica (PSAP).
Tutto questo “solo” facendo in modo di attivare le funzionalità che oggi già esistono…

Volendo un maggiore dettaglio sulle risultanze delle sperimentazioni, risulta utile consultare il documento prodotto dalla Commissione Europea sul progetto “HELP112”, che descrive i dettagli di ogni sperimentazione condotta nei vari Stati [6].
Di seguito l’architettura del sistema come proposta dal progetto HELP112 (fig. 4).

Le implementazioni pilota hanno visto partecipare anche il nostro Paese, tramite l’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (AREU) con sede in Lombardia.
Nel documento della Commissione si legge che questo pilota ha previsto anche l’utilizzo di un’App (112 where are U) e una localizzazione del terminale comunicata tramite HTTPS, in quanto non vi è stato il supporto dei gestori di telefonia. Il rapporto indica che i gestori hanno rifiutato di fornire un servizio SMS gratuito, a loro detta in quanto assente una legislazione europea in merito.

L’ulteriore dato di interesse è che l’uso dell’app per inoltrare la chiamata di emergenza (invece della chiamata diretta) si è riscontrato solamente in meno dell’1% dei casi, rendendo evidente che l’approccio di AML di integrare le operazioni di rilevazione della posizione direttamente nel software del telefono è quella che si dimostra più efficiente nel raggiungere la più alta percentuale di chiamanti da telefoni mobili.

Attualmente il sistema AML è operativo nei Paesi indicati in fig. 5 (fonte EENA https://eena.org/advanced-mobile-location/):

 

5. I riferimenti normativi

Da un punto di vista normativo, cosa è in realtà previsto in merito al numero unico di emergenza?

Nel corso degli anni sono state fornite indicazioni sempre più puntuali in merito. Già dalla direttiva 2002/22/CE (direttiva servizio universale), all’art. 26, comma 3, si leggeva che:

“Gli Stati membri provvedono affinché, per ogni chiamata al numero di emergenza unico europeo «112», le imprese esercenti reti telefoniche pubbliche mettano a disposizione delle autorità incaricate dei servizi di soccorso, nella misura in cui sia tecnicamente fattibile, le informazioni relative all’ubicazione del chiamante.”
Nel 2014, la direttiva 2014/53/UE relativa all’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio, all’art. 3, comma 3, esplicita che le apparecchiature radio devono essere fabbricate in modo tale da garantire la conformità ad un insieme di requisiti essenziali, tra cui alla lettera g) si legge che “supportano caratteristiche speciali che consentano l’accesso a servizi d’emergenza”

Questa direttiva è completata da un regolamento delegato che la integra, il “REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2019/320 DELLA COMMISSIONE” del 12.12.2018, che definisce le regole tecniche per quanto riguarda l’applicazione dei requisiti essenziali della direttiva citata, al fine di garantire la localizzazione del chiamante nelle comunicazioni di emergenza da dispositivi mobili.

In questo regolamento viene sottolineato come il livello di accuratezza fornito dalle sole celle telefoniche è inadeguato, e può portare a errori significativi di posizionamento del chiamante nelle situazioni di emergenza, da cui la necessità di adottare criteri integrati con informazioni del Wi-Fi e del GNSS Galileo, e altri.

Per questo, il regolamento indica che i requisiti essenziali “si applicano ai telefoni cellulari con caratteristiche simili a quelle dei computer in termini di capacità di elaborazione e conservazione dei dati”, adottando soluzioni tecniche per la ricezione ed elaborazione dei dati WiFi e di navigazione satellitare al fine di rendere disponibili i dati di localizzazione nelle comunicazioni di emergenza.

E’ anche scritto che questo Regolamento verrà applicato a partire dal 17 marzo 2022, ma in realtà già prima di quel momento è urgente che gli Stati si adeguino, tra cui anche l’Italia: oltre alle direttive citate, la legislazione europea è stata ampliata, e la direttiva 2018/1972 dell’11.12.2018 -che istituisce il codice comunicazioni elettroniche europee- evidenzia anche il desiderio di migliorare il numero di emergenza europeo.

All’art. 109 (Comunicazioni di emergenza e numero unico di emergenza europeo) vengono stilati infatti una serie di obblighi, tra cui l’accesso gratuito al servizio di emergenza 112 e che “le informazioni sulla localizzazione del chiamante siano messe a disposizione dello PSAP più adatto senza indugio dopo che è stata stabilita la connessione della comunicazione di emergenza”.

Ma, soprattutto, che entro il 21 dicembre 2020 e successivamente ogni due anni, “la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’efficacia dell’attuazione del numero unico di emergenza europeo «112»”. L’impressione è tuttavia che nel nostro Paese ci troviamo in ritardo su questa attuazione, che avrebbe peraltro avuto motivo di essere perseguita anche a prescindere dagli obblighi normativi qui elencati.

 

6. Le sentenze

Ma non sono solo le normative citate che stanno indirizzando gli Stati Membri sul tema dell’obbligo di fornire la localizzazione nelle chiamate di emergenza: in particolare una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiarisce ulteriori aspetti piuttosto importanti.

La vicenda per cui è stato richiesto l’intervento della Corte Europea riguarda un raccapricciante crimine commesso in Lituania, che ha visto come vittima una ragazzina di 17 anni: il 21 settembre 2013, verso le 18, in un sobborgo di una città lituana, la ragazza fu rapita, violentata e bruciata viva nel bagagliaio di un’auto. Ritrovatasi intrappolata nel bagagliaio, la vittima chiamò per ben 10 volte il 112, al fine di chiedere aiuto, tramite il cellulare.

Tuttavia, l’apparecchiatura del centro di risposta alle chiamate di emergenza non mostrò il numero del telefono cellulare utilizzato, non consentendo quindi la localizzazione. Non fu neppure chiarito se dispositivo utilizzato dalla vittima fosse dotato di una scheda SIM, o comunque il motivo per cui il suo numero non fosse visibile nel centro di risposta alle chiamate di emergenza.
I parenti della vittima, nel corso del giudizio, hanno chiamato in causa lo Stato Lituano: a sostegno del loro ricorso, essi hanno fatto valere che la Repubblica di Lituania non avesse garantito la corretta attuazione pratica dell’articolo 26 della direttiva 2002/22. Tale inadempienza avrebbe avuto come conseguenza l’impossibilità di trasmettere ai servizi di polizia sul campo informazioni sull’ubicazione della vittima, il che avrebbe impedito loro di venirle in soccorso.

Da qui il coinvolgimento della Corte Europea al fine di dirimere il punto sulla direttiva, nel procedimento C-417/18, deciso il 5 settembre 2019.

La Corte Europea fornisce l’interpretazione della direttiva citata, nel senso che “conferisce agli Stati membri un potere discrezionale in sede di definizione dei criteri per l’esattezza e l’affidabilità delle informazioni relative all’ubicazione di una persona che chiama il numero di emergenza unico europeo «112», fermo restando, tuttavia, che i criteri da essi definiti devono garantire, nei limiti della fattibilità tecnica, la localizzazione della posizione del chiamante con tutta l’affidabilità e la precisione necessarie a permettere ai servizi di emergenza di venirgli utilmente in soccorso.”
Ma non solo. Viene precisato che la direttiva stessa impone agli Stati membri, a condizione che ciò sia tecnicamente fattibile, “l’obbligo di provvedere affinché le imprese interessate mettano gratuitamente a disposizione dell’autorità incaricata delle chiamate di emergenza al numero di emergenza unico europeo «112» le informazioni relative all’ubicazione del chiamante nel momento in cui la chiamata raggiunge tale autorità, anche quando la chiamata è effettuata da un telefono cellulare sprovvisto di scheda SIM.”

 

7. Conclusioni

Riassumendo, in merito al tema della localizzazione geografica di un utente che chiama il servizio di emergenza, possiamo dire che:
Gli attuali dispositivi cellulari già dispongono di sistemi di localizzazione di precisione, basati su satellite e WiFi, peraltro ampiamente utilizzati per servizi commerciali e app le cui finalità non sono tendenzialmente di particolare utilità sociale, semmai sono opportunità di business per i fornitori di servizi.
Le normative europee già da molti anni indicano la necessità di fornire informazioni il più possibile precise e tempestive in merito alla localizzazione di chi sta chiedendo il soccorso al Numero Unico Europeo 112, prevedendo entro il 2020 l’attuazione della procedura AML per tutti i Paesi Europei.
Sentenze a riguardo della Corte Europea sanciscono questi obblighi da parte degli Stati membri e le relative responsabilità in caso di inadempimento.
I produttori di device sono già in grado di erogare questi servizi, ormai integrati negli stessi sistemi operativi fin dal 2018, purché lo Stato crei la struttura di raccolta delle informazioni come da specifiche previste da AML.

Nel testo della “Relazione Programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’Unione Europea”, comunicata alla Presidenza il 24 gennaio 2020, e inerente alle iniziative e programmi che il Governo Italiano intende perseguire per un’attiva partecipazione all’Unione Europea nel 2020, si legge questo passaggio (pag. 53): “Altro tema centrale è l’implementazione del numero unico di emergenza 112 ed in particolare le questioni della localizzazione […] In considerazione della particolare attenzione posta dai servizi della Commissione europea sul tema, il Governo ha avviato un importante progetto di supporto tecnico ed amministrativo alle Amministrazioni centrali e regionali per l’implementazione del numero unico di emergenza europeo 112 (NUE112)”

Fonti giornalistiche riportano che entro la prima metà del 2020 il sistema AML sarà operativo anche in Italia. Forse. Speriamo.

Certo non è chiaro il motivo per cui ad oggi, dopo una sperimentazione effettuata nel 2016 e fondi spesi per questa, al momento della pubblicazione di questo articolo la procedura di localizzazione AML in Italia ancora non è operativa. ©

 

RIFERIMENTI

[1] “LA LOCALIZZAZIONE DEI TERMINALI MOBILI NELLE SITUAZIONI DI EMERGENZA”, P. Reale, Sicurezza e Giustizia, n. 2 Anno 2017
[2] “Advanced Mobile Location (AML) – Specifications & Requirements”, https://eena.org/document/aml-specifications-requirements/
[3] “Emergency Communications (EMTEL); Transporting Handset Location to PSAPs for Emergency Calls – Advanced Mobile Location”, ETSI, https://www.etsi.org/deliver/etsi_ts/103600_103699/103625/01.01.01_60/ts_103625v010101p.pdf
[4] Android ELS, https://crisisresponse.google/emergencylocationservice/
[5] https://eena.org/help-112-findings/
[6] “Pilot project on the design, implementation and execution of the transfer of GNSS data during an E112 call to the PSAP”, luglio 2017, Commissione Europea, https://ec.europa.eu/docsroom/documents/24785/attachments/1/translations/en/renditions/pdf

 

Exit mobile version