Il geographic profiling (II parte)

di Domingo Magliocca

Determinare l’area dove un offender risiede e fissare tale risultato su una mappa. Questo approccio, in ambito investigativo, è conosciuto come Geographic Profiling. Infatti, l’obiettivo del geographic profiling è delimitare un’area geografica quale probabile luogo di residenza del reo, autore di una serie di crimini.  
Prima Parte: Introduzione, 1) Il Geographic Profiling, 2) Le mappe mentali.
Seconda Parte (in questo numero): 3) La Legge di decadimento della distanza, 4) L’ipotesi circolare di David Canter, 5) Il processo di costruzione del profilo geografico criminale.
Terza parte: 6) Un’ipotesi di lavoro: Geographic profiling case report de “I delitti del Mostro di Firenze”, 6.1) Il caso, 6.2) L’analisi, 7) Conclusioni.


 

 

3.     La legge di decadimento della distanza
Per comprendere la distribuzione spaziale dei crimini e la scelta da parte dell’offender dei siti criminali, gli studiosi avanzarono un fondamentale principio conosciuto come la legge di decadimento della distanza (distance decay function): un criminale più si allontana dalla sua abitazione, minore sarà la possibilità che commetta dei crimini; pertanto la zona in cui l’offender opererà sarà quella nei pressi della sua abitazione, area conosciuta ed in cui l’offender si sente più tranquillo e libero di agire.

Il principio della legge del decadimento e della vicinanza non trova sempre una medesima applicazione e costanza in tutti i crimini poiché è noto che la tipologia di criminale e di crimine perpetrato incide sulla funzione distance decay: i crimini violenti tendenzialmente vengono commessi in prossimità di un punto di ancoraggio (generalmente il luogo di residenza) rispetto ai crimini di profitto o contro la proprietà.

L’utilità del principio della funzione di decadimento testato su alcune realtà urbane è confermata da studi pregressi ed in un certo modo anche da uno studio effettuato in Italia (Picozzi, Santilla, Zappalà, Laukkanen, 2003) su una serie di tre stupri commessi nell’interland milanese da un singolo stupratore; tuttavia gli autori di tale studio, nonostante abbiano riscontrato un limitato supporto della funzione di decadimento alla loro analisi, insistono sul fatto che è opportuno calibrare i parametri di spostamento in ogni realtà poiché ogni contesto urbano è unico in termini di pattern di spostamento rispetto alla densità di popolazioni ed alla geografia fisica del luogo.

George Rengert (Rossmo, 2000) propose quattro differenti modelli spaziali basati sulla distribuzione dei siti criminali, sulle location dei punti di ancoraggio:

 

Turner (in Delinquency and Distance, 1969) fu il primo a suggerire la presenza di un’area di sicurezza, denominata buffer zone o zona cuscinetto, all’interno della quale gli obiettivi di un criminale sono considerati meno desiderabili a causa della vicinanza all’abitazione del reo. Tuttavia ciò non significa che in questa zona non saranno commessi reati, bensì che le probabilità che ciò accada sono statisticamente ridotte. Sicuramente a giustificare la zona cuscinetto non sarà solo la paura di essere scoperti ma anche il fatto che con l’aumentare della distanza aumenteranno anche gli obiettivi appetibili.

4.     L’ipotesi circolare di David Canter
Dai principi della psicologia ambientale, David Canter ha tratto spunto per applicare le conoscenze psicologiche all’investigazione criminale, formulando la teoria definita ipotesi circolare o offender circle concept. Il concetto di sfera criminale è raffigurato da un’area circoscritta da una circonferenza il cui diametro è rappresentato dalla distanza dei luoghi più lontani dove si sono verificati i crimini. Sulla base di tale presupposto, esiste una buona probabilità che il criminale viva all’interno del cerchio tracciato (McGrath, 2000). Infatti da un’analisi condotta su alcuni stupratori seriali operanti a Londra è emerso che l’80% di questi criminali viveva all’interno del cerchio e di questo ottanta per cento, il 60% in aree centrali segnate dal raggio del cerchio.

 

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