Il sopralluogo criminologico sulla “scena geografica del crimine”

di Domingo Magliocca

L’articolo introduce il sopralluogo criminologico del luogo del reato, il suo rapporto con una struttura geospaziale che abbiamo definito «scena geografica del crimine» e con il Geographic Profiling.
Il sopralluogo criminologico si differenzia dal sopralluogo tecnico-giudiziario per l’oggetto di ricerca. Il sopralluogo tecnico-giudiziario ricostruisce la dinamica oggettiva del delitto tramite la “fissazione” delle tracce di reato; il sopralluogo criminologico è un’attenta osservazione incrociata effettuata sia attraverso l’esame accurato del dato criminalistico e del suo valore intrinseco e sia mediante la ricerca del valore estrinseco delle tracce forensi presenti sul luogo del reato, finalizzata a scorgere il significato meno evidente del crimine.


1. Il Geographic Profiling

Il Geographic Profiling è un procedimento investigativo fondato sull’induzione che contribuisce, tramite lo studio dei luoghi colpiti dal crimine, a delimitare un’area geografica in cui concentrare le ricerche dell’offender sconosciuto, in particolare dove l’autore del reato potrebbe risiedere; è un metodo che, spostando l’investigazione sulle informazioni temporali e geografiche degli eventi offensivi, fornisce una zona di priorità dove poter meglio investire e gestire ogni risorsa investigativa nonché le indicazioni di massima circa il pattern di movimento tenuto dall’offender nello spazio geografico. In particolare, l’obiettivo principale della prospettiva geografica del reato sarà:

La tecnica del geographic profiling è generalmente applicata a varie tipologie di reati con multiple offese, caratterizzate da serialità della condotta che coinvolge più scene del crimine geograficamente dislocate e non inferiori a cinque, commesse dallo stesso offender nella medesima area geografica e con un possibile cluster relativamente prossimo a una singola zona/località che coinvolgerebbe una presunta ancora geografica, rispetto alla usuale configurazione di un “hot spot”: furti con scasso, rapine, omicidi, furti di auto, stupri, atti incendiari, furti da veicoli a motore, attentati dinamitardi, taccheggio, atti di vandalismo, sequestri di persona, invio di lettere minacciose; molto spesso il profilo è adoperato nei casi di omicidio, di furti con scasso.
La principale fonte di informazione utilizzata per generare un profilo geografico sono le location degli eventi criminosi. La tecnica analizza i dati spaziali collegati a una serie identificata di località, in particolare i luoghi dove i corpi delle vittime sono stati ritrovati/abbandonati, i luoghi dove la vittima è stata rapita, il punto dove è stata vista per l’ultima volta, i luoghi degli incendi, le scene delle rapine, ma anche ogni luogo geografico associato al crimine.
Da un punto di vista teorico, l’applicazione delle indicazioni geografiche all’investigazione, le quali fungono da base al profilo geografico, parte dall’assunto che l’ambiente esercita una certa azione sul comportamento spaziale umano poiché la valutazione della scelta dei siti criminali da parte di un offender si fonda tendenzialmente su un principio concettualizzato da George Zipf (1965), chiamato del minor sforzo (least effort principle), applicato a varie attività umane. In pratica, dinanzi a scelte comportamentali analoghe, un individuo opterà solitamente per quella che richiede uno sforzo minore. Tale considerazione traslata in un quadro criminologico-investigativo è definita principio di prossimità o vicinanza: una persona, qualora dovesse scegliere tra le diverse possibilità per raggiungere un determinato obiettivo/scopo, prediligerà l’opzione che gli comporterà il minor dispendio di tempo, inteso anche come distanza da percorrere. Nel caso della selezione di multipli obiettivi, di un qualsiasi percorso stradale o spostamento per compiere un crimine, a parità di desiderabilità, un offender preferirà la strada più breve e prediligerà un obiettivo di facile accesso collocato nelle vicinanze dell’area di residenza.

Questo principio si sofferma sull’ipotesi che vi sia una relazione stabile tra i delitti commessi e la home base dell’offender. I luoghi dove vengono commessi i crimini, dove i corpi delle vittime vengono disposti o depositati non sono scelti dal reo senza criterio e non sono per niente casuali in virtù della legge di decadimento della distanza secondo cui i reati commessi da un criminale seriale decrescono all’aumentare della distanza tra il luogo dell’offesa e la sua abitazione.
Canter (1993) sviluppò un modello per spiegare il comportamento spaziale dell’offender definito ipotesi circolare, che prende come punto di inferenza dell’analisi geografica di una serie criminosa il ruolo della home base. Dalle argomentazioni di Canter, avvalorate da diverse ricerche realizzate anche in vari Paesi, emerge prevalentemente un pattern criminale di spostamento domocentrico, specie nei crimini espressivi.

2. Il sopralluogo criminologico

L’unica certezza in un qualsiasi crimine è che l’autore del reato e la vittima/obiettivo sono entrati in contatto tra loro in un determinato momento e in un luogo specifico. Qualsiasi valutazione di un evento criminoso prende avvio principalmente dall’osservazione «fisica» e tecnica di questo luogo di contatto e dal comportamento assunto dal reo in rapporto ai luoghi del delitto.
La scena del crimine è l’insieme dei luoghi dove si è consumato un reato, è il prodotto dell’interazione tra la vittima, l’aggressore e l’ambiente; è il contenitore di prove materiali e di comportamenti dell’aggressore e di tracce che non vanno solamente osservate per ciò che sono ma per quello che potrebbero suggerire e indicare.
Appare, pertanto, d’obbligo un “avvicinamento” alla scena del crimine di tipo criminalistico seguendo le procedure del sopralluogo tecnico-scientifico, tuttavia è ancor più favorevole all’investigazione compiere un sopralluogo criminologico, andare alla ricerca delle tracce criminologiche, delle impronte psicologiche della relazione vittima-autore di reato.
Il sopralluogo criminologico si differenzia dal sopralluogo tecnico-giudiziario per l’oggetto di ricerca. Il sopralluogo tecnico-giudiziario esalta tutti quegli elementi in grado di ricostruire la dinamica oggettiva del delitto attraverso la “fissazione” delle tracce di reato; il sopralluogo criminologico è un’attenta osservazione incrociata effettuata attraverso sia l’esame accurato del dato criminalistico e del suo valore intrinseco e sia mediante la ricerca del valore estrinseco delle tracce circostanziali e forensi presenti sulla scena del delitto, da cui è possibile scorgere i comportamenti del criminale al momento del fatto e le sue caratteristiche.

Gli esperti di scienze forensi danno molta importanza alla lettura della scena del crimine perché i “dati” contenuti in essa costituiscono la base per le inferenze criminologiche su cui poggiano le moderne tecniche di profiling criminale. Difatti, la ricostruzione di una scena si caratterizza come un’attività ben mirata sul luogo del reato condotta attraverso i vari rilievi afferenti alla criminalistica (rilievi descrittivi, planimetrici, fotografici, dattiloscopici, biologici, balistici, consulenza del medico legale) e come un’attività di tipo indiretto che si basa su un procedimento di analisi critica finalizzato alla ricerca delle tracce tipiche e particolari della scena del crimine utili alla comprensione delle caratteristiche criminologiche dell’offender.
Il sopralluogo criminologico rientra nella fase successiva alla ricostruzione tecnica della scena e, pur servendosi dei dati fisici e concreti emersi dall’esame del luogo del delitto, si sposta al di là del perimetro delimitato dal nastro giallo della scena del crimine fisica per tentare di determinare il perché e chi ha commesso quel crimine.

Nella fase di sopralluogo criminologico della scena del crimine, la traccia assume un significato ampio in quanto non si fa riferimento solo alla traccia di tipo criminalistico ma anche a quella di tipo comportamentale, ovvero a <<delle tracce di significato, quegli elementi della scena del crimine che rinviano allo stile dell’autore, al possibile movente; quegli indicatori che, attraverso le azioni compiute e le modalità di attuazione, contengono elementi riferibili alla soggettività in azione>> (De Leo, Patrizi, 2002). Il reo può aver trasferito sulla scena (secondo il principio dell’interscambio di Locard) alcuni patterns di comportamento che permettono di ricomporre la sequenza logica e la modalità delle azioni lasciate sulla scena del crimine, la tipologia e il livello di rischio del criminale, il controllo esercitato sulla vittima, il movente, la pianificazione del crimine, l’espressività dell’offender in cui è possibile intravedere la spinta emozionale che ha trascinato il criminale verso l’acting out in quel modo e non in un altro, la mobilità tra le scene e la scelta di quel luogo e non di un altro.
Il sopralluogo criminologico, integrandosi con le classiche tecniche investigative, ha l’obiettivo di svelare il significato nascosto degli aspetti più complessi di un crimine racchiusi nel modus operandi, nella firma criminale, nella storia della vittima e nelle possibili relazioni esistenti all’interno e tra gli attori sociali del crimine (vittima/autore di reato), e, non ultimo, anche nelle interrelazioni geografiche dei luoghi coinvolti in un evento criminoso seriale.

2.1 Il Modus Operandi

Il modus operandi costituisce il come un crimine si è consumato ed indica uno stile comportamentale, un insieme di azioni che fungono da strumenti per la perpetrazione del crimine e hanno la finalità di proteggere l’identità dell’autore, di portare a termine il crimine con successo e facilitare la fuga del criminale. Il modus operandi è una crime scene action in continua evoluzione, è un comportamento appreso dall’esperienza, dalla maturità del reo e dalla sua stessa educazione.

2.2 La firma criminale

In criminologia, la firma è un’azione non funzionale per portare a termine un crimine, rappresenta un rituale necessario per soddisfare un bisogno interiore e psicologico dell’offender, una vera e propria dichiarazione psicologica lasciata dal criminale sul luogo del delitto.
Nella causa State V. Fortin, l’agente dell’FBI Roy Hazelwood, chiamato a fornire la sua opinione criminologica su un crimine violento, a proposito della “firma” riferì alla Corte: “ma l’offender violento che ripete i suoi crimini dimostra, tipicamente, un secondo tipo di condotta che può essere definita condotta ritualistica, spesso identificata con quello che gli esperti definiscono signature. Questa condotta va oltre quello che è necessario per commettere un crimine. L’unico scopo di questi atti è quello di gratificare mentalmente ed emotivamente l’offender…. Nella mia opinione entrambi i crimini sono motivati dalla rabbia, e la rabbia è espressa nei due crimini attraverso i seguenti comportamenti ritualistici…”.

3. Il sopralluogo criminologico sulla «scena geografica del crimine»

Nei crimini seriali, l’analisi del modus operandi e della firma comportamentale del reo consente di poter collegare i crimini tra loro, ed anche di poter discernere un’azione espressiva da una strumentale, variabili che potrebbero provocare una variazione distanziale sull’attività geospaziale dell’autore di reato. E’ necessario, tuttavia, accedere allo sfondo ambientale dei crimini per effettuare una valida previsione di localizzazione del reo.

Il geographic profiling sfrutta la componente geografica dei crimini e costituisce un’appendice dell’analisi investigativa-comportamentale del luogo del crimine ma, rispetto a quest’ultima, indirizza l’attività di sopralluogo verso quella che abbiamo denominato «scena geografica del crimine».
Tra il punto di primo incontro con la vittima e il luogo di abbandono del cadavere, quest’ultimo sito sarà la scena del crimine in quanto rappresenta il luogo adeguato per le analisi criminalistiche.
Invero, i due siti (così come anche altre locations eventualmente coinvolte nel reato) interagiscono spazialmente tra loro, formando la «scena geografica del crimine».

La scena geografica del crimine include:

Di conseguenza, con riferimento al geographic profiling, il sopralluogo criminologico ha l’intento di individuare, specie nei crimini seriali, lo schema comportamentale spaziale del reo all’interno del contesto complessivo di tutte le location delle scene del crimine, la relazione spaziale tra loro, e tra la possibile zona della home base dell’autore e l’ubicazione dei crimini, insistendo sulla rilevanza del dove la vittima o un target sono entrati in contatto con l’offender e dove si verificano i reati.
Innanzitutto, l’attività di accertamento sui luoghi esamina come la serialità dell’azione criminosa è distribuita in un determinato ambiente e come l’offender si è intagliato l’azione offensiva all’interno dello scenario urbano dei crimini.

La distribuzione spaziale dei reati descrive come le offese sono collocate all’interno dell’area di selezione del reo l’une rispetto alle altre, anche in rapporto alla dimensione della stessa e agli attributi del target. Si distinguono tre tipi di modelli: morfologia a cluster (raggruppamento), uniform (uniforme) e random (casuale). Il modello a cluster indica che i reati sono raggruppati, posizionati nelle immediate vicinanze degli altri; il modello uniforme descrive eventi che si sono verificati distanti dagli altri e può registrare un leggero agglomerato di offese; nel modello casuale gli eventi non sono né raggruppati né uniformi ma sono comunque spazialmente armonici e non caotici, prevedibili ed adattabili all’analisi geografica del crimine.

Una dispersione non uniforme o irregolare degli obiettivi può alterare il pattern geospaziale dei siti criminali. La scelta delle vittime/obiettivo con criteri non-casuali, basata su requisiti specifici, richiederà una maggiore attività di ricerca da parte dell’offender rispetto a una selezione di vittime rapportata a modelli casuali, con caratteristiche non specifiche. In pratica, l’opzione dei luoghi dove colpire sarà influenzata solo dallo spazio di attività della vittima/obiettivo e non anche dallo spazio di attività dell’offender. Un criminale che cerca una vittima non specifica avrà, invece, uno spostamento “diffuso” e agirà tra siti sparsi ovunque.
Pertanto, una distribuzione uniforme dei luoghi del crimine significa che la localizzazione dei crimini potrebbe essere stata condizionata dallo spazio di attività del criminale e dagli activity nodes; la selezione degli obiettivi è una funzione della mappa mentale dell’autore del reato e non dell’ambiente.

Nel sopralluogo criminologico geografico il concetto di specificità è correlato all’insieme delle caratteristiche vittima-ambiente. Il Mostro di Firenze assaliva coppiette appartate durante momenti di intimità, vittime certamente specifiche. La specificità vittimologica può non corrispondere alla specificità del tema di fondo dell’ambiente generale dei crimini, che è, invece, determinata dalla pianificata intenzione di compiere particolari delitti in quel preciso luogo ben specifico. Così come accaduto nel caso degli omicidi di Firenze, quella singolare tipologia di vittima è stata selezionata in un’area casuale, in uno spazio più distribuito, e non esclusivamente in un distinto settore areale stabilito dalla ripartizione zonale del territorio; al MdF bastava uscire di casa, di notte, muoversi in zone conosciute o intorno al luogo di residenza per trovare posti isolati frequentati da giovani coppiette, senza spostarsi chissà quanto o verso uno specifico territorio per cercarle.

Il sopralluogo criminologico sulla scena geografica del crimine esamina sì la tipologia di crimine commesso, il modus operandi del reo. Tuttavia, specificatamente osserva le caratteristiche di attrattività dell’obiettivo, la familiarità del reo con le vie di comunicazio­ne e la maggiore o minore facilità di percorrenza del sistema strada­le, la presenza di sbarramenti fisici e psicologici, la struttura demografica dell’area, la direzione, la velocità, e tutti quei fattori del crimine che possono influenzare la scelta e la selezione dei luoghi di un crimine orientando il reo verso un luogo/obiettivo rispet­to a un altro.

Infatti, il geographic profiling è un complessivo insieme di relazioni retrospettiche spaziali riguardo a dove il crimine è stato commesso, di informazioni predittive su come l’offender si muove, sugli elementi geografici e sociodemografici che possono limitare i suoi spostamenti, e di suggerimenti su come giungere alla sua cattura.
Rossmo (2000, 2008) propone alcuni fondamentali elementi per un profilo geografico criminale, i quali tengono conto delle dif­ferenti variabili spaziali del crimine e della dinamicità dell’ambiente in cui è stato commesso, e che, a nostro avviso, consentono una valida analisi criminologica della scena geografica del reato:

4. Conclusioni

L’osservazione dello scenario geografico del crimine, supportato dal sopralluogo criminologico, consentirebbe di apportare migliori riferimenti teorici da cui poter desumere spunti inferenziali di carattere operativo sulla condotta dell’autore del reato rispetto alle valutazioni circa il comportamento deviante tenuto dall’offender sulla scena del crimine. L’analisi geografica di un crimine può essere soggetta a una minore interpretazione personale, la condotta violenta tenuta dal reo è riferibile a un particolare segmento della sua vita (quella assunta sulla scena del crimine), ma, nel complesso, da una prospettiva geografica, è intrinsecamente correlata e sottomessa a come l’offender interagisce con l’ambiente in cui opera, a dove si trova, a dove vive, a dove eventualmente lavora. ©

Riferimenti bibliografici

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