AML – Advanced Mobile Location. La localizzazione d’emergenza adesso obbligatoria sugli smartphone

di Giovanni Nazzaro

Regolamento Delegato (UE) 2019/320 della Commissione Europea del 12 dicembre 2018

A partire dal 17 marzo 2022, in caso di chiamata ai servizi d’emergenza, i dispositivi mobili avanzati (smartphone) commercializzati in Europea (e in Svizzera) dovranno trasmettere i dati provenienti dai sistemi di geolocalizzazione satellitare o dai sistemi di posizionamento WiFi. La funzionalità è attivata in modo automatico dallo smartphone quando si effettua la chiamata ai servizi di emergenza e si disattiva una volta conclusa, consentendo di determinare con un margine d’errore di pochi metri la posizione di chi chiama. Gli smartphone che non rispettano i nuovi requisiti normativi potranno essere commercializzati dopo il 17 marzo 2022 soltanto se erano già stati messi in commercio prima del 16 marzo 2022.


Il 17 marzo 2022 il Regolamento Delegato 2019/320 è entrato nella sua fase applicativa. Il Regolamento richiede che tutti gli smartphone venduti nell’Unione Europea dispongano delle funzionalità di Advanced Mobile Location (AML), così come standardizzato dall’ETSI. In caso di chiamata di emergenza avviata dall’utente, AML fornisce automaticamente ed in parallelo le informazioni accurate sulla posizione dello smartphone, derivate dalle sue capacità di localizzazione, al Punto di risposta di Pubblica Sicurezza (Public Safety Answering Point, PSAP) in modo conforme alle normative sulla privacy.
Lo standard è stato recepito da altri membri dello Spazio economico europeo e dell’Associazione europea di libero scambio come la Svizzera. È stata una scelta di buon senso ma anche obbligatoria, poiché il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche richiede a tutti gli Stati membri dell’Unione europea, e agli altri membri dello Spazio economico europeo, di assicurarsi che i PSAP siano in grado di ricevere i dati sulla posizione del chiamante derivati ​​dal telefono durante una comunicazione di emergenza.

Il Regolamento completa quanto previsto dal Codice benché ancor prima, ormai da molti anni, i due più grandi sistemi operativi Android e iOS supportano già l’AML. Allargando lo sguardo al pianeta, secondo l’European Emergency Number Association (EENA) a febbraio 2022 sono 30 i paesi che hanno adottato l’AML: Australia, Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Emirati Arabi Uniti, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Lettonia, Lituania, Messico, Moldavia, Olanda, Nuova Zelanda, Regno Unito, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia, Stati Uniti, Svezia, Ungheria. L’ EENA produce anche un resoconto dettagliato che non comprende il Messico e gli Stati Uniti dove le informazioni sulla diffusione dell’AML sono ancora riservate. Tra questi paesi non c’è l’Italia perché da noi la chiamata al 112 NUE è supportata dagli operatori mobili attraverso l’identificativo della cella che copre in quel momento l’utente. Il Codice delle comunicazioni elettroniche, infatti, all’art. 98-vicies bis, comma 5, considera la nuova modalità solo se disponibile: ”Il Ministero dell’interno provvede affinché le informazioni sulla localizzazione del chiamante siano messe a disposizione dei PSAP senza indugio dopo che è stata stabilita la connessione della comunicazione di emergenza. Esse comprendono le informazioni sulla localizzazione basata sulla rete e, ove disponibili, le informazioni sulla localizzazione del chiamante derivanti dai dispositivi mobili”.

Prima di entrare nel dettaglio e scoprire come funziona l’AML, occorre premettere che il suo funzionamento è compatibile sia con un sistema globale di navigazione satellitare (Global Navigation Satellite System, GNSS) che con un sistema WiFi. Fino ad oggi abbiamo utilizzato il GPS (Global Positioning System) di proprietà del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che, offrendolo anche al resto del mondo per servizi civili, si riserva il diritto di ridurre la copertura del segnale, la sua accuratezza o sospendere del tutto il servizio senza preavviso, come in questo momento storico in cui perversa la guerra in Ucraina.

L’alternativa civile è il sistema di posizionamento Galileo sviluppato in Europa, che può contare su 30 satelliti artificiali orbitanti di cui 24 operativi più 6 di scorta. Anche l’Ucraina, benché ancora oggi non faccia parte dell’UE, già nel 2005 ha aderito al sistema Galileo preferendolo al sistema indipendente GLONASS della Russia, rimasto ancor più isolato quando l’anno prima, nel 2004, l’UE e gli Stati Uniti hanno siglato un accordo di cooperazione per adottare uno schema di modulazione che permetta la trasmissione dei servizi Galileo sulle stesse frequenze adottate dal GPS americano, senza procurare o subire da esso interferenze. Dopo anni di discussioni tra le parti, focalizzate sulla necessità di coniugare la natura civile di Galileo e quella militare del GPS, che dovrebbe creare interferenze in tutti i sistemi civili di navigazione satellitare in caso di conflitto armato in modo da impedirne l’uso al nemico, nel 2007 è stato annunciato l’accordo per l’interoperabilità tra i due segnali, rappresentata dal Multiplex Binary Offset Carrier (MBOC).
Al Comitato europeo di normazione elettrotecnica (Cenelec) e all’Istituto europeo delle norme di telecomunicazione (ETSI) è stato quindi richiesto di redigere, a sostegno dell’attuazione dell’articolo 3 della direttiva 2014/53/UE, norme armonizzate per le apparecchiature radio (M/536).
Lo standard ETSI TS 103 625 rappresenta il risultato di tale lavoro ed indica le modalità con cui la posizione del telefono, ed altre informazioni, debbano essere inviate al PSAP durante una chiamata d’emergenza.

In caso di chiamata d’emergenza il chiamante è spesso in preda al panico, quindi è importante che la funzionalità AML e la trasmissione delle informazioni avvengano automaticamente senza alcun intervento manuale da parte dell’utente. Lo standard non prevede alcuna registrazione del messaggio AML sul dispositivo né durante né dopo la chiamata di emergenza, aspetto che dovrà essere conosciuto da chi svolge attività di mobile forensics.

Le informazioni possono essere inviate al PSAP in due modi, tramite un SMS, che può avere a sua volta due differenti tipologie di codifica, oppure tramite Internet mediante una connessione HTTPS che architetturalmente presenta la maggiore complessità. Dalle statistiche raccolte dall’EENA risulta che l’SMS è la modalità in assoluto più implementata tra le due e questo non stupisce perché sappiamo tutti che in zone poco servite dal segnale radiomobile è tecnicamente più semplice ricevere/inviare un SMS che telefonare o addirittura navigare su Internet, connettività dati che invece è richiesta necessariamente per l’altra modalità HTTPS. Dalle statistiche emergerebbe anche che solo l’Austria, la Germania e la Romania abbiano implementato entrambe le modalità.
Lo standard ETSI prende in considerazione anche le chiamate VoIP sia da rete fissa che da rete mobile, indicando che alcuni terminali sono già in grado di supportare le chiamate SIP d’emergenza e la trasmissione della posizione tramite messaggi SIP. Tuttavia è importante considerare che anche le reti dei provider di comunicazione ed anche i PSAP debbano passare alla tecnologia SIP e questo potrebbe avvenire in momenti diversi impiegando non pochi anni.

Le informazioni trasportate da un messaggio AML sono:

  1. l’intestazione, che deve apparire all’inizio del messaggio SMS per differenziare i messaggi AML da altri messaggi SMS di emergenza (es. “ML”);
  2. il metodo di posizionamento predominante utilizzato per determinare l’area di localizzazione, indicato come uno dei seguenti: GNSS (per quella satellitare), WiFi, cella radiomobile;
  3. l’area di localizzazione, in relazione al metodo utilizzato dallo smartphone;
  4. il livello di fiducia (LOC), ovvero una probabilità percentuale che il dispositivo si trovi all’interno dell’area di localizzazione, ad esempio un valore del 95 % indica che esiste una probabilità del 5 % che il chiamante non si trovi all’interno dell’area di localizzazione specificata;
  5. l’identificativo della carta SIM del portatile che ha effettuato la chiamata di emergenza (IMSI);
  6. l’identificativo del dispositivo che ha effettuato la chiamata di emergenza (IMEI);
  7. il codice del Paese (Mobile Country Code) in cui è stata usata la rete mobile, ricordando che per il roaming internazionale un SMS è restituito al centro messaggi del paese di origine;
  8. il codice della rete mobile (Mobile Network Code), per confermare/determinare la rete mobile utilizzata per effettuare la chiamata di emergenza;
  9. il tempo di localizzazione, ovvero la data e l’ora in cui il dispositivo ha determinato la posizione;
  10. la lunghezza del messaggio, per verificarne l’integrità.

L’informazione di posizione è rappresentata da un cerchio, espressa come latitudine e longitudine del centro dell’area di localizzazione, espresse in gradi decimali utilizzando 5 cifre decimali che danno una risoluzione di 1,1 metri, assieme al raggio dell’area di localizzazione anch’esso espresso in metri. Il valore del raggio dipende dalla tecnologia utilizzata e quindi è compreso tra i 5 m all’aperto nel caso migliore, con un media di circa 25 m di raggio per le posizioni al chiuso, fino ad arrivare a qualche km per la posizione basata sulle celle radiomobili.

Se non è possibile determinare una posizione, l’SMS deve essere comunque inviato con latitudine e longitudine impostate su +00.00000 (lat), +000.00000 (long) e metodo di posizionamento impostato su N (equivalente a NOT, “It has NOT been possible to determine the location”). Per le difficoltà dovute al Roaming si stanno prendendo in considerazione una serie di opzioni per consentire l’instradamento del messaggio utilizzando l’SMSC della rete visitata al PSAP del paese visitato. Un approccio in fase di sperimentazione prevede che un telefono in roaming modifichi il normale numero della propria rete a cui inviare specificamente il messaggio AML, aggiungendo il CC (Country Code) della rete visitata al 112 come destinazione del messaggio: ad esempio per un utente in roaming in Francia, il numero utilizzato dal dispositivo sarebbe +33 112.

Analizzando i dati pubblicati da EENA (in tabella) emerge che, oltre alla valorizzazione delle informazioni sopra elencate (punti da 1 a 10), diventa importante anche la configurazione del timeout ovvero del tempo che intercorre tra l’inizio della chiamata e l’invio del primo messaggio AML. In aderenza allo standard ETSI l’invio dovrebbe essere contestuale alla chiamata, quindi il timeout dovrebbe essere di zero secondi, ma dalle informazioni pubblicate da EENA risulta che solo l’Islanda e la Svolenia hanno configurato tale valore; nei casi limite si raggiunge anche il minuto come nel caso della Francia. In altri casi, accanto a questo timeout, i Paesi che hanno implementato l’AML hanno definito un secondo invio del messaggio, al limite anche periodico ad intervalli regolari, come nel caso della Croazia dove il primo messaggio viene inviato dopo 10 secondi dall’inizio della chiamata e poi ogni 60 sec oppure della Nuova Zelanda dove viene inviato ogni 25 sec.

Infine, sempre analizzando i dati pubblicati da EENA, è interessante notare che in tutti i Paesi dove è stato implementato l’AML la modalità di localizzazione in percentuale più diffusa è quella WiFi, a discapito di quella satellitare GNSS, ad eccezione della Danimarca (GNSS: 60%, Wifi: 39,8% ma solo per dispositivi iOS), Germania (GNSS: 49%, Wifi:48%), Nuova Zelanda (GNSS: 46,55%, Wifi: 45,84%;) e Regno Unito (GNSS: 48%, Wifi: 40%), a dimostrazione della larga diffusione ed utilizzo delle reti WiFi.©

 


Altri articoli di Giovanni Nazzaro

 

Exit mobile version