Sequestro probatorio inefficace se non convalidato dal PM entro 48 ore

di Antonio Di Tullio DElisiis

Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza n. 26606 del 12 marzo2019 e depositata il 17 giugno 2019
La Seconda sezione ha affermato che l’inefficacia del sequestro probatorio, eseguito di iniziativa della polizia giudiziaria e non convalidato nel termine perentorio di quarantotto ore dal pubblico ministero, fa sorgere, in capo a quest’ultimo, l’obbligo di restituzione non solo degli originali dei documenti sequestrati, ma anche delle copie eventualmente estratte.


Il fatto
Il Giudice delle indagini preliminari di Roma dichiarava inammissibile l’opposizione proposta ex art. 263 c.p.p. contro il provvedimento del PM di non luogo a provvedere sulla richiesta datata 27.11.2018 di dissequestro dei dispositivi illegittimamente sequestrati e di restituzione delle copie degli apparati elettronici principali ed accessori, nonchè dei dati dei documenti ivi contenuti.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il summenzionato provvedimento proponeva ricorso per Cassazione l’indagato lamentando carenza assoluta di motivazione e violazione di plurime leggi processuali.

Le valutazioni giuridiche svolte dalla Corte di Cassazione
Il Supremo Consesso rilevava prima di tutto come fosse processualmente pacifico che il sequestro probatorio operato dalla PG (all’esito di una rituale perquisizione) di tutto quanto costituisce oggetto dell’odierna istanza non tempestivamente convalidata dal P.M. tenuto conto altresì del fatto che tale circostanza era stata riconosciuta anche il Tribunale del riesame di Roma (ord. 28.11./1.12.2017) che aveva, per tale ragione, ritenuto non consentita la proposta istanza di riesame, evidenziando che la parte interessata avrebbe dovuto proporre istanza di restituzione ex art. 263 c.p.p., risultando il sequestro del tutto inefficace.
Ciò posto, una volta fatto presente che l’indagato aveva, nelle more, ottenuto la restituzione dei materiali in originale, ma non anche delle copie da essi estratte, che costituiscono oggetto dell’odierna doglianza, avendo nel provvedimento oggi impugnato il GIP ritenuto satisfattiva la mera restituzione degli originali, gli Ermellini rilevavano come la giurisprudenza elaborata in sede nomofilattica fosse ferma nel ritenere che l’omessa convalida da parte del pubblico ministero, nel termine perentorio di quarantotto ore, del sequestro eseguito di iniziativa della polizia giudiziaria determina l’inefficacia del sequestro e, conseguentemente, fa sorgere l’obbligo di provvedere alla restituzione delle cose sequestrate, consentendo all’interessato, in caso di diniego del pubblico ministero, di proporre opposizione avanti al giudice per le indagini preliminari a norma dell’art. 263 c.p.p., comma 5, (Sez. 2, sentenza n. 48070 del 26/09/2018, con la precisazione che, essendo ormai venuta meno l’efficacia del vincolo derivante dal sequestro, ai fini del rigetto dell’istanza di restituzione non potrebbe farsi utile riferimento al principio secondo cui le cose suscettibili di confisca obbligatoria non possono essere restituite all’interessato al venir meno delle esigenze probatorie che ne avevano legittimato. il sequestro; conformi, Sez. 3, sentenza n. 8433 del 03/02/2011 e n. 278 del 05/12/2017, dep. 2018).
Rilevato ciò, i giudici di legittimità ordinaria facevano altresì presente come l’inefficacia del sequestro probatorio si riverberasse inevitabilmente sul potere del PM di estrarre copia di quanto materialmente appreso in esecuzione di un sequestro inefficace e ciò anche perché, d’altro canto, se anche in presenza di un provvedimento di sequestro probatorio divenuto inefficace per la mancata, tempestiva convalida da parte del P.M., fosse consentito a quest’ultimo estrarre copia dei materiali oggetto del sequestro inefficace, ed utilizzarli a fini di prova, la prevista inefficacia del sequestro costituirebbe sanzione (come osservato, pur se ad altri fini, da autorevole dottrina) meramente “canzonatoria” poichè sarebbe comunque legittimo ricorrere ad un pratico espediente elusivo che consentirebbe di aggirare comodamente, rendendole in concreto inoperanti, le previste garanzie di rito.
Tal che se ne faceva conseguire come, in tali casi, la mera restituzione degli atti indebitamente appresi in originale non potesse considerarsi risolutiva dal momento che la reintegrazione nella disponibilità di essi non elimina il pregiudizio che potrebbe derivare all’interessato dal mantenimento del vincolo sulle copie dei predetti atti, in termini di violazione di diritti certamente meritevoli di tutela, quali quello alla riservatezza o al segreto.

Venivano a tale proposito considerate anche le indicazioni fornite dalla Corte EDU che considera meritevoli di tutela con riferimento all’art. 8 della Convenzione, il diritto al rispetto della vita privata e familiare (Corte EDU, 22/5/2008, Ilya Stefanov c. Bulgaria; 02/04/2015, Vinci Construction et GTM Genie Civil et Services c. Francia) sul quale, ad avviso della Suprema Corte, ben può incidere, indebitamente comprimendolo, l’estrazione di copie di atti appresi in forza di un decreto di sequestro probatorio in origine legittimo, ma non convalidato e quindi divenuto radicalmente inefficace ex tunc.
Di conseguenza, nonostante l’intervenuta restituzione degli atti tratti in sequestro in originale, a parere dei giudici di legittimità ordinaria, permane certamente l’interesse all’impugnazione del provvedimento che ha negato la restituzione delle copie di essi, nelle more estratte, onde evitare che queste ultime entrino a far parte del materiale probatorio utilizzabile nè può trarsi spunto per argomentare in senso contrario dalle decisioni citate dal PG nella requisitoria scritta già menzionata: nei casi esaminati da Sez. un., sentenza n. 40963 del 2018, e da Sez. 6, n. 13306 del 2018, il sequestro probatorio era stato, infatti, convalidato, e non risultava, quindi, colpito da inefficacia ex tunc.
Il Supremo Consesso, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui enunciate, annullava senza rinvio il provvedimento impugnato ed ordinava la restituzione di quanto oggetto dell’istanza di restituzione in data 27 novembre 2018 all’avente diritto mandando contestualmente alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 del codice di procedura penale.

Conclusioni
La sentenza in commento è sicuramente condivisibile in quanto si allinea lungo il solco di un orientamento interpretativo costante.
La Corte di Cassazione, difatti, in molteplici pronunce, ha avuto modo di postulare che se è inefficace il sequestro probatorio eseguito di iniziativa della polizia giudiziaria convalidato dal pubblico ministero oltre il termine di 48 ore dalla trasmissione del relativo verbale e avverso tale provvedimento tardivo è inammissibile l’istanza di riesame, l’interessato può comunque chiedere direttamente al pubblico ministero la restituzione dei beni e, in caso di diniego, proporre opposizione avanti al giudice per le indagini preliminari a norma dell’art. 263 c.p.p., comma 5 (ex multis Sez. 3, n. 278 del 05/12/2017, dep. 2018) il quale, come è noto, prevede quanto segue: “Contro il decreto del pubblico ministero che dispone la restituzione o respinge la relativa richiesta, gli interessati possono proporre opposizione sulla quale il giudice provvede a norma dell’articolo 127” codice di procedura penale.
Per comprendere inoltre quando è spirato il termine entro il quale il sequestro probatorio, disposto su iniziativa della polizia giudiziaria, deve essere convalidato dalla pubblica accusa, va inoltre rilevato che, secondo quanto postulato in sede di legittimità ordinaria, “la data del provvedimento del magistrato, sia esso giudice o pubblico ministero, dalla quale decorrono gli effetti giuridici dell’atto, non è quella in cui il magistrato, datandolo, materialmente lo compila, bensì è quella del deposito, mediante il quale il magistrato si libera del provvedimento medesimo affidandolo all’ausiliario – cancelliere o segretario – che lo completa con l’attestazione dell’avvenuto adempimento; tale certificazione, infatti, costituisce il requisito formale dell’ufficiale esternazione del provvedimento e ne contrassegna il perfezionamento quale atto processuale a rilevanza giuridica intersoggettiva (Sezione 2^ n. 1616/1996; Sezione 3^ n. 40959/2002” (Cass. pen., sez. III, 03/02/2011, n.8433) fermo restando come tale indirizzo interpretativo sia stato temperato da quello secondo il quale “la data costituisce un elemento estrinseco alla decisione, essendo previsto ai fini dell’efficacia e non della validità, quale requisito dell’ufficiale esternazione dell’atto processuale, di cui segna il perfezionamento e il “dies a quo” per la rilevanza giuridica intersoggettiva (Cassazione Sezione 2^ n. 1616/1996)” (ibidem).
Oltre a ciò, va rilevato come sempre i giudici di legittimità ordinaria abbiano asserito, in alcune decisioni, che il suddetto termine decorre non già dallo spirare delle 48 dall’esecuzione del sequestro – di talchè sarebbe sufficiente che la convalida intervenga entro 96 dalla stessa (ciò che nel caso di specie, salva la valutazione dell’ora, potrebbe essersi verificato) – bensì dalla trasmissione del relativo verbale al pubblico ministero, sempre che lo stesso sia stato a sua volta tempestivamente trasmesso nelle 48 ore successive all’esecuzione (così: Cass. pen., sez. III, 05/12/2017, n. 278) mentre secondo altre pronunce, invece, si può fare riferimento a tale trasmissione dato che “per l’emissione del provvedimento di convalida, i termini previsti dalle citate disposizioni dovrebbero sommarsi (cfr. Sez. 5, n. 9258 del 13/01/2009,; Sez. 3, n. 3420 del 11/10/1995)”.

Ad ogni modo, al di là di tali problematiche di ordine temporale, tornando a riesaminare la decisione qui in commento, gli Ermellini rilevavano, una volta che il sequestro probatorio sia divenuto inefficace, come sia preclusa al pubblico ministero la possibilità di estrarre copia dei materiali oggetto del sequestro inefficace, ed utilizzarli a fini di prova e dunque sussiste per l’indagato l’interesse all’impugnazione del provvedimento che abbia negato la restituzione delle copie di essi, nelle more estratte, onde evitare che queste ultime entrino a far parte del materiale probatorio utilizzabile.
La decisione in esame, quindi, riveste una certa importanza in quanto, da un lato, inibisce alla pubblica accusa la possibilità di fare copie di documenti afferenti un sequestro divenuto inefficace, dall’altro, consente all’indagato di ottenere la loro restituzione consentendo a costui di impugnare il provvedimento con cui il giudice neghi ciò.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché fa chiarezza su tali tematiche processuali, dunque, non può che essere positivo. ©

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