La balistica delle indagini scientifiche

di Francesco Grifa

Balistica interna ed esterna: il ciclo funzionale dell’arma
Tradizionalmente, la balistica forense si distingue in balistica interna e balistica esterna, che costituisce la base di partenza per le indagini di balistica terminale ed integra quelle di balistica interna. Prima parte (in questo numero): 1. Balistica interna, 2. Balistica esterna, 3. Balistica terminale, 4. Balistica lesionale: lesioni da arma da fuoco. Seconda parte (nel prossimo numero): 5. Balistica comparativa: la banca dati I.B.I.S.


1. Balistica interna
La balistica interna studia la propulsione di un proiettile; essa si avvale di conoscenze della chimica e della fisica e si confronta con fenomeni di brevissima durata, che complicano notevolmente la possibilità di misure e rilievi. Lo scopo fondamentale della balistica interna è il rilievo o la previsione dell’andamento pressorio all’interno della canna; tale andamento può essere influenzato da fattori come il tipo di carica di lancio – cioè la polvere da sparo – il suo innesco e la sua quantità, le condizioni di umidità e di pressione atmosferica, l’inerzia del proiettile, il modo come esso impegna la rigatura, l’attrito.
In seguito alla violenta percussione del percussore sulla capsula dell’innesco, la composizione innescante viene schiacciata contro l’incudinetta della capsula, sicché la composizione esplode producendo un intenso dardo di fiamma che, tramite i fori dell’innesco, raggiunge la carica di polvere, dando inizio alla sua deflagrazione.

Quest’ultima sarà più o meno veloce a seconda della forza dell’innesco, al tipo, conformazione e quantità della polvere, alla densità di caricamento, alla compressione esercitata sulla polvere, alla forza con cui il proiettile è trattenuto dal bossolo, e così via. La polvere deve poter bruciare completamente prima che il proiettile esca dalla canna, e brucia sempre perpendicolarmente alla sua attuale superficie e la quantità di gas prodotti dipende sempre dalla pressione che si sviluppa e dalla forma geometrica dei granelli di polvere. La deflagrazione della polvere sviluppa una grande quantità di gas che si dilatano per effetto del calore, così la pressione che si sviluppa si esercita in tutte le direzioni e continua a crescere finché il proiettile si svincola dal bossolo ed inizia il suo percorso. Durante il percorso nella canna, il proiettile viene costantemente accelerato nel suo moto così che esce dalla bocca con il massimo della velocità.


Fig. 1: parti interne della cartuccia

Quando si agisce sul congegno di scatto e viene percossa la capsula d’innesco iniziando l’infiammazione e poi la deflagrazione della carica di lancio si produce una certa quantità di gas ad elevate temperatura in un ambiente vincolato. Quando poi si raggiunge il valore sufficiente per vincere le resistenze che si oppongono all’avanzamento, il proiettile inizia il suo moto di traslazione e rotazione.


Fig. 2: cartucce più comuni – pistole automatiche

Esaminando cosa avviene all’interno della canna si può vedere che inizialmente si ha un grande sviluppo di gas ad elevata temperatura e volumi disponibili lentamente crescenti per cui la pressione salirà rapidamente di valore.
Sulla curva delle pressioni è possbile vedere inizialmente (proiettile fermo nel suo free- boring o camera) che sale fino ad un certo valore di pressione, mentre la velocità logicamente è 0. Poi si ha un brusco innalzamento dell’andamento della pressione con un picco di massima nel cui tempuscolo v’è equilibrio tra il volume dei gas e il volume lasciato libero dal moto del proiettile nell’anima: da cui inizia a decrescere ma mai a raggiungere il volume 0. L curva della velocità invece è crescente in quanto ha un incremento successivo di spinta, per cui al vivo di volata assume il valore di massima di tutta la lunghezza della canna. La carica di lancio termina di bruciare quando il proiettile ha oltrepassato il punto di pressione di massima: da questo in poi si ha solo l’espansione de il proiettile ormai alla sua inerzia di moto.

Fig. 3: Rappresentazione grafica della curva delle pressioni

Nella balistica interna vengono studiate le impronte lasciate sul proiettile e sul bossolo dalle parti meccaniche dell’arma in movimento, sia nella fase di percussione che in quella di estrazione, monta dell’estrattore, introduzione nella camera di cartuccia, espulsione. Nell’esame della perizia balistica bisogna accertare se le conclusioni del perito siano accompagnate da un completo corredo fotografico dei reperti, poiché delle buone fotografie sono parte essenziale di una prova che si basa sull’identificazione dell’arma con la cartuccia corpo di reato.

2. Balistica esterna
La balistica esterna costituisce la base di partenza per le indagini di balistica terminale, ed integra quelle di balistica interna.
La balistica esterna concerne il comportamento del proiettile e le interazioni con esso da parte del fluido d’aria e della forza di gravità, dal tempuscolo che abbandona la canna dell’arma fino all’impatto sul bersaglio mirato o comunque contro un oggetto di densità differente dal fluido d’aria. Nell’indagine giudiziaria, essa tratta soprattutto dell’andamento spazio-temporale delle traiettorie, valutando il comportamento del proiettile o della scheggia in funzione dell’arma, del tipo di munizione impiegata e dell’ambiente.
Nello spazio esterno il proiettile percorre una traiettoria che è il risultato di tre forze diverse:

Quando il moto del proiettile avviene nell’aria, assume importanza fondamentale la forza ritardatrice dovuta alla resistenza nel mezzo. In generale, la traiettoria è tanto più curva quanto più lento è il proiettile per il fatto che la forza di gravità agisce più a lungo.
Il calcolo di una traiettoria di un proiettile moderno è molto complicato e richiede l’impiego di matematiche superiori; si può ovviare con l’impiego di metodi grafici o di tavole di ritardazione già compilate. Oggi, sono in commercio numerosi programmi di balistica per computer che si limitano però a traiettorie di pratico impiego, di poche centinaia di metri e tese.

3. Balistica terminale
La balistica terminale concerne lo studio degli effetti dei proiettili o delle schegge sull’uomo – soft living target – o su materiale bruto – soft or hard non living target.
Per ricostruire una traiettoria, la prima cosa da fare è proprio riconoscere ed interpretare gli effetti balistici prodotti dall’interazione fisica tra il proiettile ed il bersaglio, poiché in questo modo è possibile valutare l’angolo d’impatto, le dimensioni del foro d’ingresso, la distanza di tiro, e così via. Ed è qui che entra in gioco la balistica terminale che affronta l’analisi degli effetti dei proiettili, degli elementi di cartuccia, dei frammenti e delle schegge sul bersaglio animato o su materiale grezzo inanimato.

Per quanto riguarda la penetrazione del proiettile nei vari mezzi, anche se si considera la diversità dei materiali e dei singoli proiettili a seconda della loro struttura e velocità al momento dell’impatto, non esiste un modello matematico generale ma solo formule empiriche, e quindi bisogna analizzare i fatti concreti delle scene del crimine di volta in volta. Infatti, accade che da una parte i proiettili ad alta velocità, nell’impattare, si deformino facilmente, e dall’altra parte che i proiettili molto veloci non abbiano il tempo di trasferire la loro energia al bersaglio.
In ogni caso, il punto di partenza per calcolare la penetrazione del proiettile nella maggior parte dei materiali è la sua energia cinetica, o forza viva. Tuttavia, nell’attraversare materiali in più strati può anche succedere che il proiettile venga ulteriormente deviato dall’attraversamento del primo strato, in modo che nel senso strato esso non abbia più la capacità di attraversamento ma si limiti a scivolarci dentro.
Negli omicidi, molti elementi importanti per la ricostruzione possono emergere dallo studio delle tracce ematiche, con particolare riferimento alla loro morfologia e alla loro dislocazione sulla scena del crimine; tale branca delle scienze forensi è la BPA – Bloodstain Pattern Analysis – che studia i meccanismi fisici con cui si producono le macchie ematiche, come traiettorie, proiezioni, gocciolamenti, strofinii, lavaggi, e così via. Nella balistica terminale, una delle applicazioni della BPA riguarda gli effetti prodotti dall’impatto ad alta velocità del proiettile sui tessuti irrorati di sangue. In genere, si producono fenomeni di proiezione del fluido ematico frammentato sia nella direzione del foro d’uscita, sia in senso opposto a quello dello sparo che derivano dal foro d’ingresso.
La balistica interna, esterna e terminale costituiscono l’ampio campo teorico-operativo del sopralluogo giudiziario chiamato balistica identificativa, che si occupa, tra le altre cose, di:

4. Balistica lesionale: lesioni da arma da fuoco
La balistica lesionale è la scienza che studia l’interazione tra agenti lesivi che appartengono alla categoria dei penetratori ad energia cinetica – armi da fuoco leggere e schegge – ed il tessuto biologico vivo, e le dinamiche – movimenti e deformazioni – di un proiettile o una scheggia all’interno del bersaglio, nonché le reazioni a breve termine che tali dinamiche inducono nei tessuti dell’organismo colpito. Questa branca della balistica terminale forense spiega le cause di una lesione d’arma da fuoco descrivendo i parametri fisici coinvolti nelle cause del danno al bersaglio, ma non tratta le conseguenze sul corpo umano da un punto di vista medico che rientrano nell’ambito del trauma balistico.

I proiettili studiati in balistica lesionale sono solo quelli che rientrano nel tipo KE (kinetic energy), ossia i penetratori cinetici, di cui fanno parte tutti quelli sparati dalle armi da fuoco leggere come pistole, rivoltelle, fucili e carabine. I penetratori ad energia cinetica si suddividono in:

La capacità lesiva delle armi da fuoco dipende da molti fattori, tra cui il numero e le caratteristiche dei proiettili (come le dimensioni che dipendono dal calibro della canna), nonché il tipo di esplosivo che funziona da propellente e da cui dipende l’energia impressa al proiettile e la sua velocità, che condizionano la gettata dell’arma. Anche in ragione della forma del proiettile e delle sue caratteristiche aerodinamiche (proiettili sferici, ogivali, etc.) e di penetrazione, la distanza tra sparatore e bersaglio condizione in modo notevole la capacità lesiva, poiché con l’aumentare della distanza diminuisce l’energia cinetica, in rapporto al decrescere della velocità.

Gli effetti lesivi del proiettile si devono ad un’alta energia meccanica che lo stesso trasmette al mezzo attraversato, in rapporto alla densità di quest’ultimo. Gli effetti lesivi sono direttamente proporzionati alla densità del mezzo percorso dalla traiettoria, anche se gli effetti funzionali riguardano solo le caratteristiche funzionali dei tessuti e degli organi interessati.
La trasmissione dell’energia cinetica può avvenire con differenti meccanismi tra cui rivestono grande importanza la formazione di un cappuccio di area compressa sull’apice del proiettile e di un velo di aria compressa sulle sue superfici, su cui l’aria deve scorrere comprimendosi per effetto della resistenza; tale aria compressa si espande con il rallentamento del proiettile e può creare lesioni tramite la formazione di cavità nei tessuti, con dislocazione dei loro costituenti mobilizzati.
Quando un proiettile impatta un bersaglio biologico, esso cede la sua energia cinetica lungo il tramite di penetrazione, accelerando la massa di tessuto che gli si para davanti in direzione radiale rispetto alla traiettoria che segue nel corpo umano. Il tessuto viene allontanato dalla sua posizione iniziale, espandendosi e formando una cavità temporanea che collassa su sé stessa per via dell’elasticità dei tessuti. La distruzione dei tessuti ad opera del contatto diretto del proiettile, forma la cavità permanente, ossia un buco in cui manca il tessuto.

Sono molto importanti anche i meccanismi di trasmissione delle onde di pressione idrostatica ed idrodinamica, evocate dal passaggio del proiettile e dall’accelerazione in ogni direzione delle particelle mobilizzate dal suo passaggio e dalla sua rotazione sull’asse impressi al proiettile dall’esplosione della carica e dall’effetto della canna, sia essa rigata o meno.
Gli effetti lesivi si differenziano, in ragione della velocità del proiettile e della sostanza del bersaglio, in tre zone:

I due meccanismi tramite cui un proiettile crea un danno al tessuto biologico sono: schiacciamento del tessuto, cioè quando il tessuto che si trova lungo la traiettoria di penetrazione viene compresso dalla superficie del proiettile creando una enorme pressione nella zona di contatto reciproco che spappola il tessuto e crea un danno permanente; stiramento del tessuto, ossia quando il tessuto adiacente la traiettoria del proiettile viene accelerato radialmente dando vita ad una dislocazione radiale del tessuto che forma una cavità conica, collassando a causa dell’elasticità del tessuto biologico.

Fig. 4: impatto di un proiettile calibro 9 su un pezzo di pelle umana

L’effetto del proiettile è la descrizione dello stato finale del bersaglio dopo aver subito l’impatto dello stesso; l’effetto di un colpo d’arma da fuoco sugli individui dipende dall’energia ceduta localmente – efficacia del proiettile – e dalle caratteristiche di resistenza del tessuto lungo la direzione di avanzamento del proiettile, e dipende da: efficacia del proiettile, tramite intrasomatico sul soggetto colpito, condizioni psicofisiche del soggetto colpito. Di questi tre fattori, l’unico misurabile e noto a priori è l’efficacia, poiché gli altri due non sono prevedibili prima dello sparo. ©

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