Il nuovo reato di omicidio stradale

di Milto Stefano De Nozza

LEGGE 23 marzo 2016, n. 41
Con le nuove regole chi uccide una persona guidando in stato di ebbrezza grave, con un tasso alcolemico oltre 1,5 grammi per litro, o sotto effetto di droghe, rischierà da 8 a 12 anni di carcere. Sarà invece punito con la reclusione da 5 a 10 anni l’omicida il cui tasso alcolemico superi 0,8 g/l oppure abbia causato l’incidente per condotte di particolare pericolosità (eccesso di velocità, guida contromano, infrazioni ai semafori, sorpassi e inversioni a rischio). La pena può però aumentare della metà se a morire è più di una persona: in quel caso il colpevole rischia fino a 18 anni di carcere. Per il nuovo reato di omicidio stradale sono previsti il raddoppio dei termini di prescrizione e l’arresto obbligatorio in flagranza nel caso più grave (bevuta “pesante” e droga). Negli altri casi l’arresto è facoltativo. Il PM, inoltre, potrà chiedere per una sola volta di prorogare le indagini preliminari.


Indifferente al tormentato iter parlamentare nonché sordo all’eco della scomposta polemica interna alla stessa maggioranza, diretta a rappresentare l’esistenza di errori tecnici e di non pochi profili di incostituzionalità, il Governo – nel dichiarato intento di fronteggiare l’emergenza degli omicidi connessi alla violazione delle norme del codice della strada – ha incassato l’approvazione della legge 23 marzo 2016, n. 41, recante la «introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274».

Sul solco tracciato dai governi precedenti, il legislatore ha realizzato un’ampia riforma della materia, introducendo nel codice penale due nuove fattispecie di reato, nuove circostanze aggravanti, con la conseguenza di avere determinato un generale inasprimento delle sanzioni principali ed accessorie. Sono state apportate modifiche anche al codice di procedura penale ed al codice della strada, modifiche che devono ritenersi espressione di una precisa volontà legislativa di valersi della concezione “simbolico-espressiva” propria della sanzione penale e della sua minaccia. È indubbio, d’altronde, che quello della sicurezza stradale costituisca uno dei settori nei quali emerge con maggior vigore il bisogno di sicurezza e di prevenzione; bisogno che, però, il legislatore mira a soddisfare utilizzando la sanzione penale quale strumento di “rassicurazione” , al fine di sedare la paura sociale, prima ancora che tentare di neutralizzare i pericoli reali con il preciso fine di perseguire una tutela effettiva dei beni giuridici della vita e della incolumità personale.

Il risultato, a ben vedere, è rappresentato da un quadro preoccupante in cui un evento colposo, se diversamente cagionato, sarebbe punito in modo molto meno severo. Basti pensare che, a legislazione vigente, l’omicidio causato dalla violazione delle norme del codice della strada è punito molto più severamente dell’omicidio causato dalla violazione della norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Entrando nel merito delle nuove disposizioni, appare utile evidenziare come i reati di omicidio colposo stradale e di lesioni personali stradali sono oggi contemplati, rispettivamente, dagli artt. 589-bis e 590-bis del codice penale. Trattasi di due figure autonome di reato la cui disciplina, tuttavia, può dirsi speculare, donde l’opportunità di procedere ad una analisi congiunta delle due fattispecie.
Gli artt. 589-bis e 590-bis c.p. prevedono al comma 1 la condotta “base” di colui che, per colpa, cagioni la morte di una persona (o cagioni ad altri una lesione personale), con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, sanzionandola con la pena della reclusione da due a sette anni nel caso dell’omicidio stradale (art. 589-bis, comma 1 c.p.), e con la pena da tre mesi a un anno per le lesioni gravi, ovvero da uno a tre anni per le lesioni gravissime (art. 590-bis, comma 1 c.p.).
È invece punito con la reclusione da otto a dodici anni (art. 589-bis, comma 2 c.p.) il conducente di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’art. 186, comma 2 lett. c) D.lgs. 285/92 (ossia un soggetto nei confronti del quale sia stato accertato un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l), o in stato di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi dell’art. 187 D.lgs. 285/92, che per colpa cagioni la morte di una persona. Analoga circostanza aggravante speciale ad effetto speciale, correlata allo stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica da abuso di droga del conducente di un veicolo a motore, è prevista dal comma 2 dell’art. 590-bis c.p., ove la pena della reclusione va da tre a cinque anni per lesioni gravi, e da quattro a sette anni per lesioni gravissime.

La necessità di un accertamento positivo dell’effettivo tasso alcolemico, ovvero dello stato di alterazione derivante dall’uso di sostanze stupefacenti, così come descritto nelle fattispecie contravvenzionali richiamate, appare evidente per la configurabilità dell’aggravante de qua. Non solo. Evidenti sono i problemi di accertamento in caso di rifiuto del conducente a sottoporsi al test.

Con riferimento alla necessità di un accertamento positivo dell’alterazione derivante da abuso di sostanze stupefacente sarà necessario un preciso riscontro di natura tecnica, non bastando la testimonianza sul punto degli organi di polizia. Si precisa, infatti, che l’art. 187 D.lgs. 285/92 – secondo pacifico orientamento giurisprudenziale – richiede, ai fini di un giudizio di responsabilità, che sia provata tanto la precedente “assunzione” di sostanze stupefacenti, quanto che il soggetto abbia guidato in stato di alterazione derivante da tale assunzione: quanto al primo elemento, per espressa indicazione normativa (art. 187, comma 3 D.lgs. 285/92), è necessario un accertamento tecnico-biologico.
Sarà sufficiente, viceversa, la sola testimonianza degli agenti di P.G. con riferimento alla configurazione dell’aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., quanto meno per la ipotesi meno grave ovvero quella di cui alla lett. b).

Per fronteggiare il possibile rifiuto del conducente di sottoporsi a tali accertamenti tecnici, si è intervenuto sugli artt. 224-bis e 359-bis c.p.p., che disciplinano la possibilità per l’autorità giudiziaria di disporre – oggi anche «per i delitti di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p.» – l’esecuzione “coattiva” degli atti idonei ad incidere sulla libertà personale (quali il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale), ai fini della determinazione del profilo del DNA o di accertamenti medici (art. 224-bis c.p.p.), con la facoltà del pubblico ministero di disporre tali operazioni, nei casi di urgenza, anche oralmente – e, quindi, nell’immediatezza del fatto – pur dovendo poi darne conferma per iscritto (art. 359-bis, comma 3-bis c.p.p.).
La stessa pena di cui al comma 2 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. è prevista dal comma 3 delle predette norme per il soggetto alla guida di un veicolo a motore di cui all’art. 186-bis, comma 1 lett. b), c), d) D.lgs. 285/92 (i cd. conducenti di mezzi speciali) sorpresi in stato di ebbrezza alcolica con un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 g/l ai sensi dell’art. 186, comma 2 lett. b) D.lgs. 285/92.

Un’ulteriore aggravante speciale è prevista dal comma 4 delle due disposizioni in commento, ove – «salvo quanto previsto dal terzo comma» – è punito con la reclusione da cinque a dieci anni l’omicidio stradale colposo (ovvero con la reclusione da un anno e sei mesi a tre anni, e da due a quattro anni le lesioni gravi e gravissime) commesso dal conducente in stato di ebbrezza alcolica con un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 g/l ai sensi dell’art. 186, comma 2 lett. b) D.lgs. 285/92.
Lo stesso range di pena (cinque – dieci anni per l’omicidio stradale colposo, ovvero un anno e sei mesi – tre anni per le lesioni gravi, e due – quattro anni per le lesioni gravissime) si applica, altresì, al conducente che violi specifiche regole del codice della strada (art. 589-bis, comma 5 c.p.; art. 590-bis, comma 5 c.p.).
I limiti edittali dell’omicidio stradale e delle lesioni stradali, tanto delle ipotesi base quanto di quelle aggravate, sono ulteriormente aumentati se il fatto è commesso da soggetto non munito di patente di guida, con patente sospesa o revocata, ovvero se il veicolo a motore sia di proprietà dell’autore del fatto e sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria (art. 589-bis, comma 6 c.p.; art. 590-bis, comma 6 c.p.). La pena è, invece, diminuita fino alla metà quando l’evento, pur cagionato dalle condotte imprudenti descritte nei commi precedenti, non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole (art. 589-bis, comma 7 c.p.; art. 590-bis, comma 7 c.p.).
Infine, è previsto un aumento di pena nel caso di omicidio e/o lesioni personali colposi plurimi; in questo caso si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, stabilendo il limite massimo di pena in anni diciotto di reclusione (art. 589-bis, comma 8 c.p.), e in sette anni (art. 590-bis, comma 8 c.p.).
L’innalzamento del trattamento sanzionatorio produce effetti diretti in tema di restrizioni ante iudicium della libertà individuale ovvero in tema di applicazioni di misura cautelari personali.

I limiti edittali della condotta “base” di cui all’art. 589-bis, invero, consentirebbero, già di per sé, e in presenza dei rispettivi presupposti normativi, tanto l’arresto facoltativo in flagranza (art. 381 c.p.p.), quanto il fermo di indiziato delitto (art. 384 c.p.p.), e non ultima l’applicazione della custodia cautelare carceraria (art. 280, comma 2 c.p.p.); mentre le soglie punitive previste per le ipotesi delle lesioni stradali (gravissime), aggravate ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 590-bis, consentirebbero tanto il fermo di indiziato delitto, quanto l’applicazione di misure coercitive (anche con riferimento ai commi 4 e 5, ma solo in caso di lesioni gravissime) e finanche della custodia cautelare in carcere.
Eppure il legislatore ha ritenuto di dover menzionare espressamente nella littera dell’art. 380 c.p.p. – che, come noto, riguarda l’arresto obbligatorio in flagranza di reato – il delitto colposo di cui all’art. 589-bis, commi 2 e 3 c.p., e nell’architettura dell’art. 381 c.p.p. – che disciplina, invece, l’arresto facoltativo – il delitto colposo di cui all’art. 590-bis, commi 2, 3, 4, 5 c.p.
Se l’art. 381, comma 2, lett. m-quinquies) c.p.p., di fatto, facoltizza la P.G. a procedere all’arresto facoltativo per delitto colposo punito con la pena della reclusione anche inferiore nel massimo a cinque anni, con la nuova lettera m-quater) dell’art. 380, comma 2 c.p.p. il legislatore introduce un’ulteriore figura di arresto obbligatorio in flagranza, avuto riguardo alle ipotesi di omicidio colposo stradale aggravato ai sensi dei commi 2 e 3, così contravvenendo alla struttura propria della disciplina processuale in parola, circoscritta, come noto, alle sole ipotesi di delitto non colposo.

I problemi determinati dagli eccessi sanzionatori delle nuove fattispecie sono stati ulteriormente acuiti dall’introduzione di una ulteriore circostanza aggravante ad effetto speciale (artt. 589-ter e 590-ter c.p.), nel caso in cui il conducente si sia dato alla fuga – condotta in relazione alla quale la pena è aumentata da un terzo a due terzi (stabilendo, però, che il quantum di pena non sia inferiore rispettivamente a cinque anni o tre anni). Una disciplina evidentemente sovrapponibile alle fattispecie autonome ed indipendenti della “omissione di soccorso” e della “fuga in caso di incidente con danno alle persone”, disciplinate dall’art. 189, commi 6 e 7 del Codice della strada. In assenza di un adeguato coordinamento normativo, ed al fine di scongiurare il pericolo di duplicazione del trattamento sanzionatorio, è da ritenere che la normativa generale prevista dal codice della strada debba rimanere circoscritta alle sole ipotesi non ricomprese nel paradigma normativo degli artt. 589-bis e 590-bis c.p., e quindi in tutti i casi di lesioni non gravi né gravissime.

In esito a questa rapida panoramica è possibile tracciare qualche constatazione di sintesi.
Come si è già accennato, adottare misure penali fortemente incisive, e dunque, facilmente percepibili dalla società, intensificando drasticamente la rigidità delle risposte sanzionatorie già nel minimo edittale, al dichiarato fine di garantire la certezza della pena, tramanda nell’immaginario collettivo un messaggio fuorviante di intervento.
Vero è che il legislatore ha voluto, con ogni probabilità, una disciplina che fosse in grado di innalzare il livello di attenzione dell’utente della strada al rispetto della normativa generale prevista dal codice della strada; possibile, tuttavia, che lo stesso legislatore abbia in questo modo inteso porre un argine al buonismo giudiziario nel passato incline, troppo spesso, a riconoscere trattamenti sanzionatori anche di soli pochi mesi a fronte della morte di un uomo causata dalla inosservanza delle norme del codice della strada. Chi scrive resta della convinzione, in conclusione, che l’inasprimento del trattamento sanzionatorio per i casi di omicidio e lesioni stradali consentirà di raggiungere gli obiettivi auspicati solo ed in quanto accompagnato da una crescita culturale che veda il pedone o il guidatore un bene da proteggere e non un ostacolo da superare.©

Exit mobile version